Open Arms: i porti italiani non sono sicuri

Foto dell'autore

Di Redazione Metropolitan

Previsto per sabato a Maiorca l’arrivo della nave della ONG spagnola Proactiva Open Arms. La decisione di fare rotta verso la Spagna nonostante l’ok italiano allo sbarco sta facendo discutere. L’imbarcazione aveva recuperato una donna sopravvissuta a 48 ore in mare e due cadaveri, conseguenza di un naufragio avvenuto lunedì sera al largo della Libia. Il tutto è stato documentato con foto e video dai volontari spagnoli. Salvini non ci crede e fa partire una contro inchiesta, poi ci ripensa.

(Foto dal web)

La decisione di non sbarcare a Catania (porto indicato dal Viminale) “nasce dalla considerazione che l’ipotesi di approdare in un porto italiano, presenta comunque molteplici fattori critici: il primo è costituito dalle parole del Ministro dell’Interno, che ha definito “bugie e insulti” la documentazione da noi offerta attraverso la pubblicazione della tragiche immagini dei migranti esanimi in acqua”.

I cooperanti spagnoli si chiedono inoltre come si possa giustificare la mancata apertura a sbarcare le due salme. Il permesso di sbarco sarebbe infatti stato garantito solo a Josephine, la donna sopravvissuta. Salvini, com’è nel suo stile rilancia: 

“Nonostante la nostra disponibilità di porti siciliani, la nave Ong va in Spagna, con una donna ferita e due morti… non sarà che hanno qualcosa da nascondere?”

Quello che il Ministro dimentica di rendere pubblico è che il permesso di approdo è arrivato solo 24 ore dopo la richiesta e come già detto era rivolto solo alla donna e non ai cadaveri, fatto alquanto strano. Questa vicenda costringe i nostri ministri a parlare di Libia, nonchè dell’affidabilità dei nostri interlocutori libici. Il problema rimane, che al Viminale ci sia Minniti o Salvini. La cooperazione governativa italiana si è concentrata sulla Guardia Costiera Libica, organismo fluido e di difficile definizione. A loro il nuovo governo ha prontamente fornito diverse imbarcazioni, oltre che ingenti fondi. Se da una parte è logico interloquire con la Guardia Costiera del paese di partenza, dall’altra non si può negare che i libici controllano le acque e le coste con metodi che sicuramente non tengono conto del rispetto dei diritti umani. La vicenda di Josephine inizia con un salvataggio della Guardia Costiera Libica.

 “La Guardia Costiera libica ha detto di aver intercettato una barca con 158 persone fornendo assistenza medica e umanitaria – ha scritto il fondatore della Ong Oscar Camps – ma non hanno detto che hanno lasciato due donne e un bambino a bordo e hanno affondato la nave perché non volevano salire sulle motovedette”

Non volevano salire sulla motovedette perchè per loro tornare in Libia sarebbe stato peggio della morte. Al di la di ogni ideologia, si possono considerare i migranti in diversi modi: economici, rifugiati, aventi diritto, clandestini, tutto è lecito. Quello che non è lecito e che al contrario sfiora il ridicolo è negare che il nostro paese si appoggia ad una serie di tribù e di trafficanti (Che si possono chiamare milizie, Guardia Costiera Libica ecc.) per mettere una “toppa” all’immigrazione, facendo il pieno di consensi in patria. Il Ministro della Giustizia Bonafede si dice dubbioso dell’affidabilità della Guardia Costiera di Tripoli:

“Il concetto di fiducia a livello di rapporti diplomatici con l’estero è un concetto che va applicato ai fatti. E cioè rispetto alla Guardia costiera libica il governo italiano fa il suo dovere cioè accertare, quando rientra nelle competenze italiane, che tutto si verifichi nel pieno rispetto dei diritti umani delle persone coinvolte”

Parole pronunciate a caldo con l’opinione pubblica ancora scioccata dalle foto dei corpi in mare. Tutto questo verrà dimenticato entro il prossimo vertice con i libici? L’esperienza dice di si.