Sin dai primi tempi del nostro cammino in Metropolitan Magazine, lo scopo del gruppo “La Scienza risponde” e’ stato quello di dare replica alle domande in ambito scientifico di quella fetta di popolazione che avesse dei dubbi in ambito scientifico. Proprio nell’ambito delle domande poste alla redazione, Tommaso ci chiede cosa significhino i vari parametri utilizzati per stimare il tasso di crescita dell’epidemia da coronavirus (R0, R e Rt) e quale sia la differenza tra questi.

Matteo Bonas, autore dell’articolo ed editore per Metropolitan Magazine e La Scienza Risponde (Photo Credits: Matteo Bonas)

Il numero Riproduttivo

Questi parametri sono forme diverse del cosiddetto numero riproduttivo.

Ogni essere vivente sulla terra esiste grazie ad una serie ininterrotta di antenati che si sono riprodotti lasciando i loro geni alle successive generazioni. Questo concetto che può apparire banale e scontato è il caposaldo fondamentale della teoria dell’evoluzione e tenerlo a mente ci aiuterà a comprendere a fondo il significato dei parametri che si usano per descrivere un’epidemia.

L’importanza di chiamarsi nonno

Visto il ruolo centrale della riproduzione e dell’ereditarietà nei processi evolutivi, i biologi, quando vogliono misurare il vantaggio selettivo (ovvero il vantaggio che alcuni individui hanno rispetto ad altri nel corso dell’evoluzione) di un individuo, misurano il numero di discendenti che questo ha lasciato nelle generazioni successive. In pratica, per avere “successo” da un punto di vista evolutivo un individuo deve lasciare più discendenti degli altri individui oppure la sua linea (i suoi geni) rischiano di estinguersi.

I biologi però sanno anche che il mero numero di figli non ha alcun valore se questi muoiono prima di raggiungere l’età riproduttiva; il metodo migliore è invece misurare il numero di nipoti di un individuo poiché questo permette di correggere altri fattori come le cure parentali.

Questa misura di riproduzione differenziale viene detta fitness e ci fornisce una stima di quanto adatto sia un individuo all’ambiente in cui vive (adatto significa avere maggiori possibilità di sopravvivere e riprodursi; lo stesso vale per la sua prole).

Numero riproduttivo di coronavirus e non solo: i microparassiti

I microparassiti sono organismi microscopici che vivono a spese di altri individui che parassitano (ospiti). Il parassitismo è una dinamica vecchia come la vita stessa; che si tratti di batterio, virus, protozoo o semplice frammento di DNA, il microparassita usa il corpo dell’ospite a suo vantaggio per crescere e riprodursi, provocando a questo un danno spesso significativo.

Anche per l’adattamento dei microparassiti vale più o meno la stessa regola che vale per gli altri esseri viventi, con le dovute eccezioni. Di un microparassita infatti non ci interessa il numero di copie di se stesso che riesce a fare all’interno dell’organismo ospite bensì ci è più interessante misurare a quanti contagi secondari è in grado di dare luogo.

Un’epidemia tipica descritta da un modello SIR: in verde l’evoluzione dei suscettibili, in rosso il numero di infetti (Photo Credits: Matteo Bonas)

R0 e la stima di contagi secondari

A differenza del valore di fitness, per i microparassiti si utilizza il numero riproduttivo di base; questo numero è definito come il numero di infezioni secondarie che si verificano in una popolazione di individui suscettibili, a partire da un singolo ospite infetto.

R0 è una proprietà intrinseca del microparassita che può variare solo nel corso del processo evolutivo (mutazione spontanea e selezione naturale), esso non muta nel tempo quindi a meno che non muti il parassita stesso [1].

Le cose cambiano nel tempo: R (o Re)

La biologia è la scienza del cambiamento e si occupa di sistemi dinamici che variano nel tempo; un numero che rappresenti quindi una proprietà invariabile di un organismo a prescindere dall’intorno può risultare poco utile a fini pratici. Nel caso di un’epidemia, gli individui che si ammalano ed eventualmente muoiono modificano necessariamente il rapporto tra individui suscettibili e non: ecco che allora si usa il numero riproduttivo effettivo, il cui valore dipende dall’attuale frazione di individui suscettibili nella popolazione. In pratica è R0 moltiplicato per la frazione di individui suscettibili nella popolazione (un numero tra 0 e 1).

Un Raffronto di R0 ed R in funzione del tempo, in un caso di epidemia non controllata simulato da un modello SIR. In blue il valore (Costante) R0, in rosso l’evoluzione d R effettivo in funzione del tempo. (Photo Credits: Matteo Bonas)

La copertura vaccinale necessaria a prevenire lo scoppio di un’epidemia, ad esempio, è quella percentuale di individui immunizzati contro un parassita per cui R < 1 (nonostante R0 rimanga invariato, basti pensare al caso del morbillo di pochi anno fa).

I tempi e i modi dell’infezione Rt

In luoghi diversi condizioni ambientali o igieniche differenti e variabili nel tempo possono avere effetto su R0, ad esempio alzando o abbassando l’infettività del parassita.

Pensiamo per esempio agli interventi di controllo dell’epidemia che stiamo sperimentando e di come queste forniscano una protezione nei confronti dell’infezione (protezione che dura solo finché rimangono in vigore tali misure di distanziamento). In questi casi è più informativo stimare il numero riproduttivo in relazione al tempo, il quale tiene conto delle variazioni nel tempo delle dinamiche di crescita dell’infezione. Questo parametro è stato utilizzato ad esempio per stimare il valore di R durante l’epidemia di SARS del 2003 [2].

Ho cercato il più possibile di evitare una trattazione matematica ma la biologia è pur sempre una scienza e come tale è scritta in forma matematica; le diverse proprietà che abbiamo descritto hanno un loro senso ed una loro utilità nell’ottica dell’utilizzo di un particolare modello matematico piuttosto di un altro. Spero che questo chiarimento possa aiutare a comprendere meglio la complessità degli argomenti con cui giornalisti e imprenditori troppo spesso si riempiono la bocca, semplificando eccessivamente la trattazione. E spero cogliate anche quanto queste semplificazioni possano essere pericolose.

Articolo per “La Scienza Risponde” a cura di Matteo Bonas

Bibliografia

1) Martcheva, M. (2015). An introduction to mathematical epidemiology (Vol. 61). New York: Springer.

2) Wallinga, J., & Lipsitch, M. (2007). How generation intervals shape the relationship between growth rates and reproductive numbers. Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences, 274(1609), 599-604.