“Occhiali neri”: la recensione in anteprima

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Di Redazione Metropolitan

Dopo il flop di “Dracula 3D” (2012), Dario Argento porta un film più sulla linea di “Profondo rosso” (1975) piuttosto che non di “Suspiria” (1977). Nonostante ciò, anche qua aspettatevi un cane feroce intenzionato a sbranare qualcuno proprio come nel primo capitolo della trilogia delle tre madri. Con un poster che richiama “Essi vivono” (di John Carpenter, 1988), il 24 febbraio uscirà “Occhiali neri” che vede come protagonisti Ilenia Pastorelli, Xinyu Zhang e Asia Argento.

Trama di “Occhiali neri”

Un killer di prostitute si aggira a Roma con il suo furgone bianco. Una notte, Diana (Ilenia Pastorelli), per cercare di sfuggirgli, finisce per compiere un incidente stradale e, quando si riprende, le viene detto che ha perso la vista. Non solo, l’incidente ha provocato la morte del padre di Chin (Xinyu Zhang), un ragazzino asiatico rimasto ormai solo poiché sua madre è finita in coma dopo l’accaduto. Pertanto, Diana decide di prendersi cura del ragazzino ed essendo non vedente, anche Chin si prenderà cura di lei. Inoltre, ad aiutare Diana a riprendersi la sua vita ci saranno anche il cane lupo Nerea e l’assistente Rita (Asia Argento). Il killer però non si è fermato e, fino a che non ucciderà Diana, i protagonisti non saranno al sicuro.

Un film ama(u)toriale

Il tocco Dario Argento lo ha e non lo dimostra di certo solo ora. Il film ha una storia tutto sommato semplice ma cerca comunque di essere inquietante. La colonna sonora, perfettamente in linea con lo stile del regista, è stata scritta da Arnaud Rebotini e riesce ad essere anche coerente con il tipo di film messo in mostra. Questo contribuisce ad aumentare l’attenzione verso il lungometraggio, specialmente nella prima parte che è quella più riuscita.

Tuttavia nella seconda parte cala, specialmente se pensiamo a come è stato abbozzato nella sceneggiatura il villain. Intendiamoci, si può sorvolare sul motivo per cui l’assassino voglia uccidere Diana (una ragione che sicuramente non andrà a genio a molti spettatori), ma è allo stesso tempo inspiegabile il motivo che porta il killer a uccidere tutte le altre donne. Il che porta a chiedersi: “Non era meglio ridurre il tutto a uno scontro esclusivo tra Diana e l’assassino?”. Altra pecca è la città in cui la pellicola è ambientata poiché Roma non ha un minimo di personalità, tanto che a tratti ci si scorda di stare nella capitale italiana. Infine, le interpretazioni non aiutano del tutto visto che Xinyu Zhang è fuori parte.

Insomma, sicuramente è meglio rispetto all’opera uscita 10 anni fa, ma “Occhiali neri” funziona se lo si prende come un mero film amatoriale. Ciononostante, fin dalle prime inquadrature è facile capire chi ha diretto quest’opera perché lo stile del regista romano si nota a tutto tondo, dalla musica agli efferati omicidi passando per il mero brivido. Pertanto, è lecito categorizzare “Occhiali neri” come un prodotto ama(u)toriale: un’opera ingenua firmata da un autore dallo stile inconfondibile.

Jacky Debach

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