“La partita del secolo”, parla Valcareggi: “Fu bellissima, mio padre non viene mai citato…”

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Di Redazione Metropolitan

17 giugno 1970. L’Italia di Ferruccio Valcareggi batteva 4-3, nella semifinale, la forte Germania accedendo alla finalissima del Mondiale che si disputava in Messico. La partita divenne leggenda: gli azzurri riuscirono ad aver la meglio sull’avversario dopo una girandola di emozioni pazzesche. Le reti di Boninsegna, Burgnich, Riva e Rivera regalarono alla Nazionale l’accesso all’atto finale della competizione. La gara fu ribattezzata “La partita del secolo“.

Nonostante la grande impresa, l’Italia capitanata da Giacinto Facchetti alzò bandiera bianca dinnanzi al Brasile: Città del Messico, teatro della gioia straordinaria, divenne la piazza della cocente delusione azzurra. I carioca di Pelé, infatti, s’imposero con un netto 4-1 che cancellò il sogno iridato. A cinquant’anni dalla fantasmagorica semifinale contro i teutonici, abbiamo raggiunto telefonicamente Furio Valcareggi, figlio del CT campione d’Europa con la Nazionale nel 1968 e vicecampione del mondo proprio nel 1970.

"La partita del secolo" Italia-Germania 4-3

“La partita del secolo”, Valcareggi: “Fu un miracolo, il mio babbo è il secondo CT più vincente della storia…”

Ecco le parole di Furio Valcareggi, il figlio di Ferruccio che era presente allo stadio nel giorno che consegnò “La partita del secolo” alla storia del calcio. Italia-Germania 4-3 vista dagli occhi di chi c’era:

Ci può raccontate, innanzitutto, le emozioni che ha provato allo stadio?

“Fu una partita bellissima! Nei primi novanta minuti loro furono più bravi di noi, ma nei supplementari successe il miracolo: diventammo imbattibili. Fu emozionate, peccato per quel pareggio all’ultimo minuto: a quei tempi non c’era il recupero e loro segnarono davvero sul gong dei tempi regolamentari. Poi fu una girandola d’emozioni: loro passorono in vantaggio e noi li agguantammo con Burgnich, terzino destro che non era abituato ad offendere che trafisse il portiere avversario col sinistro. Fu di buon auspicio. Alla fine si vince e fu bellissimo: grande gioia, grande festa dopo la partita. Abbiamo scherzato tanto, poi si cominciò a pensare subito alla finalissima. Eravamo contenti: in Italia festeggiarono tutta la notte”.

La partita contro il Brasile spense il sogno…

“Sul risultato di 1-1 sbagliammo un goal con Domenighini ed un altro con Boninsegna che avrebbe dovuto passare il pallone a Riva. Si era capito che chi sarebbe andato nuovamente in vantaggio, si sarebbe portato a casa la coppa. La partita non fu bellissima, loro davanti avevano cinque numeri dieci, tutti campioni veri. Però tenemmo testa al Brasile, poi ci fu il crollo. Vincemmo una medaglia d’argento che inizialmente nessuno apprezzò, arrivammo con insulti e sputi: tutto volevano picchiare il mio babbo. Fortunatamente, il giorno dopo ci fu il ravvedimento. Mio padre fu criticato eccessivamente per quell’epilogo. Per lui Rivera era una riserva, punto e basta e fece la riserva. D’altronde, Mazzola stava cento volte meglio di lui! A quei tempi c’erano due cambi più il portiere e avevamo Rosato e Bertini che chiedevano il cambio e mio padre ritardò quella sostituzione. Questa è la verità: noi abbiamo la coscienza pulita. Mio padre, anche se non lo citano mai, dopo Pozzo è il CT più vincente. Lui vinse un oro ed un argento: tutti gli altri, togliendo Pozzo, solo un oro”.

ANDREA MARI E PAOLO TROTTA

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