Abrogare il reato di tortura è l’intenzione di Fratelli d’Italia. Il Partito ha presentato una proposta di legge per annullare il provvedimento.

Il reato di Tortura è un provvedimento introdotto nell’ordinamento italiano nel 2017, dopo un tormentato iter parlamentare. Ora è sorprendentemente proprio un partito come Fratelli d’Italia, che ne vuole cambiare l’inquadramento.

Con il testo, assegnato in Commissione Giustizia della Camera, si intendono di fatto eliminare gli articoli 613-bis e 613-ter del codice penale che introducevano il reato.

Le controverse criticità di abrogare il reato di tortura

Ciò significa quindi che si lascia in piedi solo una sorta di aggravante all’articolo 61 del codice. Sul caso è intervenuta la senatrice di Sinistra italiana-Alleanza verde, Ilaria Cucchi, rivolgendo un appello a tutte le forze politiche e al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

 “E’ notizia di queste ore la sospensione di 23 agenti del carcere di Biella accusati dalla magistratura di tortura di Stato nei confronti di tre detenuti e nelle stesse ore veniamo a conoscenza dell’assegnazione in Commissione Giustizia della Camera di una proposta di legge di FdI che vuole abrogare la tortura. Questo è un fatto gravissimo. Sostenere che la tortura in Italia non esista è una bugia. Far finta di niente e voltarsi dall’altra parte è già questa una violazione dei diritti umani e lo so perché l’ho provata sulla mia pelle – ha affermato la senatrice -. Più di un giudice, prima dell’introduzione di questa legge si è trovato a non poter procedere perché la legge non esisteva. Abbiamo lottato per la sua introduzione e ora rivolgo un appello a tutte le forze politiche soprattutto al Presidente della Repubblica: giù le mani dalla legge che punisce la tortura. Chi ha paura del reato di tortura legittima la tortura”.

Ilaria Cucchi

Ma perché è così importante, soprattutto per chi (come Ilaria Cucchi) ha vissuto gli abusi legati a questa misura, tutelare una simile misura?

Il reato di tortura: le ragioni

Sembrerebbe scontato difendere quella parte del nostro ordinamento che ci tutela disciplinando il reato di tortura. Ma ora che questa misura è sotto attacco, andiamo nello speifico a vedere di cosa si tratta.

  • Il reato di tortura esiste in gran parte del diritto degli Stati, soprattutto quelli democraticamente avanzati
  • Il reato di tortura è regolato anche dal diritto internazionale
  • Il trattato internazionale che specificatamente tratta della tortura è la convenzione di New York del 1984, che obbliga gli Stati a inserire nel proprio ordinamento giuridico il reato di tortura.
  • Inoltre il reato di tortura è stato introdotto nel codice penale italiano con la legge n. 110 del 2017, disciplinato agli articoli 613bis e 613ter, all’interno del titolo XII dedicato ai “delitti contro la persona”.
  • La legge è approdata all’interno del nostro ordinamento penale in seguito alle numerose pressioni provenienti da Consiglio d’Europa e anche dall’ONU.
  • In particolare l’Italia ha un grave precedente al riguardo: in seguito alla condanna emanata da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo, con la sentenza del 7 aprile 2015
  • In quell’occasione l’Italia fu sanzionata per la mancanza di adeguate ed efficaci misure di prevenzione e repressione delle condotte di tortura, contrarie all’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
  • Ciò riguardava la sentenza che ha qualificato le violenze delle forze di polizia contro i manifestanti come tortura e che faceva riferimento ai fatti del G8 di Genova del 2001.

Ma allora perchè FdI vuole intervenire?

 “L’incertezza applicativa in cui è lasciato l’interprete” con le norme introdotte nel 2017, “potrebbe comportare la pericolosa attrazione nella nuova fattispecie penale di tutte le condotte dei soggetti preposti all’applicazione della legge, in particolare del personale delle forze di polizia che per l’esercizio delle proprie funzioni è autorizzato a ricorrere legittimamente anche a mezzi di coazione fisica”.

FDI

La (agghiacciante) proposta di legge:

Se non si abrogassero gli articoli 613-bis e 613-ter, sostiene il partito:

“potrebbero finire nelle maglie del reato in esame comportamenti chiaramente estranei al suo ambito d’applicazione classico, tra cui un rigoroso uso della forza da parte della polizia durante un arresto o in operazioni di ordine pubblico particolarmente delicate o la collocazione di un detenuto in una cella sovraffollata. Ad esempio, gli appartenenti alla polizia penitenziaria rischierebbero quotidianamente denunce per tale reato a causa delle condizioni di invivibilità delle carceri e della mancanza di spazi detentivi, con conseguenze penali molto gravi e totalmente sproporzionate”.

