Parma dei miracoli: l’undici di Scala che conquistò l’Europa

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Di Redazione Metropolitan

Chi può dimenticare il “Parma dei miracoli”? L’undici di Scala appartiene di diritto all’antologia dello sport italiano, dal momento che fu in grado, tra l’89 e il ’95, di scalare i vertici del calcio nostrano per poi imporsi a livello continentale. Il “giocattolo” ducale nasce, come spesso accade, in perfetta simbiosi con una delle realtà industriali più rappresentative e (apparentemente) solide del territorio. Espressione del Divertissement, o delle mire espansionistiche del presidente Tanzi, la squadra vivrà un’epopea lunga un decennio, interrotta bruscamente dal “crac” dell’azienda Parmalat. Oggi ripercorreremo il primo periodo di splendore di quella squadra propiziato dalla sapiente guida di Nevio Scala.

Parma 1989/90: dove tutto ebbe inizio

Questa storia ha inizio nell’estate del 1989. Il Parma è una piccola società che è riuscita, con il tempo, a stabilzzarsi in Serie B. Tuttavia, dopo diversi campionati conclusi a metà classifica, la società presieduta dal presidente Ceresini vuole provare a compiere il passo verso il grande calcio, ottenendo la promozione in massima serie. Che la proprietà sia ambiziosa lo testimonia il profilo di alcuni degli allenatori chiamati a guidare l’undici crociato in quegli anni: Arrigo Sacchi e Zdenek Zeman sono tra le figure emergenti del nostro calcio.

Entrambi propugnano un’idea di calcio offensivo, cercando di raggiungere il risultato attraverso il gioco. Date queste premesse, può quasi risultare strano che i crociati si affidino a Scala per tentare l’ascesa. Il mister ha quasi centrato la promozione in A con la Reggina, ma professa un’idea di calcio diversa da quella dei colleghi summenzionati. Scala è infatti strenuo difensore del 5-3-2 ed applica ancora la “zona mista”, costringendo la sua squadra a marcare ad uomo negli ultimi metri. Il gioco di Nevio è fatto di contropiedi veloci e ficcanti che sfruttano soprattutto l’ampiezza del campo e gli inserimenti dei centrocampisti in zona gol. Ne dà prova questa rete di Osio al Napoli:

Gol di Osio al Napoli, stagione 1991-92

triangolazione sulla destra, penetrazione del terzino, De Marco, in area e testa della mezzala ad insaccare. Già, proprio Marco Osio. Il centrocampista, nonostante la giovane età (24 anni), costituisce parte dello “zoccolo duro” che Scala si trova ad allenare a Parma, e che annovera, tra gi altri, i difensori Apolloni e Minotti, la giovanissima punta Melli (vero idolo delle folle) e gli esterni, Gambaro e Donati. Tornando a quel campionato cadetto, la stagione del Parma comincia in salita: nelle prime cinque giornate vengono racimolati altrettanti punti, frutto di tre pareggi, una vittoria e una sconfitta. Il primo vero acuto si ha alla sesta giornata, quando il Parma subissa il Cosenza sotto una pioggia di 5 gol. E’ la prima gara in cui si accende l’astro di Alessandro Melli, autore di una tripletta e futuro trascinatore della squadra.

La morte di Ceresini

Quella ducale è però una stagione segnata anche dal dolore: il 4 febbraio si spegne, infatti, il patron Ernesto Ceresini, artefice della risalita in Serie B. La squadra appare incapace di elaborare il lutto, ed incappa, a cavallo tra la fine del girone d’andata e quello di ritorno, in una serie di risultati negativi che rischiano i compromettere il sogno promozione. E’ nei momenti difficili che esce fuori il carattere della grande squadra: i ragazzi di Ceresini sfoderano un finale di stagione magistrale.

Sette vittorie nelle ultime undici gare valgono la promozione in A. E’ il giusto tributo ad un uomo che, in 13 anni di presidenza, non si era mai lesinato per il bene della sua creatura. “Sogno vedere il Parma giocare in serie A” aveva dichiarato Ceresini. La missione era compiuta. A connotare di un sapore ancora più dolce l’impresa sarà il fatto che il Parma raggiungerà il traguardo battendo la Reggiana, in uno dei derby più accesi della nostra geografia calcistica. Mattatori di giornata, manco a dirlo, Osio e Melli (lanciato a rete dallo stesso Osio), portati in trionfo sulle note della marcia trionfale dell'”Aida” verdiana.

