Berlusconi sul fisco: è il momento del reddito di dignità. L’ex cavaliere presenta la sua proposta per contrastare subito l’emergenza povertà. Uno strumento che, dice, si ispira a Friedman. Ma che in realtà sembra molto simile al reddito di cittadinanza targato M5S.
Silvio Berlusconi a Radio 101 credits: r101.itArriva, o meglio forse arriverà, il reddito di dignità. Si avvicinano le elezioni di marzo 2018 e le idee scarseggiano. Anche per chi, come Silvio Berlusconi, non ha mai peccato in quanto a trovate e creatività. E allora ecco un nuovo strumento per il contrasto alla povertà: il reddito di dignità.
Già il nome, anche se non è esattamente lo stesso, rievoca immediatamente il reddito di cittadinanza proposto dal MoVimento 5 Stelle ormai da tempo. E difatti Di Maio, candidato premier del MoVimento non ha perso tempo e si è lanciato in difesa dell’idea del suo partito. Intervenendo su Twitter così:
“Benvenuto Berlusconi! Oggi ha ammesso che all’Italia serve il Reddito di cittadinanza, ma per 5 anni FI ha votato contro. Quando saremo al governo gli ricorderemo questa dichiarazione per chiedere a Forza Italia di votarlo. Lo chiama reddito di dignità per nascondere che ci copia”
Ma vediamo in cosa consiste questa novità berlusconiana. E se effettivamente si può parlare di copia rispetto al M5S. O addirittura rispetto al REI messo in atto dal governo Pd in questo 2017.
Il reddito di dignità, dice Silvio Berlusconi in diretta su Radio 101, è una “misura drastica sul modello della proposta di Milton Friedman”. Ovvero una “imposta negativa sul reddito”. In soldoni, un “totale sgravio fiscale per le aziende che assumono i giovani “con contratto di apprendistato o di primo impiego per tre anni”. Perché “Deve essere per le aziende molto conveniente assumere un giovane”, sostiene il leader di Fi. Dunque, più che la copia del reddito di cittadinanza o di inclusione, un mix tra “abbassiamo le tasse” e il jobs act prima maniera. Secondo voi potrà servire a qualcosa?
Reddito di dignità: una goccia nel mare?
Dunque, Berlusconi, dopo l’aumento delle pensioni, prospetta pure il reddito di dignità. Che non possiamo bollare come copia del reddito di cittadinanza, che invece prevede un aiuto economico affiancato da un percorso formativo e di reinserimento nel mondo del lavoro. Come poi promette pure il Reddito di inclusione di recente approvazione dem.
Sicuramente, però, il nome scelto da Berlusconi vuole richiamare questi due strumenti. Perché anche lui ha bisogno di accaparrarsi i voti delle tante, troppe persone che in Italia sono disoccupate o a rischio povertà.
Come ricordavamo proprio da queste pagine, l’ultimo rapporto Istat sull’argomento è preoccupante. Dalla crisi finanziaria del 2008, gli italiani sulla soglia di povertà sono aumentati di oltre tre milioni. Il maggiore aumento tra le nazioni europee. E, nonostante il ritorno alla crescita economica dello scorso anno, la tendenza non si è arrestata.
E allora, senza iniziare a chiedersi da dove mai potrebbero spuntare fuori i fondi per il reddito di dignità, di inclusione o di cittadinanza che dir si voglia, perché invece non pretendere le altrettanto famose riforme strutturali? Perché in fondo è questo il motivo se l’Italia resta indietro e la schiera della povertà avanza. Perché la macchina del lavoro italiano non riparte. Non abbastanza almeno. Ricordiamocelo, qualunque sia il partito che vogliamo votare.
Federica Macchia