Lasciamo stare la religione. Il contesto ed il protagonista dell’avvenimento storico di ieri, ovviamente, riconducono con forza ai luoghi cristiani dell’esistenza terrena ma in ciò che è accaduto c’è qualcosa che potrebbe unire credenti e non credenti sotto un’unica bandiera. Le storiche immagini di ieri, arrivate da Piazza San Pietro, descrivono terribilmente il momento d’emergenza che il mondo sta affrontando dopo che il Coronavirus, malattia virale che sta spezzando le vite di tante persone, si è presentato con spavalderia sulla soglia delle nostre porte. Così, Papa Francesco è diventato il simbolo di un popolo in quarantena, Piazza San Pietro ha descritto perfettamente il momento attuale del mondo mentre il crocifisso della chiesa di San Marcello si è trasformato nella speranza di porre fine all’influsso del Covid-19. Prima o poi.
La solitudine di Papa Francesco è la stessa che proviamo tutti noi
Un uomo solo nel vuoto di una piazza gigantesca che accoglie, da secoli, tantissime persone. Credenti e non credenti. Perché la bellezza di Piazza San Pietro è mistica e straordinaria per chiunque valichi il mitico colonnato. Ieri pomeriggio, Papa Francesco ha svolto la benedizione “Urbi et Orbi” in totale solitudine. Per utilizzare un linguaggio prettamente sportivo, il Papa ha officiato la funzione a porte chiuse. Nel silenzio rotto soltanto dalla pioggia (capace di rendere ancor più forte il momento), dallo scroscio dell’acqua che, come al solito, sgorga dalle fontane che adornano lo spiazzo ma, soprattutto, dal contrasto doloroso delle campane che, all’unisono, si mescolavano con il lamento delle sirene dei mezzi di soccorso.
In quel preciso istante, il Pontefice ha racchiuso nella sua figura tutte le nostre attuali esistenze: le restrizioni poste dal Governo per contenere il contagio del Coronavirus hanno costretto le persone (giustamente, ndr) a rinchiudersi nel proprio nido. In quasi tutto il mondo. Il Papa ha rinunciato ai suoi fedeli mentre il popolo ha messo in stand-by affetti, adesso distanti, e più generalmente la vita abbandonando, momentaneamente o in modo definitivo, il proprio lavoro. E la vita sociale. I più fortunati, poi, possono definirsi “privilegiati” di non piangere la scomparsa, dovuta al virus, di parenti ed amici. Una magra consolazione che, in questi tempi d’incertezza e solitudine, può spingere verso il prossimo futuro. Intanto, Papa Francesco risulta solo esattamente come tutti noi.
Piazza San Pietro rappresenta il mondo, il crocifisso “miracoloso” la speranza
Piazza San Pietro è famosa per la sua bellezza e per il suo potere istituzionale. Ma non solo: il piazzale, infatti, si è sempre vestito dei colori variopinti dei suoi visitatori beandosi del brusio della folla che, adorante, spulcia ogni suo anfratto. Ebbene, la celeberrima piazza sintetizza perfettamente il momento attuale che vive il mondo intero. La desolazione vista in uno dei luoghi sacri della religione cristiana è la stessa che vive chi, per necessità, si getta nelle strade della propria città. Un sillogismo toccante che, con forza disarmante, riesce a farci capire quanto tutto il mondo viva, attualmente, sulla stessa barca. Citando Papa Francesco. Lontani ma vicini nelle sensazioni.
Torniamo al filo conduttore che ha aperto questo articolo: lasciamo da parte la religione. Perché mai questa precisazione? Semplicemente, l’ultimo punto di questa analogia devastante ci porta a toccare con mano, sempre a distanza, il crocifisso “miracoloso” della chiesa San Marcello di Roma. Ebbene, nella sua solitudine epocale, Papa Francesco si è aggrappato al simbolo cristiano che salvò Roma, o almeno così si narra, dall’epidemia di peste. La fede (o speranza, fate voi) capace di spegnere l’influsso negativo di una malattia. Non è forse il desiderio che alberga in ognuno di noi?
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