Patrick Michael Rafter, per tutti “Pat”, fa parte di quella cerchia di tennisti che sono entrati a far parte del cuore degli appassionati non tanto per i trofei vinti in carriera quanto per le emozioni che sapevano regalare in campo. L’ex tennista australiano infatti può vantare “solamente” due titoli a livello Slam (US Open 1997 e 1998) e altrettante finali (Wimbledon 2000 e 2001). Inoltre ha conquistato la vetta del ranking mondiale soltanto per una settimana, il dominio più breve della storia del tennis.
Tuttavia possedeva un tennis talmente vario e spettacolare che ha fatto letteralmente innamorare i tifosi di tutto il mondo. Contraddistinto da un gioco sempre votato all’attacco che si basava soprattutto sul serve-and-volley, Pat Rafter è stato uno degli ultimi interpreti di una tipologia di tennis che oggi è praticamente scomparso. Nel giorno del suo 48esimo compleanno, andiamo a rivivere i momenti più emozionanti della sua carriera.
Le prime soddisfazioni a livello Slam
La prima gioia per Pat Rafter in un torneo del Grande Slam arriva paradossalmente sulla terra battuta, la superficie più indigesta per l’australiano. Perde infatti nella semifinale del Roland Garros del 1997 contro lo spagnolo Sergi Bruguera. Nello stesso anno però arriva il primo sigillo in uno Slam. L’australiano infatti batte il tennista britannico Greg Rusedski nella finale dello US Open. L’anno successivo Rafter si ripete a Flushing Meadows. Il campione aussie estromette nell’atto conclusivo il connazionale Mark Philipoussis. Pat, prima di New York, aveva compiuto un’altra grandissima impresa andando a conquistare consecutivamente i tornei Master Series di Toronto e Cincinnati.
Anche il 1999 è un anno molto importante. Rafter infatti raggiungerà la finale del torneo di Roma nonchè la prima posizione della classifica mondiale, prima di cederla però solamente dopo sette giorni. La sua Australia vince inoltre la Coppa Davis. Sfortunatamente però Pat non partecipa alla finale a causa di un infortunio alla spalla che, tra le altre cose, gli costa anche un doloroso primo turno allo US Open e quindi la perdita di varie posizioni all’interno del ranking.
Le emozioni di Wimbledon
L’esperienza di Wimbledon tra il 2000 e il 2001 possiede diversi significati per Pat Rafter. Da un lato sono infatti i due momenti della carriera in cui il giocatore australiano tocca il massimo picco del suo gioco, dall’altro chiaramente la delusione per due finali perse e che potevano essere alla portata. In entrambi i casi Pat arriva all’ultimo atto dopo aver battuto in semifinale il “kid di Las Vegas” Andre Agassi. Nella prima occasione perde al quarto set contro l’americano Pete Sampras, forse anche stanco dopo i cinque set del giorno prima. Nella seconda viene battuto in un match epico, disputatosi di lunedì, dal croato Goran Ivanisevic, entrato in tabellone solamente con una wild card a causa dei suoi infortuni. Il match è tiratissimo e ricco di colpi di scena e momenti di tensione ma alla fine l’australiano è costretto a cedere al quinto set con il punteggio di 9-7.
Pat Rafter dopo il ritiro
Pat Rafter si ritira proprio al termine della stagione 2001, nel pieno della maturità tennisitica e quando ancora avrebbe potuto essere protagonista all’interno del circuito. Nel 2002 riceve il premio “Australiano dell’anno”. Estremamente corretto sul campo da gioco e benvoluto da tutti i colleghi, Rafter si dedica moltissimo ad iniziative di beneficienza. Già da giocatore, dopo le sue due finali a Wimbledon, aveva donato la metà del montepremi alla Starlight Children’s Foundation. Dopo aver appeso la racchetta al chiodo, l’australiano ha creato la propria associazione a sostegno dei bambini più bisognosi: Cherish The Children. Dall’ottobre del 2010 al gennaio del 2015 inoltre è stato designato capitano di Coppa Davis, non ottenendo tuttavia i grandissimi risultati raggiunti quando era giocatore.
Enrico Ricciulli