Nel mese del tumore al seno ci aspettiamo di appendere fiocchi rosa in ogni angolo della città, regalare piante in segno di sostegno e solidarietà, ma è l’umanità dentro il dolore che rimane. Se le campagne di prevenzione hanno lo scopo di sorreggere la battaglia contro il tumore al seno, di pari passo quelle di sensibilizzazione hanno il dovere morale di riportare alla luce non soltanto il dolore, ma soprattutto la luce del coraggio. 

Che ci sia una campagna che non solo commuova, ma che informi realmente sui rischi (e non solo quelli a breve, ma soprattutto anche quelli a lungo termine) che la malattia comporta. E c’è un ulteriore dolore in chi vive quel dolore: sentirsi dire che c’è del bello in quel dolore. “Che tutto questo dolore un giorno ti sarà utile”, e che – passato il dolore – ci sarà una lezione di vita che migliorerà la stessa. Perché è vero che c’è qualcosa di straordinario nel dolore, ma non è il futuro. O meglio, il futuro non è la consolazione di chi lo vive nel presente. 

Se c’è qualcosa di bello, quello è nella verità. Lo dimostrano molte mostre fotografiche nel mese del tumore al seno. Quello che c’è di straordinario nel dolore è la verità, che è potenza, che è umanità. 

E allora quasi per proprietà transitiva, quello che c’è di bello nell’umanità è anche il dolore. 

Nel mese del tumore al seno, svelare la paura del dolore

Vista da qui, la verità rimane ugualmente un sapore amore di sangue nella bocca, ma svela la sua natura nel momento di massima disperazione. Il mese del tumore al seno non soltanto ci ricorda – quando l’abbiamo già vissuta – una realtà dolorosa, o ce la mostra – quando fortunatamente non la conosciamo – nella sua forma. Il compito di Ottobre è renderci non soltanto sensibili al tema, ma spaventati. Perché essere spaventati voglia significare sapere davvero cosa significa. E averne, inevitabilmente, paura. Ed è allora, così, che la prevenzione non diventa soltanto un atto premuroso di precauzione, ma un’esigenza urgente di difesa. 

La bellezza fragile del dolore è il sintomo dell’umanità, della vulnerabilità del vivere, ma anche della sua stessa potenza. Perché lì dove c’è timore c’è speranza, lì dove nasce il dolore arriva la potenza. C’è un’unica dignità nel dolore: la verità. E la forza di conoscere e stupirsi della propria condizione umana solo nel momento in cui la scopriamo precaria.  Nel mese del tumore al seno girano sul Web le foto delle donne che hanno subito la mastectomia. In quel seno non c’è solo il dolore, ma anche la sessualità. E dirlo, ammetterlo: è questo che ci rende reali. Illuminare le cicatrici dimostra quanto la condizione dell’uomo contenga in sé, nello stesso momento: la vita e la morte. 

Abbiamo imparato a rappresentare quello che ci fa paura, la vera empatia ora è comprenderlo. È rendersi conto quanto accettare il dolore – anche quello degli altri – ci insegna a proteggerci dall’alienazione. Finché c’è vita c’è pericolo, ma finché riconosciamo la paura e per essa ci difendiamo dai pericoli stessi allora è la vita in sé che viene custodita.  Se è vero che “la paura ci salva”… che il mese del tumore al seno ci faccia paura, che la prevenzioni diventi una prassi imprescindibile. Non siamo qui solo per commemorare il dolore degli altri, siamo qui per portargli rispetto preservando quello di chi può essere ancora salvato. Così, e solo così, la vita avrà il suo rispetto, l’umanità il suo reale abbraccio, la bellezza… ancora vita.