Dino Buzzati aveva previsto profeticamente gli smartphone, chiamandoli teletini, in un racconto del 1966: “Cronache del 2000”. Lo scrittore non è stato solo lungimirante e presago sull’uso della tecnologia, ma anche sulle incidenze che quest’ultima, molti anni dopo, avrebbe avuto sulla società.
Dino Buzzati, i teletini: gli smartphone profetizzati dallo scrittore
La letteratura di Dino Buzzati appartiene al genere fantastico, al surrealismo e a tratti anche alla fantascienza. Gli elementi magico-realistici nella produzione letteraria di Dino Buzzati sono cospicui, tanto che questa evidenza era costata allo scrittore di Belluno vari giudizi che lo ”accusavano” di emulare Franz Kafka. In un articolo sul Corriere della Sera del 31 marzo 1965, Buzzati scrive:
”Da quando ho cominciato a scrivere, Kafka è stato la mia croce. Non c’è stato mio racconto, romanzo, commedia dove qualcuno non ravvisasse somiglianze, derivazioni, imitazioni o addirittura sfrontati plagi a spese dello scrittore boemo. Alcuni critici denunciavano colpevoli analogie con Kafka anche quando spedivo un telegramma o compilavo il modulo Vanoni. Tutto questo da molti anni ha determinato in me, nei riguardi di Franz Kafka, non un complesso di inferiorità ma un complesso di fastidio. Da allora non ho voluto più leggere cose sue, né biografie, né saggi che lo riguardavano.”
Dino Buzzati, ”Le case di Kafka”, Corriere della Sera, 31 marzo 1965
Dino Buzzati è stato chiaramente un autore onirico, la sua letteratura emblema del surrealismo e del fantastico come attesta uno dei suoi più grandi capolavori, Il Deserto dei Tartari. L’ eclettico autore possedeva, fra le altre cose, una fantasia sconfinata tanto da arrivare a profetizzare l’avvento degli smartphone con i teletini che descriveva come telefoni-televisori tascabili con cui si poteva comunicare e vedersi nel raggio di 30km.
Se già la previsione – nel 1966 – di un oggetto che oggi ormai è parte integrante della vita comune è eclatante, ancor più sorprendenti sono i risvolti sociali che avvengono all’interno della società del tempo con la comparsa dei teletini. Dino Buzzati è stato uno dei pochi a captare i vizi esistenziali di un’epoca che tendeva al progresso decostruendo la condizione dell’uomo sito nel suo tempo, ma anche sottolineando e anticipando una umanità lanciata verso una modernizzazione che non per forza era sinonimo di evoluzione.
Decadenza della società e disillusione del mondo esterno
Già nel Deserto dei Tartari si evince come il romanzo sia custode di una morale ben delineata. La vita di Drogo rimanda all’allegoria dell’esistenza umana scandita dal fluire del tempo e della solitudine. E proprio come tutti gli esseri umani anche il protagonista tende a ingannare sé stesso attraverso il processo delle vane speranze che portano, irrimediabilmente, alle illusioni. L’opera intera diviene una sorta di avviso: è utile che l’uomo si sappia accontentare in quanto il mondo esterno disillude persino i più nobili obiettivi.
La strabiliante fantasia di Dino Buzzati è riuscita a rimarcare lo scheletro della cupa società attuale, dominata dalla tecnologia e da uno strato di illusione. Nel 1966 Dino Buzzati scrisse, per i lettori del Corriere della Sera, Cronache del 2000; l’autore si sveglia in una Milano del terzo millennio in cui domina la tecnologia e dove sono presenti degli strani aggeggi, molto simili agli attuali smartphone, che lo scrittore bellunese chiama teletini.
“Si tratta di un malcostume diffuso da pochi mesi in seguito di certi telefoni- televisori tascabili con i quali è possibile parlare e vedersi entro un raggio di trenta chilometri. Una moda diventata una sorta di frenesia. Le donne passano intere giornate a chiacchierare e a spettegolare con le amiche fornite anch’esse di teletini“.
– Dino Buzzati, ”Cronache del 2000” tratto dalla raccolta ”Lo strano Natale di Mr. Scrooge e altre storie” (Arnoldo Mondadori Editore, 1990)
Dino Buzzati, i teletini, l’iperconnessione e un parallelismo con Giacomo Leopardi
Interessante notare come Buzzati abbia profetizzato anche l’uso sconsiderato e distraente dell’aggeggio oltre, che il fenomeno dell’iperconnessione; oggi si è sviluppata una sorta di FOMO del web, una smania irragionevole dell’essere costantemente connessi per timore di ”perdersi qualcosa”. Una moda diventata una frenesia, proprio come la descrive Buzzati. Ma si sa: come tutte le mode, quelle che eccedono portano a conseguenze nefaste come un altro grande esponente della letteratura italiana, Giacomo Leopardi, riprende in una delle sue Operette Morali: Il Dialogo della Moda e della Morte. Il poeta di Recanati si pone in un’ottica di sfiducia nei confronti della società dei consumi, ancestrale culla di un Capitalismo che sarebbe diventato pervasivo negli anni successivi.
L’alimentazione dell’ aura apparenza è la tipica caratteristica del consumismo. Nella concezione Leopardiana, in questo caso, l’uomo non possiede alcun arbitrio ed è quella Moda che si segue spasmodicamente – la frenesia citata da Buzzati – la stessa può arrecare anche tragicità. Tuttavia, la conseguenza più sinistra del tempo attuale non è solo l’uso smodato dello smartphone che induce al narcisismo digitale, iperconnessione o ansia; l’effetto più infausto è notare come gli smartphone siano diventati un prolungamento dell’essere e come, senza quest’ultimi, sia sempre più difficile godersi i momenti nella versione realistica degli eventi; in un mondo in cui il reale è sempre più spesso adombrato dai pixel del digitale.
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