La fascinazione del potere: tutte le donne di Mussolini

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Di Rossella Papa

Benito Mussolini fu uno degli uomini politici più influenti del Novecento. Dittatore italiano per venti anni, fu il fautore della politica fascista, che proponeva un pensiero nazionalista, autoritario, autocratico e totalitario.

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Il regime politico inventato da Mussolini prevedeva il culto della violenza, il culto smodato del capo, il culto di Roma e l’esaltazione dell’autarchia. Eppure, prima di arrivare alla deriva politico-ideologica che governò il Paese dal 1922 al 1943, Benito Mussolini aveva ideali ben diversi.

Le sue prime esperienze politiche mossero nell’area socialista, per la quale era giornalista convinto e fervente sostenitore, e al quale restò fedele sino alla metà della Prima Guerra Mondale. Interventista fervido, dal 1915 iniziò una rapida ascesa verso il culto di sé e verso la decadenza fascista.

Mussolini, dittatore controverso, con la sua politica ha sedotto una nazione. Mussolini, uomo ambiguo, con il suo potere ha sedotto tante delle donne che vi erano all’interno. Uomo di potere, oratore e capo di stato spesso incoerente, in privato ha mostrato in molte occasioni la sua declinazione violenta e rude dell’ars amatoria. Politicamente misogino, tra le lenzuola decantava la sua virilità e la sua legittimazione carismatica. Donne innumerevoli, tra amanti fedeli, avventure di una notte, groupies del suo pensiero politico.

Le donne forti e sensuali di Mussolini


Nella vita di Mussolini le donne furono importanti anche nel focolare domestico. Ebbe due figlie legittime, una madre, poi modello della donna fascista, una sorella a lui legatissima e una moglie dal carattere autoritario.
Le donne di Mussolini furono amori carnali, donne passionali, relazioni erotiche travolgenti. Il ruolo di donna mussoliniana, ideologicamente relegata ad un ruolo familiare, privato, custode dei figli e lontana dalla vita dello stato, sembrava venire meno tra le coperte, quando egli preferiva circondarsi di donne forti e sensuali per condividevano le esperienze erotiche.

Amante instancabile e misogino convinto, Mussolini riuscì a sedurre donne forti e libere, amandole, pur continuando, politicamente, a considerarle come mero strumento nella mano dell’uomo marito dominatore. Politico ambiguo e marito fedifrago, riuscì a farsi amare profondamente da ragazze che nel suo ruolo pubblico privava dell’uguaglianza politica e istituzionale. Memori di questa profonda contraddizione, a settant’anni dalla caduta del mito, dopo la morte di tutte le sue amanti, diventa fondamentale chiedersi: perché Benito Mussolini, ideatore di una politica di svilimento della figura femminile, fu amato da tantissime donne? Dove risiede il fascino del potere? Fino a che punto l’amore per un dittatore può legittimare la propria morte?

Anarchiche, artiste, socialiste, ebree

Per rispondere, è necessario fare un excursus tra tutte le sue donne, per comprenderne sfaccettature, caratteri, idee politiche.
Tra le sue donne vi furono anarchiche, artiste, socialiste, ebree. Tra le sue donne vi furono veneratrici, fedifraghe, musiciste, madri di figli illegittimi. Amanti scomode, figlie imbarazzate, giornaliste pungenti.
Rosa Maltoni fu la prima, la più importante. Sua mamma, Rosa ebbe una vita breve e la sua morte in giovane età e ciò fece sì che Mussolini arrivò a idealizzarla. Fu tanto idealizzata che sarà proprio Rosa, romagnola e dedita alla famiglia, l’esempio più concreto di donna fascista.

Quando Mussolini presenterà la sua declinazione di famiglia tradizionale, è proprio a questa mamma giovane e casalinga che rifarà i propri ideali. Rosa ebbe tre figli, Benito fu il suo primogenito, il prediletto. Seguirono Arnaldo ed Edvige.
Edvige, la piccola della famiglia, fu un’altra figura emblematica nella vita del Duce. Mossa da un profondissimo amore fraterno, sarà la custode dei diari che Mussolini scrisse tra il 1935 ed il 1939. E’ dentro questi diari che lei cercò, a guerra finita, di dimostrare come il fratello non fosse mai stato antisemita, di come le sue politiche antiebraiche fossero nate solo successivamente all’unione con Hitler.

