Nick Drake, la semplicità apparente che nei rari è l’impossibile

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Di Redazione Metropolitan

Five Leaves Left, Bryter Layter, Pink Moon. Solo tre album sono stati necessari a Nicholas Rodney Drake per essere consegnato alla storia; per passare alla storia come Nick Drake. Uno struggente e malinconico artista scoperto com’è noto alle cronache in un secondo momento rispetto a quando nell’anonimato pubblicava questi autentici gioielli della Folk music. Un maestro non del tutto consapevole della delicatezza, lirica e melodica; una formula spesso fatta da voce, chitarra, pianoforte o clarinetto in un’alchimia composta da una semplicità espressiva apparente. La semplicità che nei rari è l’impossibile in quanto unicità non duplicabile. Nick Drake era veicolo estetico di questa unicità e la morte che il 25 novembre 1974 lo raggiunse a Tanworth-In-Arden non fu che l’irruente implosione d’ogni senso di questa capacità connettiva.

Nato a Yangon in Birmania il 19 giugno del 1948, Nick Drake era figlio di un ingegnere inglese Rodney Drake e di una figlia di un membro di alto livello dell’amministrazione indiana, Molly Lloyd. Tornata in Inghilterra la coppia si stabilì nel Warwickshire a sud di Birmingham. Nick ebbe una sorella di nome Gabrielle che divenne un’attrice cinematografica di ampio successo. Drake iniziò nei primi anni della vita a suonare il pianoforte e diventò il pianista dell’orchestra del suo liceo in cui formò anche un gruppo chiamato Profumed Gardeners. A partire dal febbraio del 1967 risale il suo periodo di studio in Francia, nel quale si dedicò alla chitarra acustica e al quale – insieme ad un soggiorno in Marocco – si adducono le sue esperienze con l’LSD e gli allucinogeni.

Cambridge e l’inizio della carriera di Nick Drake

A seguito del ritorno in Inghilterra, Drake si trasferì nella casa di sua sorella a Londra prima di iscriversi all’Università di Cambridge dove frequentò la facoltà di letteratura inglese. Qui il giovane mostrò un carattere cupo e misterioso, brillante negli studi ma anche cinico e distaccato dal mondo accademico. Lontani i tempi delle sue attività sportive nel rugby e del suo senso di aggregazione; Drake qui era solito chiudersi nel dormitorio dell’università per fumare erba ed isolarsi dal resto dei suoi coetanei. Nonostante tutto ciò il giovane e futuro artista inglese non perse mai l’attrazione invincibile verso la sua vera grande passione, la musica. Nel 1967 incontrò Robert Kirby che orchestrerà successivamente i suoi album. Il cantante cominciò quindi a nutrirsi della musica folk americana e britannica con cui arricchiva la sua cultura passando da Bob Dylan, Van Morrison e Donovan. Con l’accumularsi delle esibizioni in giro per i locali e le caffetterie londinese il nome di Blake iniziò allora a circolare.

L’incontro fondamentale con Joe Boyd

Nel febbraio del 1968 mentre suonava al Roundhouse di Camden Town, Nick Drake fu notato da Ashley Hutchings allora bassista dei Fairport Convention. Estremamente colpito dalle sue doti come musicista e dalla sua immagine da romantico del decadentismo, Hutchings decise di presentare Blake al produttore americano Joe Boyd che ne diventerà il mentore per tutta la carriera. La collaborazione tra di loro portò dapprima alla realizzazione di Five Leaves Left pubblicato il 1 settembre 1969; un intimissimo lavoro dal controverso titolo, che solo oggi riconosciamo nel pieno del suo valore artistico. Time Has Told Me, River Man, Three Hours, Day is Done sono brani di un folk rock barocco caratterizzati dagli arpeggi serrati e risoluti della chitarra acustica di Blake e dalla sua timbrica inequivocabile, levigata e dolce in una forma di struggente malinconia da cantastorie medioevale della contemporaneità; in una sintesi di delicatezza, candore e forza incisiva in un’opera che è un viaggio da ascoltare ad occhi chiusi. Tracce divenute ormai di culto e in possesso di una riconoscibilità immediata. A metà strada tra favola onirica in un’epoca senza tempo e racconto urbano del quotidiano.