Parma-Reggiana 2-0: la gara promozione

Arriva Tanzi: il Parma vola in Coppa Uefa

Il primo anno di serie A del Parma coincide con la fine dell’era Ceresini. Fulvio, figlio di Ernesto, cede le quote di maggioranza a Calisto Tanzi, che diventa dunque proprietario del club, ampliando il proprio impero sportivo. L’imprenditore, infatti, possiede già una scuderia di F1 (la Brabham) e, tramite la succursale “Santal”, una delle squadre di pallavolo più blasonate del Paese: il “Santal” Parma Volley.

Dopo la conclusione di Italia ’90, tutte le squadre del campionato attingono al bacino della manifestazione iridata per rafforzare il proprio organico. Il Parma adopera pochi ritocchi, ma tutti di spessore: approdano alla corte di Scala l’attaccante svedese Brolin, il difensore belga Grun e il portiere brasiliano Taffarel. Il modulo base resta, però, il 5-3-2 con Grun che va a completare il terzetto di centrali insieme ad Apolloni e capitan Minotti, Brolin ad affiancare Melli in attacco.

A centrocampo, Zoratto è il cervello che deve impostare e fare da schermo alla difesa, Cuoghi, altro neoacquisto, infaticabile recupera palloni e Osio il moderno “box-to-box”. Il Parma mostra a tutti il proprio spirito arrembante fin da subito e, dopo una sconfitta di misura contro la Juventus, mette in difficoltà una serie di grandi squadre, battendo Napoli e Roma. La vittoria di maggior prestigio arriva però alla fine del girone d’andata contro il Milan: un 2-0 griffato dalla doppietta di Melli. Il centravanti sfrutta prima un errore di Ancelotti, poi la profondità lasciata dalla retroguardia rossonera.

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Il Parma è terzo alla fine del girone d’andata ma, arrivato a questo punto, sconta uno dei limiti che Scala ha sempre riconosciuto ai suoi: “Non abbiamo mai avuto la continuità per vincere lo scudetto”. E, infatti, è proprio così. Il manrovescio subito a Torino contro la Juventus (5-0) è solo un campanello d’allarme. Seppur vittoriosa contro la Fiorentina, la squadra di Scala perde contro Cagliari e Genoa, abbandonando ogni velleità tricolore. Rimane la “corsa” all’Europa, con quattro squadre (Genoa, Torino, Juventus e, appunto, Parma) racchiuse nello spazio di un punto. Il Parma pareggia 0-0 a San Siro, col Milan, e si qualifica alle coppe, mentre la Juventus ne rimane esclusa.

Il primo trofeo: la Coppa Italia

Antonio Benarrivo e Alberto Di Chiara: sono loro le nuove frecce messe a disposizione dell’arco di Scala per l’annata 91-92. Insieme andranno a costituire una delle coppie di terzini più forte del campionato e, soprattutto per quanto riguarda Benarrivo, vere e proprie “bandiere” della squadra. La stagione è forse tra le più avare di soddisfazioni nl lustro che va dal ’90 al ’95. La squadra finisce settima in campionato (vinto dal Milan di Capello) ed esce al primo turno in Coppa Uefa, contro i bulgari del CSKA Sofia, dimostrando di essere ancora “immatura” per i palcoscenici continentali. Le soddisfazioni maggiori arrivano dalla coppa Italia: dopo aver superato, non senza qualche difficoltà, Palermo e Fiorentina, il Parma ottiene due vittorie convincenti contro il Genoa nei quarti di finale. Sarà ancora una volta Alessandro Melli a trascinare i suoi in semifinale nel doppio confronto con la Sampdoria. Il 2-2 con cui i crociati voleranno in finale sarà tutto merito di una sua doppietta. Prima un gol al volo su perfetto lancio di Brolin, poi una trasformazione dal dischetto consegneranno al Parma la prima finale iridata della sua storia.