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Tentativo postumo di salvare la memoria del fratello, la tesi di Edvige è un assoluto falso storico, dato che le prime derive antisemite mussoliniane sono evidenti sin dai suoi articoli del 1908, periodo nel quale faceva ancora parte del Partito Socialista Italiano. Proprio all’interno del partito, Benito amò molte donne, condividendo con loro spunti politici e lavori giornalistici. Alcune delle sue amanti più famose sono da ascrivere proprio nella fase socialista del Duce, nella quale si legava a donne che condividevano con lui ideali ben diversi rispetto a quelli che sfoceranno nel fascismo.

Un cambiamento radicale


Infatti, proprio la sua deriva politica, così diversa da quanto sostenuto durante gli anni da socialista, porterà una delle sue amanti, Angelica Balabanoff, a parlare di Mussolini come del “traditore”. Questo poiché fu testimone del suo cambiamento radicale nell’ideologia, che sostenne essere per puro opportunismo. La liaison tra i due nacque tra le pagine dell’Avanti!, rivista ove entrambi erano direttori.

Angelica è una donna molto istruita, ucraina di origine e radicale di spirito. Membro del Partito Socialista, allieva di Labriola, donna fedele al marxismo, amante delusa da Benito. Dal suo rovesciamento politico, dalla deriva dei suoi ideali.
Angelica era di quattordici anni più grande di lui, aveva dei lunghi capelli scuri e visse una vita lunghissima spostandosi continuamente tra l’URSS e l’Italia, osteggiando sempre il potere quando diventava autoritario.

I diari di Angelica


Dai diari di Angelica
, Mussolini emerge come un uomo complesso, dai tratti nevrotici, sordo rispetto ai continui tentativi di lei di avvicinarlo al marxismo.
Per tutta la durata del loro legame, Angelica Balbanoff dovette dividere questo amante con molte altre donne. Innanzitutto con Rachele, la moglie fedele; ma anche con Ida Dalser amante scomoda, e con Leda Rafanelli, editrice ambigua.


Il rapporto tra Mussolini e Ida
iniziò nei primi anni dieci, quando Benito era giornalista a Trento. Nel 1915, un mese prima che il Duce convolasse a nozze con Rachele, Ida dovette avvisarlo che era incinta del suo primo figlio maschio. Mussolini lasciò passare qualche mese, poi decise di riconoscere il bambino, il primo legittimato tra quelli non avuti da Rachele. Nonostante il contributo economico che Mussolini versava alla famiglia Dalser, la vita di Ida e del piccolo Benito Albino fu difficile e infelice.

Un amore ossessionato

La donna fu ossessionata da Mussolini, desiderosa di veder legittimamente riconosciuta la loro unione, infelice di esser stata sedotta e poi abbandonata, convinta di dover dare al figlio un padre che potesse crescerlo. Furono questi sentimenti a portarla verso i continui tentativi di avvicinare Benito, dai quali lui si nascose cercando di non riceverla o di
farla allontanare forzatamente dalle sue visite istituzionali.

Dal momento in cui formò il governo, egli fece scattare nei confronti di Ida misure restrittive per impedirle di poter lasciare Trento. Lei cercò, invano, di mettersi comunque in contatto con il Duce, raggiungendo Roma per vederlo, aizzandosi contro il ministro dell’istruzione in visita a Trento per far recapitare al capo del governo il suo messaggio.
Dipendente dalla sua figura di Padrone e Amante, Ida visse totalmente assoggettata, nella speranza essere riconosciuta in quanto sua compagna legittima.

