Poison City è giunto in Italia dopo cinque anni dalla pubblicazione in terra natia, avvenuta nel 2014. E non si poteva che essere felici; anche perché l’opera tratta temi che oggigiorno, in Italia come in altre parti del mondo occidentale, sono particolarmente sentiti.
Poison City, ambientato nel Giappone del 2020, si rifà a Fahrenheit 451 di Ray Bradbury, ma lo ambienta con efficacia nei giorni nostri, muovendo una raffinata critica ai meccanismi di censura che si ammantano di moralità e scopi più alti e lungimiranti rispetto a coloro che non sono “illuminati”.
Tetsuya Tsutsui non è nuovo ad affrontare temi spinosi e critici riguardanti la società. Lo abbiamo visto con le sue opere, da La caccia a Manhole, e con Poison City lo confermiamo con ancora più tenacia. Il tema della censura dettata da un malsano politically correct poi è un qualcosa che ha colpito in prima persona l’autore, come avremo modo di vedere. Le vicende personali e le paure che la creatività e la libera espressione vengano meno, poi, ci faranno riflettere sul mondo in cui viviamo.
Poison City: Tetsuya Tsutsui “bruciato” dalla censura
In un’intervista rilasciata a Fumettologica poche settimane fa, Tetsuya Tsutsui ci parla del suo rapporto con la censura e di una vicenda personale:
“Ho avuto questo tipo di problemi una sola volta, quando la mia opera Manhole è stata ritirata dal mercato nella prefettura di Nagasaki. Quando l’ho scoperto mi sono arrabbiato molto, mi è sembrata una decisione ingiusta. Sicuramente, questa esperienza mi ha influenzato nella creazione di Poison City”.
Tetsuya Tsutsui su Poison City per Fumettologica
Lo stesso autore fa notare come negli ultimi anni poi la stretta censoria nei confronti dei manga, soprattutto se di genere hentai, sia aumentata in Giappone.
L’incipit di Poison City
In Poison City noi conosciamo Mikio Hibino, giovane e promettente mangaka, alle prese con il debutto della sua storia su una famosa rivista. Ha passato molto tempo piegato sulle tavole e il lavoro, e non ha prestato troppa attenzione a ciò che gli accadeva intorno, anche se forse semplicemente non voleva vedere i segnali.

Dal suo essere naif lo risveglia un po’ l’atteggiamento del suo redattore di riferimento, il quale rammaricato gli dice che la storia è molto bella, ma che per evitare problemi durante la pubblicazione sarebbe meglio edulcorare certe cose. Prima si inizia con il sangue, con la sagoma di cadaveri… e poi addirittura si giunge alla sigaretta fumata dal protagonista. Il risveglio totale poi Hibino lo ha quando gli viene chiesto di mostrare un documento di identità per l’acquisto di un DVD, non perché lui sia minorenne, ma perché quel prodotto è considerato “nocivo”.
Poison City e la “Legge per una Letteratura Sana”
Nel mondo di Poison City, in un momento di forte crisi economica, una classe politica allo sbaraglio trova – guidata da consiglieri interessati – trova un capro espiatorio e la soluzione ad esso: la “Legge per una Letteratura Sana”.
Tutto ciò che possa anche vagamente dare un esempio negativo ai giovani non sarà a loro accessibile, o – nei casi più gravi – sarà distrutto. E capiamo da subito quale possa essere il risultato di tutto questo fin dall’inizio del manga, quando uno dei membri del consiglio che si occupa di dare o meno l’imprimatur a un’opera è in pubblica piazza a dare l’ordine di distruzione di una statua. La colpa della statua? Essa, raffigurante un bambino che fa pipì, sarebbe a tutti gli effetti pornografia infantile.

In questo vortice di giudizio dalla violenza inaudita, in cui qualsiasi cosa se vista con gli occhi di un censore scrupoloso è dannosa per qualcuno o qualcosa, anche l’opera di Mikio Hibino subirà delle conseguenze.
Poison City e le estreme conseguenze di un politically correct insano
Da dichiarare un’opera nociva a dichiarare un autore come nocivo, il passo è breve. E in Poison City vediamo come un politically correct insano, che contempli delle estreme conseguenze, sia la spada di Damocle pronta a precipitare sulla testa del protagonista e della società tutta a cui appartiene.
Coloro che vogliono questo, da censori interessati per fini politici a entusiasti bacchettoni con un briciolo di potere, nascondono in Poison City i loro scopi sotto degli orpelli. Il primo, di cui captiamo qualcosa tra un discorso e l’altro, è quello di dare un’immagine ripulita e migliore del Giappone in vista delle Olimpiadi di Tokyo del 2020. Il secondo è l’idea che bisogni dare il buon esempio ai giovani e farli crescere come il prototipo del “giapponese perfetto”. Questo perché il “giapponese perfetto” sarà l’artefice di una nazione perfetta e competitiva.

In aggiunta a questo ho notato un’altra cosa: per tutto il corso del manga, diviso in due volumi, non sapremo mai gli scopi di questa élite al potere nel dettaglio. Li possiamo immaginare (Tetsuya Tustsui non è certo il primo autore a interessarsi di queste tematiche, come abbiamo visto), e giusto in un caso respiriamo un interesse dettato da rancore personale.
Per l’autore sembra che non ci sia bisogno di spiegare nel dettaglio le motivazioni, perché possono essere tante e svariate. L’importante è sapere che qualsiasi sia la motivazione, la censura estrema in nome di grandi ideali è sempre dietro l’angolo. Quando il politicamente corretto finisce per attaccare e distruggere, piuttosto che difendere, abbiamo superato il limite. e dobbiamo schierarci tutti a favore della libera espressione.
Mangaka vittima per uno scopo più grande
Hibino in Poison City è utilizzato dalla élite al potere come pietra dello scandalo per attuare l’estrema campagna politica e ottenere qualcosa. Vincere l’ultima battaglia che gli dia più potere decisionale sugli altri e sulla libertà di espressione. Ma intanto, lui stesso, decide di agire come pietra dello scandalo di qualcosa di più grande.

Poison City è ben fatto e consigliato
Nella prima parte di questa recensione abbiamo parlato a lungo della narrazione e delle tematiche del fumetto, e direi che dal punto di vista narrativo quest’opera in due volumi funziona e mantiene il ritmo.
I disegni sono veramente apprezzabili, e nel loro realismo accompagnano l’arco narrativo in modo puntuale. Eccezionale la resa dei volti e la caratterizzazione di ogni personaggio, cosa non sempre scontata in un manga o in un fumetto. Tetsuya Tsutsui non ci delude veramente.
Interessante poi la scelta di gestire due archi narrativi e mescolare la storia di Mikio Hibino con quella del fumetto di cui è autore, con un effetto meta-fumettistico davvero pregevole. Altro tocco di classe infatti è quello di far coordinare le due opere fumettistiche, Dark Walker e Poison City, affinché le tavole mostrate del primo rappresentino simbolicamente i sentimenti e le avversità del secondo.

L’unica cosa che avrei preferito diversa è il finale. Non perché questo non abbia una sua logica narrativa e non sia ben fatto, ma perché lo avrei preferito più “innovativo”. Che il mondo politico e la medicina ufficiale vadano a braccetto in nome del potere egemonico è cosa ben attestata nella storia occidentale (si pensi ai manicomi, ecc.), ma è cosa ben presente già in molte altre opere (si pensi ad Arancia Meccanica di Anthony Burgess).
di Eleonora D’Agostino
(Si ringrazia Francesco della fumetteria Freekomix per avermi fatto conoscere questa lettura, come sempre si rivela un bravo consigliere!)
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