Piatek di nuovo in Serie A? In casa Fiorentina non sono ancora maturi gli effetti del cambio in panchina delle scorse settimane. I viola sono in quart’ultima posizione, per via di scarsi risultati e di un atteggiamento poco aggressivo, quasi passivo, che si riflette anche in zona gol: il terz’ultimo attacco in campionato, a secco da circa 400 minuti. Obbligatorio cambiare rotta, in attesa di un gennaio che si preannuncia caldo in chiave mercato. Pradé sa già su chi mirare, Krzysztof Piatek è la pista più calda per il ruolo di prima punta.
Un piglio diverso per il tour de force
Qualche raro sprazzo e niente più. La Fiorentina di San Siro pare grigia e pavida, impantanata nei suoi limiti caratteriali e nel blackout perpetuo di alcune colonne portanti della rosa. Difficile nutrire pensieri positivi a quasi una settimana da una gara messa in cassaforte dal Milan dopo neanche mezz’ora. Vorrebbe dire non avere contatto con la realtà. I viola, nel primo tempo accennano un palleggio, intrigante, nella metà campo rossonera, ma è soltanto un impercettibile raggio di sole nella tempesta scatenata dal Diavolo. Ciò per via anche delle gentili concessioni di una Fiorentina impaurita e non proprio esempio di aggressività.
Il lavoro che spetta a Prandelli è però agli inizi e dunque non si possono affibbiare al mister più di tante responsabilità. Starà a lui dimostrarsi più realistico possibile con un gruppo forse non ancora conscio dell’essere a stretto contatto con l’inferno della zona retrocessione. Di certo le aspettative non erano queste. Il cambio societario pareva la soluzione più indicata per inserire la Fiorentina in contesti di classifica più succulenti, rispetto all’ultimo opaco periodo del regno dei Della Valle. Ad oggi, invece, siamo punto e a capo, o forse anche peggio.
Mai vista, nella Serie A dei tre punti, una partenza così negativa dei gigliati: 8 punti in classifica (quattro in meno della scorsa stagione) e una quart’ultima posizione che non può indurre a sonni tranquilli. A maggior ragione alla luce di un calendario di dicembre decisamente ostico. Al Franchi, lunedì si presenterà il Genoa e chissà se il punteggio si discosterà dal tris di 0-0 delle ultime sfide a Firenze, in quello che è ormai da qualche anno uno scontro diretto per la salvezza. Dopodiché tappa a Bergamo, due gare in casa con Sassuolo ed Hellas, e gran finale con Juventus-Fiorentina. Non proprio il più rilassante degli orizzonti.
I problemi della Fiorentina, tra errori individuali e attaccanti
La Fiorentina ha bisogno di rimettersi in carreggiata. Per farlo servirà un altro tipo di atteggiamento. E’ consuetudine vedere nelle uscite dei viola, una squadra che in alcuni frangenti del match sparisce e si autoesclude dal contesto partita. Le troppe imprecisioni sono il sintomo di un lassismo e di una sufficienza destinata a condurre verso epiloghi poco entusiasmanti. Anche perché, per quanto riguarda il reparto difensivo, i numeri sono piuttosto clementi.
I viola hanno infatti subito 15 gol, uno in meno di Lazio e Atalanta. A Milano sono perlopiù pesati sul risultato gli errori individuali: come i mancati temporeggiamenti di Pezzella e Caceres nei due rigori concessi al Milan e la scarsa attenzione di Pulgar in occasione del gol di Romagnoli. Il cileno pare poi faticare a dettare i tempi della manovra nelle transizioni offensive, così come Amrabat sembra quasi ammorbidito da una Fiorentina versione light, lontana dall’intensità cardine dell’idea di calcio appresa agli ordini di Ivan Juric.
Non è un bel periodo neanche per Gaetano Castrovilli. A San Siro prova ad accendersi, ma è poco convinto e si adegua al clima di superficialità che lo circonda. Tra gli assenti ingiustificati possiamo inserire tutto il reparto offensivo viola, praticamente inesistente in questo primo scorcio di campionato. Alla Fiorentina serve un miracolo per impensierire sul serio i portieri avversari. Le statistiche sono impietose e vedono i viola all’ultimo posto per quanto riguarda i tiri in porta e, con 10 gol in 9 partite, sono il terzo peggior attacco del campionato. Numeri che descrivono alla perfezione una squadra che non trova il gol da 399 minuti. Niente a confronto del ben più preoccupante dato sulle marcature degli attaccanti viola, fuori dal tabellino da ben 558′.

Può essere Piatek la soluzione al mal di gol?
Il reparto offensivo è dunque in un momento di totale smarrimento pure per chi, contando sull’enorme esperienza, dovrebbe caricarsi sulle spalle i viola e condurli fuori dall’impasse che li vede protagonisti. Deludenti le prestazioni di Franck Ribery, apparso quasi svogliato e dubbioso del progetto a cui nell’estate 2019 aveva aderito con entusiasmo. Il francese si muove da tuttofare nell’attacco della Fiorentina, senza però incidere come ci si aspettava. Lontano dai suoi migliori standard e soprattutto dal gol, di cui l’ultimo datato 27 giugno. Fuori forma così come Callejon, sostituito all’intervallo a San Siro dopo una prima frazione da uomo invisibile. L’unico, comunque tra gli attaccanti viola a segnare in carriera al Genoa (Genoa-Napoli 1-2, 31 agosto 2014).
Non c’è da andare fieri neanche della coppia formata proprio da un ex Grifone, Kouamé (9 reti in rossoblu) e Dusan Vlahovic. I due giovani rappresentano forse le vere delusioni di questo inizio di stagione. La somma dei loro bottini, per così dire, ci svela un feeling mai scoppiato con le porte avversarie: 2 gol, tra l’altro entrambi coincidenti con delle sconfitte. Ai viola serve dunque una punta che garantisca continuità per muovere una classifica, fino a questo momento apatica.
L’obiettivo principale per gennaio è un altro che ha fatto vedere grandi cose nel Genoa e che oggi ha voglia di ritornare in Italia: l’identikit porta a Krzystof Piatek, in forza all’Herta Berlino ed autore di una sola rete in questa stagione. A leggere le statistiche pare si stia parlando di un doppione, ma dalla sua c’è comunque la maggiore esperienza ed una media comunque non indifferente di 26 reti in 55 partite in Serie A. I viola avevano cercato Piatek già in estate, ma molto probabilmente il suo nome tornerà attualità in occasione nel vertice di mercato tra la dirigenza e Cesare Prandelli.
Matteo Curreri
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