Nazionale, secondo Mondiale da spettatori: da dove ripartire?

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Di Alessandro Salvetti

Alle 11:00 di oggi, con un grande spettacolo organizzato dal direttore creativo italiano Marco Balich, verrà inaugurata la 22esima edizione dei Campionati mondiali di calcio, mentre questa sera alle 20:45 scenderanno in campo gli Azzurri per la gara contro l’Austria. Queste due frasi, ahinoi, non sono collegate da nessun tipo di nesso logico. Per la seconda volta consecutiva, infatti, la Nazionale italiana non giocherà i Mondiali e mentre le altre selezioni si preparano alle grandi sfide che le attendono nei prossimi giorni sotto il caldo sole di Doha, i ragazzi di Mancini sono impegnati, nel gelo di Vienna, in un match che, viste le tempistiche e l’importanza relativa, fa gridare al tafazzismo.

Nazionale, quattro anni per studiare (seriamente) una ripartenza

“Qualcosa di buono c’è” verrebbe da dire ripensando alla vittoria dell’Europeo, datata 11 luglio 2021. Dal 2010 ad oggi, però, si sono disputate 4 edizioni dei Mondiali (2010, 2014, 2018, 2022) e l’Italia, da allora, ha giocato solamente 6 partite divise fra Sud Africa 2010 e Brasile 2014, vincendone una, pareggiandone 2 e perdendone 3. Nella sola edizione del 2006, vinta dagli Azzurri, ne aveva disputate 7, con 5 successi e 2 pari. Se vogliamo fare un’analisi dello stato attuale della Nazionale non bisogna trascurare anche questi numeri, che dimostrano come il “momento no” non sia limitato alle due mancate qualificazioni, ma come, invece, parta da molto più lontano. Alla luce di questi dati, forse, il successo di Wembley assume tutt’altra forma: quella di un exploit da raccontare ai nipoti, una sorta di “miracolo Leicester” in salsa tricolore.

La ripartenza, quindi, andava programmata ben prima del fatidico 13 novembre 2017, quando la sconfitta nel doppio turno contro la Svezia aveva fatto scattare un primo allarme. Allarme che, visto l’1-0 del 24 marzo contro la Macedonia del Nord, è rimasto inascoltato per 5 lunghi anni, ovattato dal successo (storico) di Euro2020. Adesso, il timer è nuovamente azzerato ed è tornato il momento di ripensare a soluzioni, nomi e metodi per non arrivare impreparati alle qualificazioni per Euro2024 e, soprattutto, ai Mondiali del 2026. Date distanti ma solo in apparenza perché i match verso l’Europeo in Germania inizieranno già il 23 marzo prossimo.

Photo credits: Nazionale Italiana di calcio

Nazionale, quali sono le basi?

Può sembrare banale, ma i giovani sono il futuro e la base su cui ripartire. Mancini, nel corso della sua gestione iniziata nel 2018, ha fatto esordire ben 54 nuovi giocatori con la maglia azzurra, tantissimi anche in età da Under-21. Gli ultimi, solo in ordine di tempo, i 3 scesi in campo contro l’Albania: Fagioli (classe 2001), Pinamonti (1999) e Pafundi (classe 2006, il terzo esordiente più giovane di sempre).

Esordienti a parte, l’Italia post-Euro2020 può comunque contare su un folto numero di baby senatori, che formano l’ossatura della nuova Nazionale del Mancio e che stanno scalzando rapidamente quelli che sembravano punti fermi ed inamovibili: Donnarumma, Bastoni, Dimarco, Ricci, Miretti, Fagioli, Locatelli, Tonali, Barella, Raspadori, Scamacca, Chiesa, Zaniolo e Gnonto. Tutti Under 25 che nei propri club si sono ritagliati sempre più spazio e che, piano piano, stanno emergendo anche con la maglia azzurra. Qualcosa, quindi, sembra essersi mosso nella direzione giusta, seppur con colpevole ritardo, e permette di guardare al futuro con maggiore fiducia. In verità, qualcosa sembra essersi mosso già dopo la disfatta contro gli scandinavi, ma il mix fra linea verde ed esperienza voluto da Mancini aveva premiato solo agli Europei, che hanno finito per dare un senso di appagamento al gruppo, apparso come involuto nelle uscite successive.

Il ruolo dei club

Gavi, Pedri, Musiala, Ansu Fati, Camavinga. Il più “vecchio” di loro ha vent’anni. Sono i baby talenti di Barcellona, Bayern Monaco e Real Madrid, alcuni esempi dell’ampio panorama europeo. Non giocano nelle primavere delle proprie squadre e non hanno fatto delle comparsate in prima squadra, ma sono punti fermi dei loro allenatori. In campo, oltre ad un talento sconfinato, hanno messo in mostra grandissima personalità, dispensando ordini e talvolta rimproverando i colleghi più esperti.

Di conseguenza, i commissari tecnici delle rispettive nazionali non ci hanno pensato due volte a buttarli nella mischia, affidando loro le chiavi di centrocampi e attacchi già di per sé stellari. Gavi e Pedri, al Barça e con la nazionale spagnola, hanno dovuto sostituire due mostri sacri come Xavi e Iniesta, mentre il loro compagno Ansu Fati ha dovuto raccogliere l’eredità di Messi. Camavinga, al Bernabeu, gioca nello stesso reparto di Modrić e Kroos alle spalle di Benzema, mentre Musiala continua a dispensare assist con la maglia dei bavaresi ai vari Müller, Choupo-Moting dopo aver servito per 3 stagioni Lewandowski, mentre in nazionale si trova assieme a Kane.

In Italia, invece, i loro coetanei sono considerati “bambini” da svezzare, da mettere in campo con parsimonia o da mandare in prestito in Serie C “per farsi le ossa”, finendo per essere persi di vista a causa di ambienti non adeguati, società sorde alle loro esigenze e allenatori poco disponibili ad aspettarne la crescita. Ed è così che Colpani, 23 anni, è “un centrocampista con buone prospettive di crescita”, mentre il 26enne Baschirotto si dimostra un campione alle prime in Serie A dopo essere stato bocciato dal Chievo ed essere stato costretto a ripartire dalla Serie D.

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Autore: Alessandro Salvetti.

Foto: Facebook ufficiale Nazionale Italiana di Calcio.