Novecento” è forse il film più rappresentativo dell’intera carriera di Bernardo Bertolucci. Uscito in due atti nel 1976, potremmo tranquillamente definirlo come la perfetta esegesi del nostro Ventesimo Secolo. Un’opera che si serve dell’ormai consolidato stratagemma dell’amicizia all’interno di due differenti ceti sociali per mostrarci un secolo fatto di lotta di classe e politica.

La trama

La storia prende il via dalla sua fine, mostrandoci la “caduta dei padroni”, ossia la morte di Alfredo Berlinghieri (Robert DeNiro), nipote dell’omonimo patriarca (interpretato da Burt Lancaster), padrone della vasta tenuta situata nelle campagne parmensi dove ha luogo gran parte della vicenda. E’ il 25 aprile del 1945, giorno della liberazione e, per far chiarezza su quanto successo, il regista ci propone una lunga analessi ambientata quarant’anni prima, lo stesso giorno della morte di Giuseppe Verdi (27 gennaio 1901). Alfredo nasce in quello stesso giorno, assieme ad Olmo (interpretato da adulto da Gérard Depardieu), figlio illegittimo dei Dalcò, una famiglia di paesani che lavorano per la tenuta. I due, da bambini, sullo sfondo di una continua disputa tra il potere dei Berlinghieri e le speranze socialiste di liberazione dei Dalcò, stringono un’amicizia che li vedrà attraversare su due fronti opposti il Ventennio Fascista e la Guerra.

Novecento
Photo credit: WEB

Analisi di “Novecento”

Di fatto, a dispetto della complessiva durata di più di cinque ore – divisa, come detto, in due atti – la trama di “Novecento” può essere riassunta in questo modo. La storia di un’amicizia opposta alle differenze che le classi sociali impongono. Da un punto di vista strettamente drammaturgico, la scelta di Bertolucci la si potrebbe definire come “semplice”, e, sotto molti aspetti, già sfruttata più e più volte in passato. Tuttavia, si tratta di una strategia, utile all’autore per mostrarci sin da subito “da che parte sta”. Pertanto, l’opera diventa il resoconto di anni di lotte proletarie.

Novecento
Photo credit: WEB

Un racconto un po’ di parte

“Novecento” è la storia del XX Secolo vista da un autore noto per la sua vicinanza a ideali di sinistra. I “padroni” – termine che viene spesso enfatizzato con scopo ironico durante la pellicola – sono descritti come troppo vincolati nella loro affettazione. Ben diversi appaiono i “paesani“, i cui ideali sono descritti come più nobili. Per certi versi, la figura del nonno Alfredo depresso vista nel primo atto, suona come una critica nei confronti degli usi affettati del potere. “Tra di noi c’è un oceano“, urla il vecchio, il quale, quasi tentato dal voler sovvertire le usanze da galateo, spinge il nipote a ribellarsi ai suoi genitori disubbidendo loro mentre è a tavola.

Photo credit: WEB

Le classi povere si uniscono sotto un’unica bandiera

Per tali ragioni, il primo atto di “Novecento” è considerabile come un’apologia delle ribellioni che stavano per sorgere nei primi del Secolo. Il piccolo circondario di personaggi che si trovano nelle campagne parmensi, di fatto, è uno spaccato dell’Italia in toto. Il successivo periodo, in particolare durante il Ventennio, trasuda anch’esso di una marcata vocazione antifascista, concentrandosi però sulle ideologie politiche dei personaggi. Per certi versi, il momento in cui viene tirata fuori la bandiera rossa nascosta per tanti anni, rappresenta appieno la conclusione spirituale di quanto proposto nel primo atto. L’unificazione del proletariato sotto la bandiera comunista, sposta le loro volontà di ribellione su un piano politico che si frappone tanto al potere dei “padroni” quanto a quello ideologico fascista.

Photo credit: WEB

“Novecento” come il punto di vista dei contadini

Sotto un certo aspetto, questa specifica scena, è la perfetta rappresentazione dell’umanità per come concepita da Bertolucci. L’autore, infatti, nel secondo atto di “Novecento”, pone l’accento sull’identità assunta dai personaggi. La prima frase di Alfredo pronunciata nel film, “Viva Stalin”, pone l’intera identificazione della libertà sotto l’ideale comunista. In buona sostanza, per Bertolucci, la resistenza italiana, il proletariato e i primi rivoltosi, sono stati uniti sotto un’unica bandiera dopo anni di ingerenze. Pertanto, analizzando il tutto con gli occhi del Bertolucci del 1976, ossia dopo la destalinizzazione degli anni Cinquanta, “Novecento” non fa altro che esaltare gli ideali più puri che spinsero il proletariato a ribellarsi, lasciando un’evidente zona d’ombra su quanto accadde dopo.

Novecento
Photo credit: WEB

Il Quarto Stato assurge

Emblematico, in tal senso, il dipinto che fa da sfondo ai titoli di testa: “Il Quarto Stato” di Giuseppe Pellizza da Volpedo. Il regista, servendosi di tale opera, pare voglia ricordare il “da dove veniamo”, punto cardine della questione morale proposta dal più eminente rappresentate della sinistra a lui contemporaneo, Berlinguer. Un’esaltazione del proletariato come vera asta della sua amata bandiera rossa.

Photo credit: WEB

Con un cast d’eccezione – citiamo anche Romolo Valli e Stefania Sandrelli -, e con la meravigliosa colonna sonora di Ennio Morricone, Bernardo Bertolucci ci ha consegnato uno dei film più esaustivi sul nostro Novecento. Un’opera che forse pecca per essere eccessivamente di parte, differentemente da, per esempio, “La Meglio Gioventù” (2003) di Marco Tullio Giordana. Film molto più “neutrale” che, da molti, è considerato un seguito di “Novecento”.

In campo contro Pasolini

Degna di nota, per gli appassionati, fu la sequenza di partite di calcio giocate tra il cast di “Novecento” e quello di “Salò o le 120 giornate di Sodoma” (1975) di Pasolini, le cui riprese si svolsero a pochi chilometri di distanza. Peraltro, se consideriamo che “Salò” fu girato nel 1974, possiamo ben capire quanto tempo occorse a Bertolucci per mettere in scena la sua epopea. Un film mastodontico, un riassunto – seppur di parte – che ci appartiene e che ci racconta.

MANUEL DI MAGGIO

Seguici su Facebook e su Instagram

Seguici su Metropolitan per rimanere sempre aggiornato