«La sua fama e il suo seguito giovanile sono stati tali che a volte è stato paragonato a Bob Dylan, non tanto per i contenuti politici delle sue canzoni quanto per il modo in cui hanno segnato un’epoca.». Così, qualche decennio fa, The New York Times definiva Lucio Battisti. Il ragazzo timido venuto da Poggio Bustone, nato il 5 marzo 1943, a neanche ventiquattr’ore di distanza dall’altro Lucio della musica italiana, Lucio Dalla, è stato molto più di un semplice cantautore. Grazie al suo stile inconfondibile e ad un timbro non potentissimo, ma estremamente riconoscibile, è diventato l’icona del suo periodo, e oltre.
La lunga e nutrita discografia ha retto perfettamente agli urti del tempo e, anzi, ne è uscita rinvigorita. A ventisei anni esatti dalla sua scomparsa, e nonostante le opposizioni della famiglia, Battisti è più vivo che mai. Re incontrastato dei falò, presente nelle playlist di giovani che furono, ma anche delle nuove generazioni, colonna sonora di film o attimi di vita reale. Eppure, c’è stato un momento in cui il suo mito ha vacillato.
Lucio Battisti: il “periodo americano” e Images
Se la madrepatria considerava Lucio Battisti alla stregua di una divinità, lo stesso non si può dire oltralpe. Negli anni Settanta, i suoi dischi uscivano anche all’estero, ma con risultati decisamente inferiori alle aspettative. La RCA, allora, gli propose di ricantare le i suoi successi in Inglese, Spagnolo, Francese e Tedesco, individuando nella barriera linguistica il fulcro del problema. Battisti, interessato al mercato statunitense, accettò. Nel 1975, fece un viaggio negli Stati Uniti, dove restò colpito dalle sonorità in voga all’epoca.Il frutto delle influenze americane fu Lucio Battisti, la batteria, il contrabbasso, eccetera, che uscì nel febbraio 1976.
A settembre dello stesso anno, tuttavia, Battisti accolse la proposta fatta dall’etichetta l’anno precedente, e cominciò a lavorare all’album Io tu noi tutti, con l’idea di realizzarne una versione per gli USA. A curare l’adattamento dei testi in inglese fu la cantautrice Marva Jan Marrow. Il risultato, però, non piacque a Mogol, che, insoddisfatto, si rivolse a Peter Powell per una traduzione più letterale. Il disco italiano uscì nel marzo 1977 e ottenne un’ottima accoglienza. Il 33 giri in inglese, chiamato Images, venne invece pubblicato nell’agosto dello stesso anno. Si rivelò, però, un grande flop. I risultati deludenti furono imputati alla pronuncia imprecisa di Battisti, e alla scarsa pubblicizzazione da parte della RCA. Images fu ritirato dal mercato nostrano poco dopo la sua uscita ma, essendo praticamente introvabile, guadagnò un alto valore collezionistico.
Un nuovo tentativo nel 1978
Nell’autunno del 1978, Lucio decise di ritentare, realizzando un disco in due lingue: Una donna per amico in italiano e Friends (o A Woman As A Friend) in inglese, con scaletta e arrangiamenti differenti. Ad opera praticamente compiuta, la casa discografica ci ripensò, e distribuì solo quello nella nostra lingua. Nella penisola, come sempre, il riscontro fu più che positivo. A vedere la luce, nella versione in inglese, fu solo il singolo Baby It’s You (Ancora tu)/Lady (Donna selvaggia donna), ma le vendite furono scarse.
Il mercato britannico/americano si rivelò dunque ostile a Lucio Battisti. Gli andò meglio in Sud America, dove molti suoi album, sia in italiano, ma con i titoli in spagnolo, sia reinterpretati in quella lingua, hanno avuto il giusto rilievo. Anche in Europa, specialmente in Francia e Germania, la fama del cantautore fu discreta, e Lucio incise dei brani in francese e tedesco per guadagnare i favori del continente.
Lucio Battisti, gli estimatori dall’estero
L’accento straniero ha fatto la fortuna di molti artisti internazionali importati in Italia, basti pensare a Mal o a Catherine Spaak. Purtroppo, per Battisti non è avvenuto lo stesso a ruoli inversi. Ciononostante, nel corso degli anni, colleghi stranieri di un certo livello hanno riscoperto la sua produzione musicale, reinterpretandola. Tra gli estimatori di Lucio spiccano Paul McCartney e molti altri, primo fra tutti David Bowie, che riadattò il testo di Io vorrei… non vorrei… ma se vuoi per la cover di Mick Ronson Music is Lethal.
Ronson lo ha spesso definito «il miglior cantautore del mondo insieme a Lou Reed» e ha sempre sperato in una collaborazione con Battisti, che però non ha mai avuto luogo. Anche I francesi Daft Punk, recentemente, hanno dichiarato di apprezzare il talento artistico del cantante. Una magra consolazione per quel sogno disatteso, ma un modo per continuare a perpetuare la musica di Lucio Battisti, un gigante dentro e fuori i confini.
Federica Checchia
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