A long walk to freedom, la lunga strada verso la libertà, un percorso straordinario, quello di Nelson Mandela, che continua a essere celebrato attraverso il cinema. Pilastro della storia dei diritti civili, Madiba non ha bisogno di presentazioni, ma forse avrebbe meritato una rappresentazione più coraggiosa. Nel tentativo di onorarne il ruolo e l’esempio, infatti, il regista Justin Chadwick sembra astrarre il simbolo dall’uomo.

Grandi interpretazioni di Elba e Harris

Inglesi, come la produzione, i due protagonisti Idris Elba e Naomi Harris, rispettivamente nel ruolo di Nelson e Winnie Mandela. La coppia costituisce probabilmente l’elemento di maggiore attrazione del film. A dispetto della poca attenzione dedicata al suo personaggio e alle sue trasformazioni, Naomi Harris dà prova di grande talento. Tanto da desiderare una maggiore focalizzazione su di lei, su quelle che furono le idee radicali di Winnie e il suo allontanamento dal marito.

Il lavoro che poi Elba mette in campo nell’interpretazione di Mandela è stupefacente. Pur non somigliando affatto al volto Xhosa a cui siamo abituati non quanto Morgan Freeman, almeno ­ riesce a ricordarlo, cogliendo qualcosa di intimo. È nella camminata o nel modo di parlare che Mandela sembra rivivere al cinema, appena pochi giorni prima della sua morte (2013).

Mandela: Long Walk to Freedom – Photo Credit Keith Bernstein

Nobili intenti e aspirazioni mancate di un Mandela cinematografico

Più che alla Storia e ai suoi complicati equilibri internazionali del secondo Novecento, il film fa riferimento alle parole dirette del protagonista. Tratto, infatti, dall’autobiografia del 1995 Mandela – La lunga strada verso la libertà è un racconto piuttosto lineare nell’arco di cinquant’anni. In questo percorso vediamo l’attivista trasformarsi da acuto e giovane avvocato a simbolo della lotta sudafricana contro l’apartheid, anche se molto viene tagliato fuori.

L’ambizione di mettere in scena una vita intera si scontra con l’effettivo impatto del film, emozionante ma non memorabile. Nulla a che vedere, per esempio, con il biopic su un altro grande leader come Martin Luther King: Selma di Ava DuVernay. In esso la regista sfrutta intelligentemente un solo episodio della lotta di King, circoscrivendolo e rendendolo ancora più potente. Dalla Lunga strada verso la libertà, invece, si coglie quasi la fretta di voler raccontare tutto, pur non dicendo abbastanza.

Non è un mistero il fatto che il botteghino e la critica siano stati inclementi con questo film, forse proprio perché mancante di qualcosa. Quello che c’è, tuttavia, vale la pena guardarlo stasera in Tv.

Articolo di Valeria Verbaro

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