Il 12 ottobre il Marocco ha annunciato che fino al 31 dicembre 2024 sarà necessaria un’autorizzazione del governo per esportare l’olio d’oliva prodotto nel paese. Con questo provvedimento, spiega Le Monde, Rabat si propone di “stabilizzare i prezzi al consumo”.
L’olio d’oliva ha registrato forti rincari a causa del crollo della produzione: nell’ultimo anno il prezzo di una tonnellata d’olio d’oliva vergine è passato da 70mila a più di 85mila dirham (circa 7.765 euro); l’olio extravergine vale circa centomila dirham alla tonnellata, rispetto agli 85mila del 2022. Non sono estranei alle difficoltà del Marocco, uno dei dieci principali produttori mondiali, gli effetti della crisi climatica: le estati più calde del solito e gli inverni non abbastanza freddi rallentano la crescita delle piante e riducono i raccolti.
Nella zona di Meknes, dove si concentrano gli uliveti più estesi, a settembre le temperature hanno spesso raggiunto i 35 gradi, mentre le precipitazioni sono diminuite. Secondo gli esperti del settore, quest’anno la produzione marocchina d’olio d’oliva diminuirà di un terzo, passando dalle 120mila tonnellate del 2022 a ottantamila.
L’olio d’oliva non è l’unico prodotto agricolo marocchino di cui sono limitate le esportazioni. A febbraio sono state sospese temporaneamente le vendite di pomodori, cipolle e patate verso l’Africa occidentale. L’obiettivo è sempre quello di contrastare l’impennata dei prezzi. Ma la misura non ha prodotto effetti soddisfacenti, sottolinea Le Monde: a Casablanca un chilo di pomodori costa fino a 12 dirham, quasi tre volte di più del normale. Alla fine agosto il governo ha stimato l’aumento medio del prezzo dei prodotti alimentari in Marocco al 10,4 per cento rispetto allo stesso mese del 2022. I coltivatori sostengono che non dovrebbe andare meglio con il blocco delle esportazioni di olio, visto tra l’altro che la situazione è critica non solo in Marocco.
Anche in Spagna e in Italia, i leader mondiali del settore, il caldo estremo ha colpito i raccolti: il 12 ottobre un chilo di olio extravergine costava nove euro alla borsa spagnola di Jaén, mentre un anno fa valeva meno di sei euro.
«La ragione principale dell’aumento dei prezzi dell’olio extra vergine d’oliva è stata la siccità che, nel 2022, ha imperversato in tutte le aree olivicole mondiali e in particolare nel bacino olivicolo mediterraneo, facendo crollare la produzione – spiega Rocchi –. L’anno scorso in Italia le condizioni per un’annata molto sfavorevole, con un calo della produzione di olive del 30%, sono state il caldo anomalo, che a maggio ha compromesso la fioritura e l’allegagione, e il deficit idrico, che da luglio in poi ha danneggiato l’accrescimento delle olive. In Spagna la siccità e le ondate di calore hanno determinato nell’annata 2022-2023, secondo il ministero dell’Agricoltura, un calo di produzione di olio d’oliva del 55%: 660.000 tonnellate rispetto a 1,48 milioni di tonnellate nell’annata 2021-2022».
Se Spagna e Italia – rispettivamente primo e secondo produttore mondiale – non brillano, gli altri principali concorrenti mediterranei non stanno meglio. «Raccolti sotto la media sono attesi anche in Tunisia e in Turchia», ricorda Granieri. E questo ancora una volta non aiuta a portare i prezzi verso il basso. La recente scelta di Ankara di bloccare le esportazioni di olio per garantire il mercato interno, semmai, non farà che contribuire ulteriormente alla corsa delle quotazioni sui mercati del resto del mondo.
Per il carrello della spesa, dunque, nessuna prospettiva rosea: «Per la prima volta, da trent’anni a questa parte, l’olio smetterà di essere una commodity e diventerà un prodotto premium – sostiene Granieri – quanto ai rincari, se guardiamo solo alle bottiglie di fascia alta, l’incidenza dell’aumento è del 20%, mentre sui prodotti primo prezzo l’incidenza è di oltre il 130%».
L’olio d’oliva e la tendenza al rialzo confermata fino a novembre 2024
E questa tendenza è destinata ad essere confermata, sostiene Rocchi, perché anche la campagna olivicolo-olearia 2023-2024 non si preannuncia molto felice, con cali di produzione sia in Spagna (sotto il 50% del proprio potenziale), sia in Turchia (diventato lo scorso anno secondo paese produttore al mondo), sia in Italia e altrove. Questo significa che un olio extra vergine d’oliva di media qualità nei supermercati potrebbe arrivare a costare anche 8-9 euro al litro.
«I prezzi potrebbero abbassarsi da novembre 2024, se ci sarà l’anno prossimo una campagna decisamente migliore. Solo a quel punto il prezzo dell’olio d’oliva in generale, e quello dell’olio extra vergine d’oliva in particolare, potrebbero scendere al livello di due-tre anni fa».