Netflix utilizza LGBTQ nella descrizione di alcuni film. Nulla di strano, se non fosse che questa definizione appare anche dove non dovrebbe.
La riflessione sul tag LGBTQ di Netflix è nata dopo la visione di un film sulla piattaforma di streaming. Il film in questione è The Perfection, un thriller dalle tinte horror che vi consiglio anche. Dopo la visione del film il mio occhio è caduto sulla breve descrizione che Netflix pone tra i “dettagli”. Ed eccolo là, in tutta la sua gloria, LGBTQ. “Dov’è il problema?” mi direte voi.
Netflix definisce delle serie o dei film LGBTQ
Dopo l’incontro con il caso di The Perfection, ho controllato sulla piattaforma altre serie tv e film. Mi sono resa conto che bastasse avere una relazione omosessuale vissuta dai protagonisti perché il prodotto fosse etichettato come LGBTQ. Anche se la storia non era assolutamente incentrata sull’essere o meno non-etero. Nel caso di The Perfection per esempio la relazione omosessuale era solo di contorno, una caratteristica di due personaggi principali. Per farvi un esempio al rovescio, sarebbe come se Netflix mettesse “etero” nella descrizione per ogni film in cui ci sono rapporti e relazioni etero. Non era un film sulle battaglie e le conquiste del movimento LGBTQ, ma era un thriller dalle venature horror con una coppia omosessuale all’interno. Per di più non è assolutamente detto che una persona che non si riconosce nei ruoli di genere tradizionali si identifichi nella sigla LGBTQ. Ma anche se fosse, che bisogno c’è di definire un film con LGBTQ al primo posto nella descrizione? Soprattutto quando poi non tratta minimamente il tema dei movimenti LGBTQ?
LGBTQ: che cosa significa?
Non voglio farvi una lezione di storia, tranquilli, sarò breve. Il significato dell’acronimo LGBT è nato intorno agli anni 90 in sostituzione alla sigla LGB che veniva utilizzata per indicare la comunità gay degli anni 80. L’acronimo sta per Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender e oggigiorno ha esteso i suoi confini creando nuove sigle e ampliando, in questo modo, la comunità. Una di queste sigle è per l’appunto LGBTQ. Per alcuni la Q sta per queer, mentre altri preferiscono questioning. Oltre a quello ci sono altre sigle che integrano o meno altri elementi, tipo gli intersessuali, gli asessuali, ecc.
LGBTQ è una sigla politicizzata?
LGBTQ è sicuramente una sigla politicizzata. E si capisce bene questo quando si va a vedere il modo in cui essa sia osteggiata. Da una parte abbiamo critici tra le stesse persone che hanno una sessualità alternativa alla logica binaria ed etero. Dall’altra parte abbiamo persone e gruppi religiosi e politici che la osteggiano. Come tutte le etichette, LGBTQ non riesce a coprire tutte le variabili del reale. La cosa diventa ancora più chiara quando si vanno ad analizzare dei contesti culturalmente diversi.
In Italia per esempio ci sono state delle tensioni tra la comunità LGBTQ e i femminielli napoletani. Quest’ultimi non si riconoscevano nell’etichetta e nei propositi del movimento. E gli appartenenti al movimento non riuscivano a inquadrare nei loro schemi i femminielli. Negli Stati Uniti e in Canada invece la vicenda si è ripresentata con i Two Spirit. Tra i nativi americani delle pianure l’omosessualità è sempre stata una realtà accettata. Tra le altre cose era comune che coloro definiti Two Spirit diventassero sciamani o guaritori. Proprio per questa connotazione culturalmente determinata, essi vedevano nella sigla LGBTQ una descrizione forzata. Con gli esempi potrei andare avanti per ore. Praticamente dietro una semplice sigla si nascondono temi forti: imperialismo e colonialismo culturale.
Dall’altro punto di vista invece ci sono gruppi politicamente conservatori e religiosi che osteggiano la comunità LGBTQ. Essa rappresenta tutto ciò che essi ritengono immorale e contro natura. I più moderati tra di loro non vogliono che coloro non appartenenti a una logica binaria possano comportarsi come una famiglia.
E si apre così il vaso di Pandora. Perché quando si parla di gruppi così grandi si parla anche di elezioni e politica.
Cosa ci dice la scelta da parte di Netflix di utilizzare la definizione LGBTQ
La prima cosa che noto è che il colosso dello streaming abbia utilizzato, tra tutte le sigle possibili, quella LGBTQ. La cosa sembra banale, ma non lo è, pensate che molti gruppi politici ufficialmente ne preferiscono altre.
In questo caso Netflix ha preso la sigla che piace di più nel contesto americano, e che appare di più nei mass-media.
La definizione LGBTQ di Netflix: glorificazione o discriminazione?
La scelta di Netflix di utilizzare questa definizione per molte storie con dei personaggi non eteronormativi fa riflettere. Da una parte Netflix dimostra di non aver nessun atteggiamento discriminatorio nei confronti di coloro che non si riconoscono nei ruoli di genere tradizionali. Dall’altra parte invece mette delle etichette chiare sul fatto che ci sia anche una parvenza di omosessualità in un’opera. Come se in qualche modo si voglia che il fruitore dello streaming sappia subito se in un film o in una serie ci saranno o meno rapporti o relazioni non eteronormativi. Questo atteggiamento non ha assolutamente un effetto normalizzante (come dovrebbe tra le altre cose essere), ma discrimina anche quando vuole sembrare aperto. Della sessualità e del genere di un personaggio non dovrebbe interessare nulla allo spettatore, soprattutto se la storia non parla assolutamente del suo stato d’animo in quanto non eteronormativo. Invece Netflix sente il bisogno di rendere nota la presenza di rapporti non eteronormativi in alcune produzioni, apponendo etichette che piacciono a certi gruppi politici, ma non sono funzionali alla normalizzazione della condizione LGBTQ.
Ehi Netflix, ti va di parlarne?
di Eleonora D’Agostino
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