Natalia Ginzburg, nata Levi, nasce a Palermo il 14 luglio 1916 e muore a Roma l’8 ottobre 1991. Esordisce nel 1942 con un racconto lungo, La strada che va in città, uscito – per ragioni razziali – con lo pseudonimo di Alessandra Tornimparte. Il padre infatti era ebreo di Trieste, la mamma invece cattolica di Milano. Lei atea, vivrà gran parte della sua vita a Torino. Diventerà una delle scrittrici di punta del Novecento italiano, nonché uno dei pilastri della casa editrice Einaudi.
Natalia Levi poi Ginzburg
Nel capoluogo piemontese Natalia stringe legami con i maggiori rappresentanti dell’antifascismo – tra cui il padre stesso – e sposa Leone Ginzburg, professore universitario. Leone – tra i fondatori della casa editrice Einaudi e dichiarato antifascista – fu per questo condannato al confino, dove lei lo seguì, e poi ucciso nella prigione di Regina Coeli a Roma. Commuovente e straziante la lettera che le inviò poco prima di morire: ‘’la mia aspirazione è che tu normalizzi, appena ti è possibile, la tua esistenza; che tu lavori e scriva e sia utile agli altri’’. Natalia mantenne sempre il cognome di lui, anche quando si risposò.
Natalia Ginzburg, una scrittrice impegnata ma libera da ideologizzazioni
Scrisse e tradusse molto, Ginzburg, ma la sua opera migliore resta, Lessico Famigliare, che la rese celebre e con la quale vinse il premio Strega nel ’63. Impegnata in quella sinistra che all’epoca raccoglieva gran parte degli intellettuali, nel 1983 fu eletta in Parlamento nelle liste del Pci. Rimase tuttavia una donna autentica e libera da facili ideologizzazioni, molto forti a quell’epoca. Ne è testimone un brano pubblicato su L’Unità del 22 marzo 1988. Natalia, sebbene da una prospettiva comunista, difendeva con convinzione e brillanti argomentazioni il diritto di esporre il crocefisso nei luoghi pubblici in quanto simbolo laico della storia umana.
Gli anni dell’attivismo politico
È l’anno 1969 a costituire un punto di svolta nella vita della scrittrice, muore anche il secondo marito e mentre comincia in Italia, con la strage di piazza Fontana, il periodo ‘’della strategia della tensione’’. Ginzburg intensifica il proprio impegno. Si dedica sempre più attivamente alla vita politica e culturale del Paese. Nel 1971 sottoscrive – assieme a numerosi intellettuali militanti orientati verso posizioni di sinistra – la lettera aperta a L’Espresso sul caso Pinelli.
Nel documento si denunciano, riguardo alla morte di Giuseppe Pinelli, le presunte responsabilità dei funzionari di polizia della questura di Milano. Pinelli, anarchico e partigiano, era stato precipitato da una finestra mentre era in stato di fermo presso la questura di Milano, nell’ambito delle indagini sulla strage di piazza Fontana condotte dal commissario Luigi Calabresi, che lo indicavano ingiustamente come responsabile.
Stile, opere e temperamento vanno insieme
Schiva e austera, ma anche attenta e intuitiva, tormentata dall’insicurezza, così era Natalia Ginzburg. Soprannominata da bambina “Maria Temporala” per il temperamento scorbutico – come racconta nel suo scritto più celebre, Lessico famigliare. Il suo modo di essere si riflette nella sua scrittura. A partire dall’esperienza della guerra, poi il confino in Abruzzo e la tragica morte del marito, hanno forgiato il suo carattere e contemporaneamente il suo stile narrativo.
Aderente al vero, asciutto e al contempo profondo, il suo stile è fondato sul “dire la verità” e sull’attenzione al quotidiano. L’attitudine a scrivere solo di ciò che si conosce bene non era considerata negativamente da Natalia:
“Noi non possiamo mentire nei libri e non possiamo mentire in nessuna cosa che facciamo. E forse questo è l’unico bene che ci è venuto dalla guerra”.
“Il figlio dell’uomo”, Le piccole virtù, Einaudi
La fedeltà al vero emerge in tutte le sue opere e anche nei suoi pareri di lettura durante il lavoro alla casa editrice Einaudi. Nonostante l’innegabile talento l’intrinseco senso di inadeguatezza la porti a descriversi come una lavoratrice mediocre, l’opinione ben smentita da Giulio Einaudi, che la definirà “lettrice formidabile” e “coscienza critica della casa editrice”.
Il doppio binario che percorre le prosa di Natalia
I suoi romanzi, le sue opere teatrali, i suoi articoli sono così: deprimenti e salvifici, gelidi e intimi, delicati e delicati, fragilissimi. Allo stesso tempo però, lo stile della Ginzburg non rimbalza mai da un registro all’altro: è un unico e tenace, scorre come un fiume senza clamori ma nemmeno arresti. Non esiste un’altra scrittrice che abbia viaggiato su questo doppio binario con la stessa costanza. La maestria della sua prosa deve molto alla naturalezza con cui diluisce uno con l’altro aspetti del vivere in apparenza inconciliabili, e li scioglie sulla pagina come se fossero nati insieme.
Alessia Ceci
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