Il coronavirus ha messo tutta Italia, calcio compreso, di fronte ad uno scenario inaspettato. E, tra eventuale ripresa e squadre delle serie inferiori che rischiano di subire gravi ripercussioni economiche, ci si pone un interrogativo sul futuro del pallone italiano: c’è la possibilità di una riforma dei campionati? E quali sarebbero le serie che la subirebbero? Sarebbero di più i PRO o i CONTRO? Il futuro è appena iniziato.

Riforma dei campionati, cosa potrebbe succedere?

Tutta l’Italia sta vivendo un momento difficile, oltre che inaspettato. Negli ultimi giorni si sono fatte avanti dichiarazioni e ipotesi su una riforma dei campionati, che probabilmente coinvolgerebbe maggiormente la Serie B e C. A proposito di ciò, è uscito nella giornata di martedì un comunicato sul sito ufficiale della FIGC in cui si dice:

“Con riferimento all’ipotesi di riforma dei campionati […] la FIGC precisa che nel tavolo di confronto istituito dal presidente Gabriele Gravina con tutte le componenti federali lo scorso gennaio, sono stati discussi diversi scenari, ma i lavori si sono interrotti a causa dell’emergenza da Covid-19. Non appena possibile, è volontà della Federazione riprendere a discutere alcune proposte di riforma nel rispetto delle norme statutarie.”

“Al contempo, la riunione del Consiglio Federale programmata l’8 maggio è stata posticipata per la necessità di maggiori approfondimenti. Per consentire al sistema calcio di fronteggiare la crisi contingente, il Consiglio Federale sarà prossimamente riconvocato con all’ordine del giorno le tematiche inerenti la ripresa dell’attività sportiva e per stabilire le linee guida per l’iscrizione ai prossimi campionati.”

L’indiscrezione di Sportitalia

Apparentemente, dunque, tutto rimandato a data da destinarsi. Ma secondo il giornalista di Sportitalia Michele Criscitiello, il primo passo che verrebbe compiuto sarebbe quello della riduzione del numero complessivo delle squadre professionistiche, con un passaggio dalle 100 attuali (20 in Serie A, 20 in Serie B e 60 in Serie C) a 60. La Serie A non dovrebbe subire modifiche dal punto di vista del format.

La Serie B invece potrebbe diventare una competizione composta da 2 gironi da 20 squadre con le formazioni attuali, le vincitrici dei gironi di Serie C, e altre società (sarebbe ancora da stabilire quale sarebbe il criterio). Criscitiello ha poi detto (parole riportate da strettoweb.com):

Non ci sarebbe più la Serie C. La terza serie sarebbe rappresentata dalla Serie D, che potrebbe cambiate nome, con 3 gironi da 20. Quaranta società passerebbero dalla C alla D e avrebbero il grandissimo vantaggio economico di non pagare stipendi ma rimborsi, con obbligo di controllo ogni due mesi.

Le altre sarebbero le nove promosse, le nove seconde e poi altre due da dover decidere per arrivare a venti. Una società militante in questa categoria non potrà essere a scopo di lucro, ci saranno agevolazioni fiscali molto importanti. Dalla B alla D vi saranno tre retrocessioni per girone, mentre le prime dalla D saliranno in B con i play-off, dove andrà una squadra per girone.

Le ripercussioni sul sistema calcio: di più i pro o i contro?

A questo punto, come detto, si avrebbe una Serie A, non toccata, a 20 squadre, una Serie B a 40 (20 in un girone e 20 nell’altro) e qui si concluderebbe il conteggio delle squadre professioniste che, come detto da Criscitiello, passerebbero così a 60. Dopodiché si passerebbe ai dilettanti con 60 squadre. In questa prospettiva eventuale che si verrebbe a creare, per il sistema calcio (e non per i singoli calciatori) sarebbero di più i PRO o i CONTRO?

PRO – Inevitabilmente il numero di calciatori che potrebbe svolgere la professione a tempo pieno diminuirebbe, dato che le squadre professioniste passerebbero da 100 a 60. Ciò porterebbe ad una minore offerta di calciatori e ad un calmiere dei salari dei calciatori e delle commissioni ai procuratori, che sarebbe positivo per il sistema calcio tricolore. Le società sarebbero più “leggere” e con bilanci più sostenibili.

CONTRO – Sicuramente, con meno calciatori impiegati h24, i “vivai” di calciatori provenienti dalle serie minori diminuirebbero, per cui il ricambio generazionale potrebbe essere più lento. Considerando, invece, il punto di vista del singolo calciatore, sarebbero in molti quelli che dovrebbero trovare un altro lavoro, dato che tra i dilettanti riceverebbero solamente un rimborso, e non un vero e proprio stipendio.

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