Con Il Promontorio della paura Scorsese terrifica lo spettatore, manipolandone le percezioni e scaraventandolo nel regno dell’ambiguità morale e della caduta nel peccato, tipiche del noir. Un De Niro bestiale e spaventosisssimo manipola e cita la Bibbia come l’indimenticabile Robert Mitchum de La morte corre sul fiume.
La vita dell’ avvocato di successo Sam Bowden (Nick Nolte) viene scossa dal rilascio da prigione dell’ ex-cliente Max Cady (Robert De Niro). Incarcerato per 14 anni per stupro, Cady attribuisce la responsabilità della propria pena al suo difensore. Durante il processo, Bowden aveva infatti insabbiato un fatto importante per la difesa, ritenendo che Cady dovesse essere comunque condannato. Cady ha passato gli anni della detenzione a coltivare un piano di vendetta nei confronti di Bowden, della moglie Leigh (Jessica Lange) e la figlia adolescente Danielle (Juliette Lewis). Prima di annientare le sue vittime, l’ex-detenuto userà i propri poteri manipolatori per ridurle ad uno stato di paura e irrazionalità totali, ed esporne cosi’ conflitti, peccati e ipocrisie.
Ambiguità morale, effetto specchio e rovesciamento ironico dei ruoli
Ne Il promontorio della paura Scorsese rilegge l’omonimo film del 1962 all’insegna dei temi classici del noir, dell’ambiguità morale e l’ubiquità del peccato. Il protagonista della prima versione é un uomo retto, che tenta di difendere la famiglia da un pazzo. Nel remake del ‘91, Sam Bowden é infedele alla moglie e non ha esitato a violare i propri doveri di legale, ponendo la propria opinione personale al di sopra della legge. Max Cady, che era analfabeta al momento del giudizio, utilizza gli anni di prigionia per diventare avvocato e ritorcere gli strumenti del potere che lo avevano schiacciato, contro il proprio persecutore.
Cady perseguita Bowden in maniera nascosta e controllata e sfruttando scientamente le inerzie delle istituzioni, incapaci di proteggere i cittadini in mancanza di prove. Bowden si trova cosi’ nell’ironica posizione di avvocato incapace di difendersi per vie legali, ed é costretto ad abbandonare il proprio status di cittadino per bene. Nel violento confronto finale, Cady recrimina la violazione dei propri diritti evocando la giustizia di Dio e l’empatia dello spettatore, a cui rivolge lo sguardo in camera. Empatia che Sam non avrà, cadendo nella spirale del peccato e ritrovandosi coperto dal fango e con le mani sporche di sangue.
Il promontorio della paura
Che cos’é la paura? La pinna de Lo squalo é una promessa di terrore ancora piu’ agghiacciante dello squalo stesso, perché interpella lo spettatore nel suo subconscio. La paura é dunque un promontorio, la cui parte visibile e riconoscibile rappresenta soltanto la punta di un iceberg sommerso e radicato nelle mare delle angosce interiori. Sam Cady, simbolo de terrore stesso, riesce ad annichilire la famiglia Bowden non tanto nei momenti di confronto diretto, ma soprattutto nella sua assenza. Una volta tesa la trappola della minaccia, é piuttosto Sam Bowden a dover dare la caccia a Cady, cadendo in una spirale di allucinazioni e confusione, ora vedendolo nella propria casa, ora scambiandolo per lo sconosciuto in strada. E soprattutto dovendo fare i conti con i mostri interiori dei propri peccati, mostri nascosti dall’ipocrisia e ora emersi alla luce del sole.
Ne Il promontorio della paura, il rovesciamento continuo della dinamica preda e cacciatore é al servizio di una suspense che é giocata nel dominio dell’immaginazione piu’ che della realtà.Il carattere subconsciente della paura é rappresentato con tocchi psichedelici che omaggiano l’Hitchcock della Donna che visse due volte, nell’uso di luci rosse e verdi, che transfigurano i personaggi con un’aria fantsmagorica, simbolo di illusioni e sensi di colpa. I protagonisti sono inoltre riflessi da specchi, classico simbolo di ambiguità morale, o tranformati in pure ombre da immagini a infrarossi, che li rappresentano nel proprio lato oscuro.
Rottura del quarto muro e risveglio dello spettatore
Nello stesso spirito i titoli di testa de Il promontorio della paura firmati da Saul Bass con musiche di Bernard Herrmann sono Hitchcockiani per definizione. Essi mostrano l’azione deformante dei riflessi del mare, al termine dei quali l’adolescente Danielle si rivolge direttamente allo spettatore affermando la propria preferenza del sogno alla realtà. Il film si apre e chiude con due occhi inquadrati in primissimo piano, motivo surrealista che lo incita ad approfondire il suo sguardo’ al di là del visibile.
La confusione tra piano diegetico ed extradiegetico non é utilizzata a detrimento della suspense, ma al contrario e sorprendentemente, la amplifica. Nelle scene introduttive Sam Cady esce di prigione e cammina verso la cinepresa, fino quasi a scontrarvisi, quasi come uscendo dallo schermo. Poco tempo dopo, in una scena ambientata al cinema, lo ritroviamo, ombra minacciosa proiettata sullo schermo, spettatore rumoroso che disturba il resto della platea.
Spettatore che potrebbe benissimo esere seduto a qualche passo da noi.
Sara Livrieri
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