Una madre degenere

Ida stimava il Duce anche ideologicamente e voleva avere occasione di confrontarsi con lui, occasione di riprendere quell’amore che tanto le aveva sconvolto la vita. Era una donna complicata, molto sola, e venne per questo accusata di pazzia molto presto. Questi I suoi continui tentativi di raggiungere Mussolini, per andare in udienza da lui, per urlargli contro il suo dolore, la condussero ad una fine funesta: venne internata al manicomio di Venezia. Qui, dalle prime carte del ricovero forzato, Ida viene presentata come una squilibrata dal carattere nevropatico.

Ne viene sminuito il dolore e il disagio psichico, viene etichettata come una madre degenere, come una donna che ha dato al mondo un figlio che completa il suo squilibrio psichico. Viene relegata alla vita manicomiale, all’assenza di assistenza psicologica, alla privazione di un aiuto nel crescere il figlio.

Tra le mura del manicomio

Viene considerata come una pazza incapace di provvedere a se stessa e a quel figlio che voleva tanto proteggere. Qui, tra le mura del manicomio, Ida morì nel 1937, a seguito di una emorragia celebrale. Lasciata con le sue pene in un manicomio statale, la sua morte viene oggi classificata come un “delitto di regime”, compiuto contro un’amante ingombrante, una madre insistente e una donna fastidiosa rispetto alle politiche di famiglia tradizionale declamate dal regime.


Ma non è tutto. L’altra donna rilevante in quel periodo storico fu Leda Rafanelli, esponente dell’anarchia di sinistra durante il regime. Vegetariana, amante dei gatti e contraria a ogni guerra, Leda subisce la fascinazione di Mussolini nel periodo nel quale egli si mostra come un giovane agguerrito socialista, con tendenze anarchiche. Leda, editrice di opuscoli anticlericali, antimilitaristi e femministi, romperà ogni contatto con Mussolini quando
egli diventerà interventista.

Donna molto distante dal regime, non cercò mai di riavvicinarsi al Duce quando egli intraprese la sua avventura politica. Donna molto intelligente, raccontava spesso che aveva solo quattro
amici, il numero perfetto di persone con le quali contornarsi. Potevano diventare cinque, ma mai di più.

Tanti amori ma un’unica compagna: Rachele

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Nonostante furono molti gli amori di Mussolini, compagna di tutta la vita fu sua moglie, Rachele Guidi. Donna semplice, schiva rispetto al potere, disinteressata alla politica, negligente nel suo ruolo di first lady, fu il grande amore del Duce.

I due si conobbero da bambini. Lei, alunna di Rosa Maltoni; e lui supplente della mamma quando ella era indisposta. La loro unione sentimentale iniziò nel 1907, quando Benito fece ritorno in Italia dopo il suo periodo svizzero.
Un giorno, facendo visita al padre nella locanda che questi aveva aperto insieme alla mamma di Rachele, vide la ragazza e se ne innamorò all’istante.

Mentre il padre di Benito e la madre di Rachele, rimasti entrambi vedovi e ora fidanzanti tra di loro, erano contrari all’unione dei giovani. Ma Benito desiderava Rachele al punto da minacciare la famiglia con una pistola per ottenere il riconoscimento della loro storia d’amore.
Il loro sentimento crebbe nel 1910, quando diedero alla luce la loro prima figlia, Edda.

Edda è stata figlia di Angelica Balabanoff?

La piccola nacque fuori dal matrimonio, pertanto venne registrata all’anagrafe come figlia di Mussolini e di madre ignota. Questa maternità rimasta nascosta fino al 1915, anno in cui Benito e Rachele convolarono a nozze, portò molti studiosi a credere che Edda possa esser stata figlia di Angelica Balabanoff, anche se la giovane smentì sempre queste voci.


La coppia ebbe cinque figli, dei quali la primogenita e l’ultima furono due bambine. Rachele si dedicò sempre alla famiglia. Era una donna semplice e non si immischiò mai nelle faccende del regime. Era al corrente delle numerose scappatelle del marito, sapeva delle amanti più importanti, ma continuò sempre il suo ruolo di madre di famiglia senza mai immischiarsi nella vita privata del Duce.