Bryter Layter e Pink Moon

Deciso a stabilizzarsi a Londra a seguito della pubblicazione del suo primo album, Drake andò ad abitare a Camden Town anche grazie all’ausilio del suo storico produttore Joe Boyd ed a lavorare alla nuova opera. Il cantante si esibì prima per uno show della BBC dove presentò inoltre alcuni brani di Bryter Layter – definizione storpiata del linguaggio del meteo ‘schiarite, più tardi’- e poi ad un concerto fallimentare dei Fairpoint Convention al Royal Festival Hall; nel quale rimase quasi completamente in silenzio. Bryter Layter uscì nel 1971 ed introdusse nel repertorio dell’artista un sound più ottimista e jazz. Dopo aver avuto un scarso successo commerciale con l’album precedente, il duo DrakeBoyd decise quindi di aggiungere anche basso e batteria alla formula pastorale che contraddistingueva il cantante. Canzoni come Fly e Northern Sky sono ancora oggi ricordate ma il cd vendette solamente 3.000 copie non rivelandosi quindi come un exploit. Il fallimento dell’album e il trasferimento di Boyd a Los Angeles catapultarono Drake in una profonda depressione. Iniziò quindi un lento tramonto contornato da un uso smodato di cannabis e psicofarmaci che peggiorò ulteriormente la situazione.

Tuttavia la carriera del giovane artista non era ancora ai titoli di coda. Nick Drake intento a realizzare un album più personale e diverso nel sound rispetto a Bryter Layter, troppo elaborato con arrangiamenti di archi, ottoni e sassofono; partorì un’opera più cuba e minimale. Chiudendosi in studio col solo John Wood, Drake diede alla luce Pink Moon nel 1972, suo terzo ed ultimo album. Un’opera composta con l’utilizzo della sola chitarra acustica, cantando e suonando contemporaneamente e spesso in first take; Pink Moon contiene brani iconici dell’artista come Place to Be, Things Behind the Sun e l’omonima Pink Moon in un durata complessiva di appena 28 minuti.

Lo stile particolarissimo, la fine e la fama postuma

Nick Drake come autodidatta era ossessionato dalla sua tecnica chitarristica. Notti intere spese a trovare accordature alternative ed accordi cluster per melodie dissonanti. I suoi testi erano ispirati dalla letterature inglese, da William Blake, Yeats e da Henry Vaughan. Spesso riguardanti ambiti del naturale come il cielo, le stelle, la pioggia e la luna; la sua lirica sembrava accostarsi alle stagioni dell’estate e dell’autunno per il distacco con cui guardava alla sua vita. Ma il 25 novembre del 1974 tutto terminò con la morte del giovane artista per overdose di antidepressivi, nonostante famigliari ed amici dissero che stava riacquistando un certo equilibrio emotivo.

Nonostante la figura del cantante rimase nel quasi anonimato per tutti gli anni ’70. Lentamente i fan iniziarono a visitare la casa di famiglia del ragazzo tragicamente scomparso. Fin quando a metà degli anni ’80 il suo nome iniziò ad essere pronunciato persino da musicisti come Peter Buck dei R.E.M e Robert Smith dei Cure. Progressivamente avvenne una crescita esponenziale e di vendite della musica di Nick Drake, con documentari ed omaggi a lui dedicati al seguito. Nick Drake divenne quindi un artista di culto nel panorama della musica inglese e mondiale per la “sua dolorante bellezza” simile ai giovani poeti del romanticismo del XIX secolo. Morto prematuramente senza aver potuto godere del suo riconoscimento; Drake ha inconsapevolmente ricevuto la glorificazione che forse in vita avrebbe meritato e che ora lo staglia all’eterno come ogni angelo caduto.

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