L’atto finale sarà una vera e propria “classica” di quegli anni: Parma-Juventus. Gli emiliani sono ben lungi dal diventare la “bestia nera” della copagine sabauda e, nei due anni in Serie A, hanno racimolato tre sconfitte ed un pareggio. Le premesse per una débâcle ci sono tutte, e il senso di cupezza aumenta quando Roberto Baggio si presenta dagli undici metri. Baggio contro Taffarel, un’istantanea che si rivelerà amara per i colori azzurri. Stavolta, però, il divino non sbaglia, e fissa il punteggio del doppio confronto sull’1-0.

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La finale d’andata della coppa Italia 1991-92

Giochi già chiusi? Neanche per sogno. Nella gara di ritorno il Pama offre una grande prestazione corale e, grazie al duo Melli-Osio, ribalta le sorti del doppio confronto.

Parma-Juventus 2-0, gara che consegna la coppa Italia ai gialloblù

L’umile Parma ottiene il primo alloro della propria storia, e può così presentarsi in livrea d’onore sul palcoscenico più ambito di tutti: “Il teatro dei sogni”.

Il “Parma dei miracoli” a Wembley

12 maggio 1993: Parma-Anversa è più di una semplice partita di calcio. E’ un evento liturgico che attira più di 12.000 fedeli gialloblu in adorazione. E non è retorica la nostra se ad ospitare la finale di Coppa delle coppe, la prima a livello continentale per il Parma, è il leggendario stadio di Wembley, che negli anni ha messo in scena alcuni dei match più importanti della storia del calcio, tra cui la finale dei Mondiali del ’66 tra Inghilterra e Germania. Il Parma vi si è guadagnato l’accesso al culmine di una cavalcata durante la quale ha eliminato Ujpest, Boavista, Sparta Praga e Atletico Madrid. Proprio l semifinale contro i colchoneros rappresenta l’apice di quella impresa. Sotto 1-0 all’intervallo a causa del gol di Garcìa, la squadra viene trascinata nella ripresa dalle capriole del suo nuovo asso colombiano: Faustino Asprilla. I gialloblù lo hanno prelevato per pochi miliardi dall’Atletico Nacional, e lui ci ha messo poco a diventare l’idolo di tutto il “Tardini”.

La doppietta di Asprilla che porta in finale il parma

Asprilla appartiene al novero di quei fuoriclasse dotati di genio e sregolatezza: in campo regala magie grazie al suo sinistro fatato, lo stesso con il quale ha punito l’Atletico. Fuori, le cronache raccontano della solita vita piena d’eccessi: intemperanze, turbolenze sentimentali e il maledetto vizio della cocaina. Se è pur vero che ogni grande squadra si riconosce dal collettivo, Asprilla rappresenta la scintilla di talento che riaccende nella memoria le imprese del grupp. “E’ il Parma di Asprilla”, si sarebbe poi detto, o “il Parma di Zola“. Ciononostante, nella finale di Wembley, il Parma deve fare a meno del suo profeta, alle prese col riacutizzarsi di problemi muscolari che lo tormentano da tempo. Poco male, pensa Scala. L’assenza di uno non può pregiudicare anni di lavoro e concetti ormai assimilati. In campo scendono parecchi eroi della promozione in A…

Parma (5-3-2): Ballotta; Benarrivo, Grun, Minotti, Apolloni, Di Chiara; Osio, Zoratto, Cuoghi; Brolin, Melli. Allenatore: Scala

e si consegnano definitivamente alla storia.

Il racconto del match

In campo non c’è partita: l’Anversa è avversario troppo debole per opporre resistenza e ha nei lanci lunghi di Lenhoff l’unica arma per offendere. I ducali fanno invece leva, oltre che sulle geometrie di Osio, sulle progressioni inarrestabili dei due laterali, Benarrivo e Di Chiara, che si spartiscono, uno per tempo, la palma dei migliori in campo. Il Parma passa all’ottavo minuto con Minotti: angolo dalla destra di Osio, Stojanovic esce a vuoto e il capitano insacca all’incrocio con un sinistro acrobatico. La gara sembra in discesa, ma tre minuti dopo Zoratto si fa sorprendere dal pressing avversario, Czerniatynski gli ruba palla e serve Severeyns che insacca Ballotta in diagonale: è il pareggio.

