La proposta di legge contro l’omofobia preoccupa la Cei, che reputa sufficienti le disposizioni attuali.
La Camera dei deputati sta valutando una nuova proposta di legge contro l’omofobia, e la Cei manifesta il proprio disappunto per una legge ritenuta eccessiva
L’omofobia è un fenomeno ancora molto diffuso in Italia. E sembra essere addirittura in crescita, poiché durante la Giornata contro l’omofobia (17 maggio) l’Arcigay ha riportato un aumento dei reati del 9%. Una crescita che ha spinto il Parlamento a discutere una nuova legge sull’omotransfobia, adottando come punto di partenza la proposta di Alessandro Zan (Pd). E proprio oggi è intervenuta nel dibattito pubblico la Conferenza Episcopale Italiana: sul quotidiano cattolico “L’Avvenire” la Cei ha voluto manifestare il proprio disappunto:
“Un esame obiettivo delle disposizioni a tutela della persona, contenute nell’ordinamento giuridico del nostro Paese, fa concludere che esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio. Questa consapevolezza ci porta a guardare con preoccupazione alle proposte di legge attualmente in corso di esame presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati contro i reati di omotransfobia: anche per questi ambiti non solo non si riscontra alcun vuoto normativo, ma nemmeno lacune che giustifichino l’urgenza di nuove disposizioni. Per esempio, sottoporre a procedimento penale chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma, e non la duplicazione della stessa figura, significherebbe introdurre un reato di opinione. Ciò limita di fatto la libertà personale, le scelte educative, il modo di pensare e di essere, l’esercizio di critica e di dissenso.”
Come se le persone che adottano la Cei come punto di riferimento per le proprie idee non fossero già abbastanza libere di esprimersi…
Gli articoli discussi
La proposta Zan punta alla modifica degli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale, che riguardano i reati legati alla discriminazione razziale, etnica e religiosa. L’obiettivo è quello di tutelare le persone LGBT con l’inserimento dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere nella categoria degli elementi protetti dalla discriminazione. Le pene attualmente previste vanno da sei mesi a quattro anni di reclusione per chi istiga a commettere o commette atti di discriminazione.
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