La più grande vittima del fascino del potere

Rachele fu la più grande vittima del fascino del potere di un uomo autoritario e deciso. L’insistenza di un uomo che aveva sfidato la propria famiglia per stare con lei, la caparbietà di un ragazzo che millantava doti politiche fascinose, in lei fecero breccia.
Mussolini abusa della relazione con Rachele, sposandola per sottometterla. Voleva farne una first lady tradita, segregata lontana dai salotti del potere, madre di famiglia spesso sola per i troppi impegni istituzionali del suo uomo.

Benito vuole una moglie casalinga e distante dal potere, per farne di lei l’esempio di alto del ruolo al quale si deve sottomettere la donna fascista. Mussolini tratta la moglie nello stesso modo nel quale tratta tutte le donne del Paese, tenendole lontane. Affascinandole con la chimera del potere, per poi segregarle al ruolo domestico che egli credeva essere il solo possibile per il gentil sesso.

Fonte: Foto storica di Mussolini- Google


Mussolini tratta le donne allo stesso modo nel quale tratta gli ultimi, tratta la libertà di stampa, tratta le elezioni libere, tratta i paesi sottomessi. Come qualcosa di sua proprietà, come qualcosa sul quale esercitare indisturbato il suo potere, come qualcosa da affascinare per poi tenere sempre in disparte, lontano, tra le mura domestiche.


L’unica donna della quale è stata realmente gelosa fu Claretta, la giovane che venne impiccata insieme a lui a piazzale Loreto, l’amante prediletta, la sua più fidata consigliera.
Rachele visse sempre tutto da spettatrice, rimanendo segregata a un ruolo domestico nel quale si sentiva a suo agio, dal quale non voleva uscire neanche in occasioni importanti quali la Marcia su Roma.

Trasgressiva, moderna e affascinata dal potere


Dal carattere completamente opposto, la figlia Edda fu d’altro canto una donna emancipata, trasgressiva, moderna e interessata al potere. Il rapporto tra le due fu infatti sempre conflittuale, dato il carattere forte della ragazza, in contrapposizione allo spirito tradizionalista di Rachele.


Edda fu tra le prime donne in Italia a indossare il bichini
, fu una fedifraga instancabile, fu protagonista della vicinanza tra il padre e Hitler.
Moglie di Gian Galeazzo Ciano dal 1930, condivise con lui, delfino di Benito, il desiderio di avere un ruolo importante nella politica interna ed estera del Paese. Il suo ruolo politico iniziò subito dopo le nozze, nel momento in cui i giovani sposi si trasferirono in Cina come consoli.


Donna particolarmente risoluta nelle faccende diplomatiche, Edda nel privato si distinse per il suo stile di vita fuori dagli schemi, la sua passione per l’alcool, il gioco d’azzardo e gli amanti.
Era inoltre consigliera di Benito quando nel 1933 andò in Germania per conoscere Hitler e avvicinarlo alla politica del padre, ottenendo un grande successo.

La sventura del mito dei fasci


Il rapporto tra Edda e il Duce si incrinò quando, nella notte del Gran Consiglio del 1943, Gian Galeazzo votò la sfiducia al dittatore, atto che comporterà il successivo arresto del suocero e la nomina di Badoglio.
Mussolini e Rachele riterranno Ciano colpevole della sventura del mito dei fasci, e non lo aiutarono quando, nel 1944, venne condannato a morte durante il processo di Verona. Davanti alla sentenza del tribunale repubblichino Edda, per salvare il marito, cerca aiuto nel padre, ma il suo orgoglio ferito rimane sordo davanti alle richieste della figlia.


Edda fece ancora parlare di sé e del suo stile di vita durante il proprio confino a Lipari, dove si innamorò del partigiano Leonida Bongiorno. Da questa relazione di un anno nacque la leggenda dell’amore tra Edda Ciano e il comunista.
L’altra figlia di Benito, Anna Maria Mussolini, crebbe lontana dal regime, protetta dalla distanza che la madre teneva rispetto alla politica.

