“Buon Natale” Gaza: raid sulla patria di Gesù

Foto dell'autore

Di Maria Paola Pizzonia

Buon Natale Gaza… o Forse no. Ecco un raid anche oggi, sul campo profughi di Al Maghazi. Una riflessione di Natale sulla pace in Palestina che, non dimentichiamo, è proprio la terra di Gesù.

Buon Natale, ma non a Gaza, dove l’inferno continua. Ecco, prima di tutto, una serie di notizie chiave (fonte: ilcorriere):

  •  È il 79esimo giorno di guerra
  • Le vittime sono più di 20.400
    (tra i palestinesi morti citati sopra ci sono circa 8mila bambini)
  • In Israele 1.200 morti nell’attacco del 7 ottobre.
  • Netanyahu dichiara: «Non ci fermeremo finché non avremo vinto».
  • L’Egitto apre una speranza: propone un piano in tre fasi per la fine del conflitto e il rilascio degli ostaggi.

questo è in breve ciò che è stato e forse sarà. Spediamo ancora qualche parola in questo giorno che per tutti noi nelle nostre case è di calore e vicinanza. Spendiamo qualche minuto per chi invece sta vivendo distruzione e morte.

Buon natale Gaza: un raid sul campo profughi, proprio oggi

Il Natale a Gaza è segnato da nuovi e intensi attacchi dell’esercito israeliano. Gli attacchi sono concentrati principalmente nel nord e centro della Striscia. I bombardamenti notturni hanno colpito direttamente il campo profughi di Al Maghazi, causando terrore e morte. Si registrano:

  • almeno settanta morti, tra cui bambini e donne incinte
  • le immagini dei feriti vengono trasmesse dalla Messa Luna Rossa palestinese
  • gli attacchi si estendono anche a Khan Younes e Rafah

Nonostante gli israeliani spingano la popolazione verso le “zone sicure”, non esistono quartieri al sicuro. I feriti faticano a raggiungere l’ospedale Al Quds a Dir el Ballah, l’unico in grado di fornire assistenza.

Nella Striscia di Gaza, i morti palestinesi superano ad oggi i 20.400 e i feriti sono oltre 53.000. Non dimentichiamo che, mentre il vino riempie di nostri calici sulle tavolate di Natale, la mancanza di acqua è critica a Gaza. Non dimentichiamo che, mentre slacciamo un bottone perchè abbiamo mangiato troppo al cenone, si muore di fame a Gaza. Non è Natale per tutti, oggi.

Non solo Gaza:

Raid israeliani si verificano anche in Cisgiordania, soprattutto a Jenin e Nablus, con rastrellamenti e arresti a Gerico. Gli attacchi israeliani si intensificano a causa delle pressioni internazionali. Si pensa soprattutto a quelle americane. Gli USA spingono per concludere la fase calda della guerra, i cui tempi sono più lunghi di quanto avevano pensato (forse gli USA non pensavano che la Palestina avrebbe resistito così tanto…).

Tuttavia anche Israele affronta gravi difficoltà, perdendo soldati. Iniziamo a serpeggiare commenti crescenti sulla possibilità di una sconfitta militare. Hamas, nonostante le promesse di Netanyahu, resiste e lancia razzi su Tel Aviv. La parte più interessante è però l’Egitto propone una tregua. L’Egitto chiede di terminare i combattimenti in cambio della liberazione di oltre 100 ostaggi israeliani in mano a Hamas, incluso il rilascio di donne soldato. La situazione è oggetto di discussione nel gabinetto israeliano riunito oggi. Che sia questa una piccola speranza?

Una riflessione: abbiamo tolto il Natale a Gaza

È davvero sconcertante vedere come, in mezzo a questa guerra terribile a Gaza, la stessa terra in cui nacque Gesù, ci troviamo a scrivere di morte anche oggi. Da una parte c’è lo stato di Israele che è coinvolto in ennesimi raid bellici contro la Palestina. Dall’altra c’è Gesù stesso, un palestinese, che predicava la compassione e la ricerca della pace, tutti insegnamenti che sembrano così lontani dalle azioni che vediamo oggi.

Dall’omelia del reverendo Muther Isaac a Betlemme

Gesù fu vittima della stessa violenza dell’impero. Fu torturato, ucciso, crocifisso. Si dissanguò mentre gli altri lo guardavano. Mentre moriva gridava di dolore queste parole: “MIO DIO DOVE SEI?”

Oggi Gesù è a Gaza, forse sotto le macerie.

In Questo periodo natalizio, mentre cerchiamo Gesù, dove potremmo trovarlo se non dalla nostra parte dei Muro? Gesù viveva in una grotta e aveva una famiglia semplice. Un bambino vulnerabile, che si salvò a malapena e miracolosamente da un massacro. Non dimentichiamo, oggi, che è da una famiglia di rifugiati palestinesi che nasce Gesù.

Se Gesù fosse nato oggi, sarebbe nato sotto le macerie e le bombe di Gaza.

In un momento in cui dovremmo riflettere sullo spirito natalizio di amore e pace, vediamo invece un perpetuarsi di violenze. C’è bisogno di una profonda riflessione su come la fede e la spiritualità possano essere autenticamente vissute in modo da promuovere la pace anziché il conflitto. Forse è giunto il momento di abbracciare gli insegnamenti di pace che la religione dovrebbe incarnare e cercare vie alternative per risolvere le dispute anziché perpetuare il ciclo di violenza.

Mentre “condanniamo Hamas” tra i vari discorsi della cena di Natale, forse lo accanto ad una piccola immagine del presepe, e forse dimentichiamo alcune cose. Forse dimentichiamo che Gesù era palestinese come chi incarna quel presepe a noi tanto caro, lo stesso Gesù che oggi a Gaza sarebbe stato ucciso brutalmente.

Maria Paola Pizzonia, Autore presso Metropolitan Magazine