Non tutti sono d’accordo con la proposta di Forza Italia. Il PD lo definisce: «una visione ottocentesca»; i pentastellati pensano sia “agghiacciante”. Ma ci sono questioni delle quali non si è parlato proponendo il reddito alle casalinghe e che non riguardano solamente la campagna elettorale e la caccia all’ultimo voto con l’ineluttabile sopraggiungere del tanto temuto 25 settembre.
Lo spot al centro della polemica
Massimo Mallegni, candidato a senatore per Forza Italia in Toscana, ha lanciato uno spot per promuovere l’idea di retribuire il mestiere non riconosciuto della casalinga. Le critiche degli avversari politici sono giunte con una velocità estrema. Il PD la definisce una visione di due secoli fa, mentre il 5 Stelle pensa sia agghiacciante. La proposta è quella di retribuire le donne che lavorano in casa e che si dedicano alla famiglia, dimenticandosi forse degli uomini che svolgono la stessa mansione, rafforzando il concetto stereotipato di una preofessione esclusivamente femminile.
Non sembrerebbe essere un’idea poi così avulsa dal contesto storico ‒ economicamente e socialmente drammatico ‒ nel quale si erge la logica degli “aiuti”. Una proposta che certamente troverà il favore di molti, ma anche il disappunto di altri. L’opposizione vigorosa del lato sinistro della contesa elettorale ha un che di poco coerente analizzando i fatti. Il 5 stelle ha istituito il reddito di cittadinanza e il PD lo difende con i denti. Tecnicamente, le misure sono pressoché simili, ma la polemica è sorta sul fatto che la sinistra italiana, teme forse di farsi soffiare da sotto il naso una buona fetta di elettori. Tralasciando l’aspetto propagandistico, l’idea di Forza Italia, forse non è stata correttamente valutata.
Reddito alle casalinghe: davvero è fattibile?
È davvero possibile retribuire casalinghe/i, trasformandoli in professioniste/i? Attualmente, è costante la ricerca spasmodica di pecunia utile a rimpinguare il portafoglio della nazione sull’orlo di una recessione. In vista delle nuove misure in arrivo contro il caro energia, di un PNRR che solleva dubbi sulla sua utilità e di fondi che l’Italia attualmente non possiede, la proposta appare quantomeno fuori luogo.
Il reddito di cittadinanza, finora è costato quasi 20 miliardi di euro. Il fallimento delle imprese è ormai una sorta di Caronte che conduce la barca della recessione. A questi fattori, c’è da aggiungere la discussa logica degli aiuti economici ricevuti a debito dall’UE, e l’inflazione.
Qualora la rassegna di crisi che incombono come una mannaia a dare il colpo di grazia sul Tricolore non fossero sufficienti, a chiarire l’infattibilità di una proposta del genere sono altri aspetti. È evidente che manca in primis una chiara definizione dello status di casalinga/o.
In quale categoria rientrerebbe la professione a causa delle molteplici mansioni da svolgere? A seconda della categoria, quale sarebbe il regime di tassazione al quale sarebbe sottoposta? Ma soprattutto, da dove arriveranno le coperture per garantire un compenso dignitoso? Altro aspetto che non è stato considerato è il monte ore e la paga connessa alla prestazione oraria. Considerato un lavoro a tempo pieno, uomini e donne sarebbero impegnati 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno.
E le ferie? Anche questo mestiere dovrebbe essere regolamentato di conseguenza. Significa che ci si potrà astenere per un periodo dallo svolgere la mansione? E cosa comporterà all’interno di un nucleo familiare questa astensione? Quelle sopraelencate sono soltanto alcune delle problematiche. Una casalinga/o, percependo una retribuzione, come inciderà sul reddito per nucleo familiare? A chiarirlo sarà una dichiarazione dei redditi che in questo caso riserverebbe sarcasticamente una bella sorpresa.
Reddito alle casalinghe/i: ma chi ha un lavoro che ne pensa?
Tralasciando un non poco importante regolamento sanitario e di prevenzione infortunistica, con la sorveglianza di un RSPP (Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione), altro tasto dolente, per molti uomini e donne che hanno deciso di intraprendere una carriera lavorativa, la proposta appare quantomeno irrispettosa. Chi ha lavorato duramente in questi anni per garantire una vita dignitosa e soddisfacente a sé stesso e al proprio nucleo familiare, si ritroverebbe improvvisamente a riflettere se il proprio sacrificio non sia stato vano.
Diventa quasi spontaneo chiedersi se il paese premi maggiormente chi preferisce non lavorare, gravando su chi lavora e versa parte del proprio guadagno all’erario sottoforma di tasse. Il rispetto per donne e uomini che si dedicano alla famiglia è sacrosanto ed è in effetti un lavoro. Ma attribuirgli un valore, in questo caso, potrebbe quasi sminuirlo. Tantissimi uomini e donne lavorano sia fuori casa che in casa e il piacere di costruire e curare l’affetto e l’intimità del proprio nucleo familiare, si ridurrebbe a un processo meramente meccanico, divenendo un lavoro svolto in cambio di una retribuzione.