L’ Ue e Usa sono in pressing per far tacere le armi nel conflitto israelo-palestinese, dopo quasi due settimane di violenze. Nonostante attualmente non si intraveda una svolta, si continua a lavorare per sciogliere i nodi della possibile tregua. È stata già convocata una nuova riunione all’Onu.
Il Vaticano
Anche il Vaticano si è espresso sulla questione. Infatti, per bocca del segretario di Stato Pietro Parolin, si è detto “Impegnato a prendere qualsiasi iniziativa per arrivare al cessate il fuoco e alla ripresa del negoziato diretto”.
La diplomazia europea
Al termine di una videoconferenza straordinaria dei ministri degli Esteri dell’Ue, il capo della diplomazia europea Josep Borrell ha chiesto l’immediata cessazione delle violenze e l’attuazione di un cessate il fuoco.
“L’obiettivo è di proteggere i civili e di permettere l’accesso umanitario a Gaza”.
Ha spiegato, poi, definito inaccettabile il numero elevato delle vittime civili.
Anche in questo caso, però, l’Ungheria di Viktor Orbán ha fatto mancare il suo sostegno.
Luigi Di Maio ha poi dichiarato:
“Condanniamo il lancio indiscriminato di razzi da Gaza, è inaccettabile e deve cessare, come è inaccettabile che si metta in discussione il diritto di Israele a esistere. Riconosciamo il diritto legittimo di Israele di proteggere la propria popolazione, ma la risposta militare israeliana deve essere proporzionata e volta a prevenire ulteriori vittime civili”.
La nuova riunione all’Onu
Per giovedì è prevista la convocazione dell’assemblea generale dell’Onu.
Il consiglio di sicurezza, invece, è tornato a riunirsi d’urgenza a porte chiuse per la quarta volta. Questo è accaduto dopo che gli Usa hanno bloccato dichiarazioni che secondo Washington potrebbero ostacolare o nuocere alla sua “diplomazia intensa ma discreta“.
Proprio per la pressione sull’amministrazione di Biden da parte della comunità internazionale e dal partito democratico, nella sua quarta telefonata al premier israeliano Benjamin Netanyahu, Biden ha espresso per la prima volta il suo sostegno ad un cessate il fuoco.
Ha ribadito, però, il suo sostegno al diritto di Israele di difendersi contro gli indiscriminati attacchi di razzi di Hamas e non ha fissato scadenze.
La posizione del premier Netanyahu
Mentre la Comunità internazionale prova a concretizzare il cessate il fuoco, la guerra va avanti, affiancata da forti disordini in Cisgiordania per la ‘Giornata della rabbia’ indetta da Fatah e Hamas.
Due sono stati i manifestanti palestinesi uccisi negli scontri con l’esercito.
Il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha ammonito, riferendosi alla Siria e Libano:
“Israele ha riportato indietro Hamas di molti anni. I nemici attorno a noi ne traggano le conclusioni”.
Ha poi ribadito ancora un volta che l’operazione ‘Guardiano delle Mura‘ andrà avanti fino a quando non sarà riportata la calma ai cittadini israeliani.
La guerra
Proprio per questo l’esercito ha continuato a martellare comandanti e quadri di Hamas e Jihad islamica nella Striscia.
Il portavoce militare Hidai Zilberman, ha fatto sapere che fino a ieri sera sono stati eliminati oltre 150 operativi terroristi.
Di questi, più di 120 di Hamas e oltre 25 della Jihad islamica, ma sarebbe un conto per difetto.
Ad essere preso di mira nelle ultime ore è stato il quartiere Rimal, sobborgo residenziale di Gaza City. Le vittime complessive a Gaza, dall’inizio delle ostilità, sono ora 213, tra cui 61 bambini e 36 donne.
Durante la notte i lanci dalla Striscia verso Israele sono stati circa 90, costringendo la popolazione del sud di Israele nei rifugi.
Poi, dalle 6 del mattino fin quasi alle 12, i razzi si sono fermati e la gente ha potuto riprendere fiato. Subito dopo sono ripresi i lanci, soprattutto al termine della breve riapertura del valico commerciale di Kerem Shalom con Gaza. Da qui, infatti, Israele ha fatto passare 5 autocisterne con ognuna 38 mila litri di combustibile per la centrale elettrica della Striscia con lo scopo di alleviare la drammatica crisi umanitaria dell’enclave palestinese.
Ora il totale delle vittime in Israele è di 12 persone: 10 (compresi 2 bambini) sotto i razzi, altre 2 per motivi collegati ai lanci.
Da Gaza, dall’inizio del conflitto, sono arrivati in totale 3.440 razzi, il 90% intercettato grazie al sistema di protezione civile Iron Dome. Cinquecento, invece, sono ricaduti nell’enclave palestinese.