Recensione Yomawari

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Di Redazione Metropolitan

Benvenuti ad un nuovo articolo dei Make A Byte! Oggi vogliamo parlare di un gioco non molto conosciuto: Yomawari. Partiamo con il dire che ci siamo imbattuti in circostanze fortuite e poco chiare che il death note ma chi sei. Yomawari è un puzzle game – survival horror creato dalla Nippon Ichi Software, sviluppato per le piattaforme Nintendo, Sony PSVita e STEAM.

Yomawari: la trama

Il gioco ha inizio: la nostra protagonista è una bambina con il suo fedelissimo cane, purtroppo accade che il cane venga investito e lei perde i sensi.

Al risveglio la bambina sembra non essersi accorta dello spiacevole evento e torna a casa per cercare il suo cane (anche se non avrebbe molto senso). A casa sembra che il povero animale non ci sia; allora incontra la sorella e si fa aiutare, ma anche lei sparisce lasciando una lettera misteriosa. Gli avvenimenti accaduti portano ad una atmosfera di abbandono e smarrimento; in più, dato che è un gioco giapponese, ci si aggiungono gli yo kai tipici e sinceramente a primo impatto, per definirlo in termini tecnici, ci siamo cagati addosso.

Yomawari: il gameplay

Il gioco sembra essere un puzzle game: da dopo la lettera della sorella, siamo perduti in questa città, di notte e senza avere un’idea di cosa dobbiamo fare. Dovremmo andare noi alla ricerca di indizi che sono sparsi per tutta la città. Molto simile ad un puzzle, troveremo tanti indizi sparsi un po’ troppo a caso e non collegati fra loro, che porta al giocatore un po’ di frustrazione.

Nel gioco si muore appena si viene toccati, in compenso abbiamo una barra di stamina e il battito del cuore che aumenta all’avvicinarsi di un mostro, che la fa diminuire.

I mostri in questione sono gli yo kai, demoni tipicamente giapponesi, diversi con ognuno delle caratteristiche uniche; per fortuna nell’ambiente ci sono nascondigli che ci permettono di scampare ai mostri peggiori.

È possibile trovare tanti oggetti, molte dei quali non si capisce l’utilità e finiscono nei “collezionabili”, mentre ciò che ci servono sono gli oggetti “chiave” che ci permettono di risolvere gli enigmi. 

Yomawari: il comparto tecnico

La grafica è classicamente 3D con poche pretese, design semplice e conciso anche se molte volte la prospettiva non ci aiuta con la risoluzione degli enigmi. L’ambientazione è tipica di un borgo giapponese in cui la nostra malcapitata la dovrà esplorare.

Il concept degli yo kai visibilmente è fatto abbastanza bene, inquietanti e quando te li trovi davanti fanno il loro sporco effetto.

Il suono è adatto all’ambiente, suoni della notte, dell’ignoto, che ti fanno stare sul chi va là. L’ambiente interagisce con il personaggio; è un dettaglio ma è apprezzato.

Yomawari: la conclusione

Nel complesso, il gioco per essere un indie è strutturato bene, molte soluzioni però rendono il gioco troppo frustrante, il richiamo a Grim Fandango e Monkey Island è ben chiaro, potrebbe sembrare un’ eresia ma il concetto che volevano dare è quello. L’ambientazione, il gameplay e il suono rendono l’immersione del videogiocatore “piacevole”, dal punto di vista soggettivo a noi il gioco è piaciuto.

Un saluto dai Make A Byte!

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