La “mazzata” destabilizza il Parma che, per almeno dieci minuti, subisce l’niziativa avversaria. E’ solo un “fuoco di paglia”. Al 29′ i gialloblù si riportano avanti. A segnare, stavolta, è Melli che anticipa di testa Stojanovic, ancora una volta non perfetto in uscita, raccogliendo un invito del solito Osio dalla destra. Nella ripresa, Melli si “divora” limpossibile: prima spara al lato un diagonale al termine di una progressione che lo aveva visto entrare in area dalla destra, poi spreca due ottimi assist di Zoratto e Cuoghi. Poco male: il Parma riesce comunque a limitare i danni e, a sette minuti dalla fine, trova il punto esclamativo alla sua vittoria grazie a Cuoghi che, colpevole la retroguardia belga, si trova a tu per tu con Stoanovic e lo infila di destro su un ancio lungo di Grun. Finisce 3-1, il Parma sale sul tetto d’Europa per la gioia non solo di una città, ma di una Nazione intera.

E’ il trionfo di Minotti, giovane veterano, che si è legato sentimentalmente al club sin dalla serie C. La vittoria della gente, come rimarcherà lo stesso Scala al termine della partita:

Credo che lo spettacolo di stasera lascerà in noi un segno indelebile. Spero che chi ci ha accompagnato, sostenendo sacrifici economici e di tempo, si sia divertito e porti con sè questo ricordo”.

Le ultime gemme: la Supercoppa Europea e la Coppa Uefa

Sull’onda lunga dell’ebbrezza provocata dalla vittoria in coppa delle coppe, Tanzi continua a mettere mano al portafogli e regala ai tifosi l’estro di un “folletto”, sardo di nascita, ma napoletano d’adozione: Gianfranco Zola. Insieme a lui, sempre via Napoli, si aggiunge al gruppo l’esperto Massimo Crippa, mentre il mercato autunnale porta in gialloblù il rocciosop argentino Nestor Sensini che diventerà in breve una delle colonne della retroguardia parmense. Saranno proprio Crippa e Sensini a griffare il secondo successo continentale del Parma: la supercoppa europea vinta in doppia sfida contro il Milan. L’andata si disputa al “Tardini” e se la aggiudica il Milan grazie a un colpo di testa vincente di Papin su cross di Boban. Nella sfida di ritorno, come accaduto in coppa Italia due anni prima, tutto si ribalta. Una punizione di zola sbatte sulla traversa, Benarrivo gira di testa la respinta al centro e Sensini è il più lesto di tutti a realizzare. Nei supplementari sarà un gol di Crippa, ancora una volta servito da Benarrivo, a mettere in ginocchio il “Diavolo”.

La stagione, per il resto, si chiude con un quarto posto in campionato dopo che, a metà girone d’andata, la squadra si trovava appaiata in testa con il Milan.

La doppia finale contro la Juventus

Prima che l’idillio tra Scala e il Parma si rompa, c’è tempo per un ultimo capolavoro: la coppa Uefa 1994/1995. Terra di conquista dellle italiane, la kermesse vede Zola e Dino Baggio assoluti protagonisti. Entrambi contribuiscono, con cinque reti a testa, alla cavalcata trionfale con cui il Parma si sbarazzerà di ogni avversario che si troverà dinnanzi. Vitesse, Aik, Atletico Bilbao, Odense e Bayer Leverusen, queste le vittime sacrificali sino alla finale. L’omonimo del “divin codino” salirà in cattedra proprio contro la Juventus, in uno dei derby di coppa più sentiti degli ultimi anni. Un pallonetto morbido ad anticipare l’uscita di Rampulla, su preciso lancio di Zola, sarà sufficiente per decidere la sfida d’andata. Il “fortino” del Parma riuscirà poi a resistere grazie alle prodezze di Bucci e all’imprecisione degli uomini di punta bianconeri.

