Paola Cortellesi è tante parole. Vent’anni di carriera nel mondo dello spettacolo l’hanno resa l’artista a tutto tondo che il pubblico italiano sa riconoscere. Attrice cinematografica e teatrale, comica, presentatrice e persino cantante. Anzi, è proprio con la voce che esordì nel programma televisivo “Indietro tutta!” a soli 13 anni. Qualche anno dopo, concluso il liceo scientifico, iniziò a studiare recitazione al Teatro Blu di Roma e da allora il suo idillio d’amore con la parola pronunciata non si è più fermato.
Le donne della Cortellesi
Ironica nei panni delle altre con le sue celebri imitazioni a “Mai dire Gol“, dove esordì come comica, la ritroviamo a dar del filo da torcere alla Gialappa’s Band. Indimenticabili le sue performance come Stefania Prestigiacomo, Maria Stella Gelmini o ancora una volta Fiorella Mannoia e Carmen Consoli. Anche nel cinema Paola Cortellesi è stata tante donne. Ha interpretato Claudia nel 2004 in “Tu la conosci Claudia?” del trio Aldo, Giovanni e Giacomo. E’ stata Maria Montessori nell’omonimo sceneggiato di Canale 5, guadagnandosi il Maximo Award al Roma Fiction Fest nel 2007.
Sempre nello stesso anno è candidata al David di Donatello come miglior attrice protagonista in “Piano, solo” in cui è Baba Flores. Paola Cortellesi è anche Nora, la psicologa di “Maschi contro femmine” di Fausto Brizzi nel 2010. L’anno seguente, invece, interpreta il difficile ruolo di una vedova costretta a prostituirsi per necessità economiche nel film “Nessuno mi può giudicare” e vince il meritato David di Donatello. La ritroviamo poi in “Sotto una buona stella” di Carlo Verdone, in cui è la protagonista femminile e in “Come un gatto in tangenziale“, nel ruolo di coatta di periferia che le valse il Globo d’Oro nel 2018.
Il monologo per le donne: critica e video
Ma Paola Cortellesi, oltre ad essere stata tante donne, è una donna. Nel 2018 alla cerimonia di premiazione dei David di Donatello apre la serata con un monologo contro la violenza di genere. Scritto da Stefano Bartezzaghi, giornalista e semiologo, il pezzo affronta l’argomento della discriminazione femminile attraverso una serie di parole italiane la cui valenza cambia in base al genere con cui vengono pronunciate. Ed è così che Paola si rende conto che se un “cortigiano” è un uomo che vive a corte, una “cortigiana” è invece una semplice “prostituta”; se un “uomo di strada” è un uomo del popolo, una “donna di strada” continua ad essere una “prostituta”.
L’elenco è lungo, ma l’equivoco lessicale dettato dal genere femminile allude sempre al ruolo più antico del mondo: inutile ripeterlo, quello della “mignotta”, per usare un francesismo. Andando avanti con la lista pare che non vi sia neanche più stupore nell’associare quella connotazione alle varie parole. Ad un certo punto, però, l’attrice si rasserena e pensa: “Per fortuna sono solo parole.”, ma dopo poco istanti si contraddice e riflette: “E se le parole fossero la traduzione dei pensieri?”. Lo sa bene Paola che quelle sillabe non sono aria al vento, che qualche volta anche lei si è sentita discriminare anche solo pensando a quelle parole.
L’attrice si interroga sulla pericolosità del concetto veicolato da quei semplici vocaboli che terminano con la vocale “a”. E’ consapevole che il linguaggio a cui un bambino e una bambina sono educati dalla società, avrà, inequivocabilmente, un riflesso sul loro modo di concepire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato ma, soprattutto, cosa ci si può permettere di dire e di fare senza rimorsi. Anche il linguaggio legittima i comportamenti violenti e, forse, è proprio dalla parole che tutto ha inizio. Paola Cortellesi intrattiene con saggezza. Nel monologo “Sono solo parole” fa sorridere e riflettere, senza dimenticarsi di portare avanti una battaglia che non va mai dimenticata: quella contro l’inconsapevolezza.
Marta Millauro
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