Ragazza semplice, tentò, nel secondo dopoguerra, di intraprendere una carriera radiofonica. Nonostante gli pseudonimi, nonostante la sua distanza dall’ideologia paterna, la sua identità le impedì di lavorare e quel cognome scomodo distrusse sempre le proprie ambizioni.

La favorita


La donna che più di ogni altra incarnò la figura della sottomessa, colei che davvero si fece portavoce del regime, colei che dedicò tutta la sua esistenza alla venerazione del Duce, fu Clara Petacci, la favorita.
Di trent’anni più giovane del Duce, Claretta si mostrò sempre in estasi davanti a Benito, che venerava come dittatore e come uomo. Sua ammiratrice sin da bambina, Clara dedicò la sua intera vita all’amore e alla devozione per Mussolini, il quale, in risposta, dedicava a lei telefonate continue, attenzioni smodate, confessioni scomode.

I diari di Clara girano intorno alla figura di Benito, raccontando di ogni sua telefonata, parola per parola, i suoi comportamenti, ogni suo discorso, ogni istante di silenzio. Raccontano la sessualità del Duce, tutti i suoi organismi. Questi diari sono uno strumento per conoscere il volto umano di Mussolini, il volto lontano dall’uomo di stato, lontano da Hitler. Da un punto di vista storico, sono uno strumento per riconoscere l’uomo Mussolini come mosso da continue insicurezze relazionali, sentimentali e politiche.

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Assolutamente inadatto a governare un Paese, in quanto spesso incline al fascino tedesco, notevolmente predisposto al cambio di opinione, impegnato a gestire il suo tempo tra telefonate frequenti alle amanti e impegni istituzionali.

La vera donna del Regime


Donna gelosissima, pretendeva che il Duce le telefonasse anche ogni venti-trenta minuti. Depositaria di confidenze su nazioni e persone, Clara fu davvero la Donna del regime, sul quale dava opinioni e consigli.
Nel 1943 la loro relazione divenne pubblica, e questo comportò una presa di posizione sia da parte di Rachele, che si dedicò con dedizione all’allontanamento della giovane dal marito, che dai compagni di partito, che videro nella giovane la responsabile della deriva e della fine del regime.

Accusata di aver dato consigli sbagliati, accusata di aver cercato questa relazione solo per avvantaggiare la famiglia, Clara venne allontanata da Roma.
Il suo amore era talmente forte che cercò ripetutamente di ricongiungersi con l’amante, così, nel 1945, lei seguì il Duce sino a Milano.

Donne e Mussolini: storie di devozione

La mattina del 28 aprile 1945 il corpo di Clara e il corpo di Benito campeggiavano, capovolti, in piazzale Loreto, a seguito di una notte di oltraggi e soprusi.
Clara è morta per amore del mito, è l’emblema di come il potere possa creare fascino e scompiglio nella vita di una persona. La sua devozione per il Duce fu tale da condurla ad una morte atroce. In lei, il fascino del potere ha avuto un ruolo così forte, da condurne l’intera vita. Fan numero uno del regime, visse la sua esistenza come favorita del suo idolo, come depositaria dei sui sentimenti, come compagna nella sua fine.


La relazione tra Clara e Benito fu una relazione profondamente tossica per la giovane, la quale spese tutta la sua esistenza nell’amare di lui il ruolo di potere, la supremazia politica. Clara non ebbe una vita al di fuori del Duce, visse ogni istante rivolgendosi a lui e al proprio amore per lui, lasciando che lui facesse di questa relazione extraconiugale la sua valvola di sfogo tra gli impegni di capo di stato.

Una donna subordinata al Duce


Clara fu profondamente subordinata al Duce, la sua supremazia emotiva risiedeva nell’abusare di questorapporto come uno stratagemma per rilassarsi, come occasione di svago, mentre Clara custodiva di lui ogni parola, ogni telefonata, qualsiasi istanza. Mussolini abusava del tempo delle sue amanti come abusava di tutto il resto, come abusava del potere, della sua ideologia, della pubblicità, del tema patriottico.

