Il Cinque Maggio è un’ode storica scritta di getto in soli tre giorni da Alessandro Manzoni appena ricevuta la notizia della morte di Napoleone Bonaparte, nel 1821. La poesia circolò clandestinamente a causa della censura austriaca e fu pubblicata ufficialmente nel 1823. Oggi studiamo e impariamo ancora i suoi versi a memoria tra i banchi di scuola.

Alessandro Manzoni riflette sul segno lasciato da Napoleone Bonaparte sulla storia, ne esalta la grandezza e immagina un pentimento cristiano in punto di morte.

‘’Ei fu. Siccome immobile‘’, temi della poesia Il Cinque Maggio

Il titolo rivela subito la circostanza: il 5 maggio 1821 moriva – esule nell’isola di Sant’ElenaNapoleone Bonaparte. L’ode si apre nell’incipit coll’espressione poetica incisiva: Ei fu (v.1) che in due sillabe sintetizza l’irreversibilità della morte, suscitando incredulità. L’uso del verbo al passato remoto rende evidente il limite invalicabile che separa la vita dalla morte. Il nome di Napoleone è sempre taciuto nel testo, il riferimento al personaggio è indicato con il semplice pronome personale ei = egli o Lui (v.13) o alcuni sintagmi come uom fatale (v.8), quell’alma (v.67).

I temi dominanti dell’ode sono due. Il primo è il contrasto tra l’epica grandezza di Napoleone e la sua caduta improvvisa, che mette in risalto la vanità della gloria terrena: Manzoni riflette sulla storia e sul senso dell’agire umano. L’altro tema è quello della provvidenza, tipico manzoniano, una volontà divina che determina e dirige le azioni e gli eventi umani. Così Dio si serve di strumenti – come Napoleone – per imprimere la sua potenza nella storia. E’ nella grandezza dell’uomo che si scopre la grandezza di Dio.

Struttura de Il Cinque Maggio

Nel corso dell’ode si alternano momenti descrittivi e riflessivi con un equilibrio compositivo e stilistico che ricorda l’inno sacro. Si distinguono tre momenti: il prologo che racconta l’emozione provocata dalla notizia della morte di Napoleone. La parte centrale dove emerge la descrizione delle vicende storiche, attraverso la rievocazione dei momenti salienti di gloria e di rovina. Il finale, che esprime le conseguenze, ovvero l’insegnamento religioso che se ne trae. Napoleone trova rifugio e conforto in Dio e l’aspirazione alla gloria eterna supera quella per la gloria terrena.

Manzoni non esprime un suo personale giudizio e lascia ai posteri la sentenza sulla gloria terrena del personaggio, si esprime tuttavia sulla grandezza morale del Napoleone uomo ormai perdente che si inchina di fronte a Dio in una conversione religiosa, scoprendo così il suo autentico valore.

Metrica & figure retoriche

L’ode è composta da 18 strofe di settenari. Presenta una rima alternata al secondo e quarto verso di ogni strofa. Il verso finale – il sesto- è tronco e rima con quello finale della strofa successiva. Vi sono anche rime interne: pensando/quando v.7 e v.9 e assonanze: spoglia/orba/percossa vv.3/5.

Il linguaggio è elevato e solenne. Vi è alternanza tra momenti di forte impeto e concitazione – come le strofe sulle vicende storiche di Napoleone – con ritmi incalzanti, e momenti più pacati in cui il ritmo risulta più lento.

La poesia è ricchissima di figure retoriche: allitterazioni che rafforzano i legami tra i termini e richiamano immagini vigorose del personaggio (es. immobile… immemore), la scelta di termini in antitesi tra loro: gloria/periglio (vv.43/44), fuga/vittoria (v.45), e ancora anafore, chiasmi, climax. Numerose sono anche le metafore come la celebre:  ‘’il fulmine tenea dietro al baleno (vv.27/28)’’ , come al fulmine succede il fragore del tuono, con la stessa rapidità Napoleone trasforma in azione militare le sue strategie; e infine similitudini, personificazioni e il polisindeto (e….e….) per rendere il ritmo più concitato.

Alessia Ceci