FDI

In breve, si richiede una maggior tutela verso figure (come quelle svolte nell’ambito penitenziario) che potrebbero veder sovrapposti i propri comportamenti professionali all’inquadramento del reato. Già una simile dichiarazione è di per sè critica e preoccupante: perché mai l’atteggiamento di una figura professionale nell’ambito del carcere dovrebbe assumere atteggiamenti assimilabili al reato di tortura?

L’affermazione è (ci si augura, inconsapevolmente!) molto pericolosa. Ma continua:

“Il rischio di subire denunce e processi strumentali – osservano i deputati di FdI – potrebbe, inoltre, disincentivare e demotivare l’azione delle Forze dell’ordine, privando i soggetti preposti all’applicazione della legge dello slancio necessario per portare avanti al meglio il loro lavoro, con conseguente arretramento dell’attività di prevenzione e repressione dei reati e uno scoraggiamento generalizzato dell’iniziativa delle forze dell’ordine”.

FdI

Anche qui la dichiarazione arriva quasi a risultare agghiacciante, in quanto il bias argomentativo è qui chiarissimo: com’è possibile considerare primaria la tutela di chi “potrebbe” commettere un’azione che si avvicina (seppur idealmente non congruisce) alla tortura, piuttosto che la tutela di chi tale pratica la sta subendo? L’ingenuità con cui tali dichiarazioni sono rilasciate lascia intendere che forse non s’è appieno compreso (o non si vuol intendere) la gravità di simili frasi.

Il reato di tortura non si tocca! Ma chi è che vuole attaccarlo?

Vediamo i firmatari:

  • Imma Vietri
  • Amich, Cangiano
  • Cerreto
  • Chiesa
  • Ciaburro
  • Iaia
  • La Porta
  • Longi
  • Maiorano
  • Michelotti
  • Tremaglia,

Le dichiarazioni agghiaccianti di queste personalità politiche non terminano qui, leggiamo ancora come si sottolinea nella relazione:

“le pene previste per il reato sono anche chiaramente sproporzionate rispetto ai reati che puniscono nel codice attualmente tali condotte (percosse, lesioni, minaccia eccetera) e non giustificate dall’andamento della situazione criminale in Italia. Alla luce di tali considerazioni, per tutelare adeguatamente l’onorabilità e l’immagine delle forze di polizia, che ogni giorno si adoperano per garantire la sicurezza pubblica rischiando la loro stessa vita e per evitare le pericolose deviazioni che l’applicazione delle nuove ipotesi di reato potrebbe determinare, la presente proposta di legge prevede l’introduzione di una nuova aggravante comune per dare attuazione agli obblighi internazionali e la contestuale abrogazione delle fattispecie penali della tortura e dell’istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura di cui rispettivamente agli articoli 613-bis e 613-ter del codice penale”.

Brevemente sul reato di tortura

All’esito di un lungo e complesso iter parlamentare, con la legge n. 110 del 2017   sono stati introdotti nell’ordinamento i reati di tortura e di istigazione alla tortura.

Numerosi atti internazionali affermano che nessuno può essere sottoposto a tortura, né a pene o trattamenti inumani o degradanti:

  • tra gli altri, la Convenzione di Ginevra del 1949, relativa al trattamento dei prigionieri di guerra;
  • la Convenzione europea dei diritti dell’uomo del 1950 (ratificata dalla L. 848/1955),
  • la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948,
  • il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1966 (ratificato dalla L. 881/1977),
  • la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 2000,
  • la Convenzione ONU del 1984 contro la tortura ed altri trattamenti e pene crudeli, inumani e degradanti (la cd. CAT), ratificata dall’Italia con la legge n. 489/1988;
  • lo Statuto di Roma, istitutivo della Corte penale internazionale del 1998 (L. 232/1999).
  • In particolare, la Convenzione ONU del 1984 contro la tortura, ratificata dall’Italia con la legge n. 498/1988, prevede l’obbligo per gli Stati di legiferare affinché qualsiasi atto di tortura sia espressamente e immediatamente contemplato come reato nel diritto penale interno (articolo 4).

Va detto che la maggior parte di tali atti si limita a proibire la tortura ma non ne fornisce una specifica definizione. Forse, invece che minare ad un reato che non solo è ampiamente legittimato dal diritto internazionale (e che quindi è quantomeno incredibile pensare di poter eliminare o limitare!) ma è anche un pilastro morale della nostra tenuta democratica come nazione, dovremmo forse pensare ad un migliore inquadramento. Così che, non solo sia tutelato, ma se ne consenta una miglior applicazione.

La tortura è un atto indegno e fuori da ogni possibile concezione della democrazia e del costituzionalismo: tutelare il Reato di Tortura è un dovere della nostra società ora e nel futuro.

Articolo di Maria Paola Pizzonia

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