Le vittorie del Parma si confermeranno ancora una volta piuttosto sofferte: Vialli scaglia un sinistro potente sotto la traversa e sembra dare una dura sferzata ai sogni di gloria degli emiliani. Torricelli, lanciato in contropiede da Baggio (Roberto), quasi non affonda la corazzata di Scala, ma Bucci riesce a tenere a galla i suoi. Quando le zebre sembrano poter sferrare il colpo decisivo, vengono atterrate dall’ariete Dino che spinge di testa, nella rete sguarnita, un cross dalla destra di Mussi. 1-1 che significa vittoria. Una vittoria che, come affermerà Scala, “ripagherà la squadra di tante amarezze”. E qualche “sassolino” se lo toglie anche Dino Baggio, mezzala talentuosa, cui Trapattoni non seppe dare la giusta fiducia. I flash del “Delle Alpi” sono tutti per l’ex dal “dente avvelenato” che alza al cielo la coppa con un sorriso contratto dalla fatica, ma liberatorio.

La finale di ritorno della coppa Uefa

La fine di un “ciclo” e il rimpianto scudetto

La coppa Uefa del 1995 è l’ultimo capitolo di una storia d’amore che si interrompe la stagione successiva. Il Parma comincia a perdere il proprio carattere “provinciale” e si fa sedurre dalle stelle del mercato estero. Uno di questi è Histro Stoichkov, pallone d’oro del 1994 e assoluto protagonista con la maglia del Barcellona. Scala ha sempre aviuto un rapporto conflittuale con le “primedonne” tanto da affermare una volta:

Divi in squadra non ne ho e, se gli avessi, li pregherei di mettersi al servizio della comunità

Stoichkov è proprio questo: un immenso talento, ma egocentrico e dal carattere bilioso. Cruijff, suo allenatore al Barcellona, ne ammira il talento, ma ne lamenta una certa indisciplina tattica. Il suo acquisto, poi, risponde più alle esigenze di marketing del presidente Tanzi che a quelle tattiche di Scala. Stoichckov è un volto abbastanza noto ed amato per promuovere la Parmalat negli USA, dove ha rubato la scena durante i Mondiali del ’94, ma è di difficile collocazione tattica in una squadra che ha sempre ggiocato col 5-3-2. Per assecondare il campione bulgaro, che è costato 12 miliardi, Scala stravolge il suo credo tattico e schiera il Parma col 4-3-3.

Ma Stoichckov non si integrerà mai, né con Asprilla né con Zola. Chiuderà la stagione con sette reti all’attivo e una scintilla mai scoccata, né col nostro calcio né con lo stesso Scala. Il Parma finirà sesto in campionato, eliminato sia dalla coppa Italia che dalla coppa delle coppe. E’ la fine di un ciclo. Tanzi esonera Scala, e pesca dalla Reggiana un tecnico emergente che farà storia: Carlo Ancelotti. Scala chiuderà con un bilancio di 322 gare giocate, 147 vittorie, 96 pareggi e 79 sconfitte, quattro i trofei.

La carriera di Scala proseguirà, con minori fortune, tra Perugia, Borussia Dortmnd (con cui vincerà un’intercontinentale), ed esperienze in Turchia e Russia. La sua esperienza in Emilia, tra le più prolifiche del nostro calcio, si chiuderà col rimpianto di non aver mai regalato uno scudetto a Parma.

Le vittorie di Malesani e il fallimento della Parmalat

Il Parma continuerà a conoscere gloria anche dopo l’addio del suo mentore. Alberto Malesani, succeduto ad Ancelotti nella guida della squadra, la condurrà alla conquista di una coppa Italia e una coppa Uefa (entrambe nel ’99). Nuovi campioni calcheranno l’erba del “Tardini”: Buffon, Thuram, Cannavaro formeranno il blocco difensivo più forte del mondo. Sono gli ultimi lasciti di una squadra leggensìdaria che conoscerà il suo triste epilogo nelle aule giudiziarie.Il 19 dicembre 2003 il castello di carta costruito da Tanzi crollerà sotto il peso della bancarotta fraudolenta, ponendo fine ad una multinazionale da 560 milioni di fatturato.