Qualche giorno fa ho trovato in internet la leggenda secondo cui i gatti soffierebbero per imitare i serpenti e spaventare i predatori.

Una spiegazione interessante ma e` veramente plausibile?

Il mondo vivente e` costellato di “segnali universali” che anche specie molto distanti tra loro sono immediatamente in grado di cogliere.

Il colore giallo, rosso e blu intenso accostati con il nero, ad esempio, sono universalmente riconosciuti come segnale di “pericolo”. Come e quando esattamente si siano evolute le livree degli animali velenosi non ci e` ovviamente dato saperlo ma l’ aposematismo (cosi` si chiama) e` un fenomeno ben noto.

E` noto anche che altre specie che vivono nello stesso ambiente possono evolvere livree di colori simili a quelli di specie velenose per “imbrogliare” i predatori e convincerli di essere velenose a loro volta. Questo e` un tipo particolare di mimetismo detto “mimetismo batesiano” (dal nome del naturalista Henry Walter Bates che per primo lo descrisse).

Una rana innocua simula la colorazione aposematica di una specie velenosa per divendersi dai predatori. Foto di Jason Brown

Il principio di base e` simile ad altre forme di mimetismo ovvero “sembrare qualcos’altro di diverso da quello che si e`”; nel caso del mimetismo criptico (quello della mantide religiosa per capirci) il principio e` “sembrare una foglia invece che una mantide religiosa”.

Tutti i casi di mimetismo batesiano usano “segnali universali” ma non tutti i “segnali universali” sono necessariamente esempi di mimetismo batesiano. A volte si tratta di evoluzione convergente, piu` spesso invece la spiegazione va ricercata nella conservazione dei meccanismi in gruppi di specie imparentate tra loro.

Caratteri come l’aposematismo, danno un vantaggio (ovvero passano il vaglio della selezione naturale) solo se sono compresi da una buona parte della popolazione. In questo caso e` necessario che esistano individui in grado di riconoscere istintivamente un manto di un certo colore come pericoloso, solo cosi` la sopravvivenza di quelli che possiedono il carattere “riconoscere il pericolo dal colore”, e quindi non infastidiscono l’animale velenoso, puo` essere collegata con la selezione del carattere aposematico.

Anche per il mimetismo batesiano vale un meccanismo simile; inoltre, una volta che diventa comune (ovvero se si mimetizzano tutti) perde la sua efficacia e smette di funzionare. Se tutti gli animali fossero a righe gialle e nere, ad esempio, essere a righe gialle e nere non sarebbe piu` scambiato efficientemente come un segnale di pericolo!

Esistono anche caratteri che hanno un significato di “segnali universali” di pericolo senza essere necessariamente casi di mimetismo.

Nel caso del soffiare del gatto, questo non soffia nel tentativo di “imitare un serpente” ma sta comunicando ad altri animali (compresi noi) il suo essere pronto ad attaccare per difendersi, se necessario.

Un gatto soffia e gonfia il pelo per segnalare il suo essere pronto a combattere. Foto di sconosciuto.

Anche il comportamento e` un carattere ereditabile, proprio come il colore del manto, e, proprio come qualsiasi altro carattere ereditabile, puo` venire trasmesso alle successive generazioni.

L’abilita` di minacciare un possibile “nemico” fino a farlo desistere dalla sua intenzione di farci del male non e` un carattere inutile; anche se per la teoria classica dell’evoluzione un simile carattere sembrerebbe destinato ad estinguersi, e` stato dimostrato che l’esistenza (e anche la fissazione) di questo tipo di caratteri non solo e` possibile ma anche favorito in un contesto di “strategie miste”. Combattere e` rischioso, c’e` la possibilita` di farsi seriamente male; uno scontro indiretto (che puo` essere un soffio, un ringhio, il sollevare il pelo o le piume ecc.) riduce l’evenienza di uno scontro fisico e di conseguenza i rischi di una collutazione. Ovviamente, nel caso in cui il “nemico” non intenda desistere si avra` la cosiddetta “escalation” fino ad arrivare, in caso, allo scontro diretto.

I caratteri come questo comportamento dei nostri amici felini, si dicono strategie miste e la loro evoluzione e` descritta dal famoso gioco “Chicken” (un gioco in cui i due contendenti devono guidare le loro auto l’uno contro l’altro fino a che uno dei due contendenti si dichiara sconfitto sterzando oppure le due auto collidono) modellizzato dalla “teoria dei giochi”.

Due auto mettono in scena il gioco “Chicken” ad una mostra di auto d’epoca.
Foto di Damian Gadal

Oltre ai gatti infatti, soffiano anche i conigli quando vengono messi all’angolo (subito prima di mordere la mano – il me stesso di 9 anni ne sa qualcosa); soffiano le cinciallegre per tenere alla larga i predatori dal nido e i serpenti quando affrontati (i serpenti non sono animali abbastanza veloci per scappare, se attaccati necessariamente diventano aggressivi). Praticamente tutti questi animali soffiano per difesa. I gatti poi, come i ratti, soffiano quando si confrontano con altri individui della stessa specie, generalmente per una lite tra maschi per il territorio.

Guidati dal solo principio di parsimonia (il cosiddetto Rasoio di Occam) dobbiamo accettare che si tratti con tutta probabilita` di un comportamento ancestrale conservato in molti animali; un suono che dice agli altri animali: “stai alla larga perche` sono pronto ad attaccare!”.

Un indizio aggiuntivo che il suono del “soffio” sia un segnale particolare nel cervello dei vertebrati e` che alcuni insetti (come i bombi) lo emettono “artificialmente” per scoraggiare i predatori.

Bibliografia

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