Del loro tempo, della loro smodata gelosia. Le altre amanti di Mussolini invece non ebbero questo ruolo di privilegio nella politica italiana, per quanto
ne condivisero gli ideali, anche quando questi si rivelano contrari alla propria stessa cultura.
E’ il caso di Margherita Sarfatti, l’amante ebrea del Duce.

L’amante ebrea del Duce


Nata a Venezia, Margherita visse il suo ebraismo riconoscendovi una dicotomia tra il dato religioso e la sua cultura di riferimento. Fiera delle tradizioni della sua famiglia, si dichiara sempre lontana dal credo religioso in quanto tale.

Margherita si avvicinò a Benito nel 1912, quando entrambi collaboravano nella rivista teorica del socialismo rivoluzionario, Utopia. I due furono accumunati dalla medesima deriva politica, che prevedeva il riconoscimento di una città futura identificata inizialmente nel socialismo, poi nell’esaltazione della patria risorgimentale nata alla fine della Grande Guerra, e infine nello Stato Fascista.


Giornalista istruita, la Sarfatti condivise con Mussolini tutte le fasi del pensiero politico, al punto che anche lei riconobbe nel fascismo la realizzazione del culto della patria, del sacrificio bellico e il mito del capo, incarnato dal suo amante. Non si sa nulla sulle posizioni adottate da Margherita dopo le leggi razziali, ma il suo amore per il Duce fu tale che la venerazione per la costruzione del suo regime politico potrebbe aver soverchiato le perplessità intorno alla ghettizzazione degli ebrei.


L’ultima amante conclamata di Mussolini fu Magda Brard, musicista francese, dalla quale Mussolini ebbe una figlia. La relazione tra i due non fu eclatante, ma importanti furono le posizioni che Magda intraprese dopo il 1943, quando divenne la quinta colonna della Resistenza nel nord Italia, allontanandosi quindi dalla politica dell’amante, per abbracciare gli ideali dell’opposizione.

Le donne che mancano


In questa lista di donne mancano, inevitabilmente, tutte le donne occasionali del Duce. Benito fu contornato da amanti, e quelle più importanti erano così rilevanti nella sua quotidianità che le faceva seguire dalla polizia segreta, le sentiva ripetutamente al telefono, ne controllava ogni mossa. I suoi desideri carnali non erano rivolti solo a donne mature, ma spesso erano indirizzati verso donne poco più che bambine, nelle quali l’uomo adulto, deciso e di potere creava fascino e desiderio.

E’ il caso di Fiammetta, la figlia di Margherita, e di Myriam, la sorella di Claretta.
Ragazzine, donne, veneratrici, anarchiche. Le donne di Benito furono tante e furono tanto diverse tra loro.
Un’analisi cronologica delle sue amanti permette di identificare una costante del desiderio: Mussolini si è contornato di donne socialiste nel periodo anarchico, di donne veneratrici del Duce nel periodo fascista.

Ha cambiato tante donne così come ha cambiato tanti ideali, cercando semplicemente amanti che si sottomettessero alla sua ideologia del momento.
Ha abusato di tante donne come ha abusato di tanti ideali, ha sottomesso tante donne come ha sottomesso tanti dritti civili.

Gli amori sottomessi

E’ riuscito a farlo mostrando ideali di sottomissione e abnegazione dell’uguaglianza umana,
ottenendo plauso da una larga fetta di popolazione, ottenendo appoggio politico e istituzionale tale da riuscire a governare il Paese per venti anni consecutivi. Pur soverchiando i diritti civili, pur soverchiando i diritti delle donne libere, Mussolini riuscì ad ottenere in cambio appoggio popolare e l’amore incondizionato
di alcune sue amanti.

Il Duce riuscì a fare talmente proprio il fascino del potere da affascinare una nazione e
molte delle donne che ne erano all’interno, sordi al fatto che tale abuso politico ed emotivo li stava annientando.
Uomo vile, amante opportunista, Benito cercò sempre e solo donne che lo assecondassero. Che ne esaltassero il mito, a prescindere da quale fosse in quel momento storico.

Alice Tonelli, Maria Paola Pizzonia e Rossella Papa

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