Cronaca

Riforma intercettazioni: il Cdm dice sì

Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera definitivo alla riforma delle intercettazioni. Il decreto potrebbe essere in vigore già da luglio. La norma che sancisce il diritto dei giornalisti ad avere copia dell’ordinanza di custodia cautelare, invece, sarà invece efficace tra un anno.

Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e il ministro della Giustizia Andrea Orlando durante la conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri, Roma, 2 novembre 2017.
ANSA/ALESSANDRO DI MEO

La riforma delle intercettazioni ha ottenuto il sì definitivo del Consiglio dei Ministri. La sua entrata in vigore è attesa per luglio, ovvero a sei mesi dalla pubblicazione, prevista invece per gennaio. Soddisfatto del risultato il ministro della Giustizia Andrea Orlando, che, al termine del Cdm, afferma:

“Abbiamo un Paese che utilizza le intercettazioni per contrastare la criminalità e non per alimentare i pettegolezzi o distruggere la reputazione di qualcuno”

Sottolineando come il provvedimento, “senza restringere, ma anzi autorizzando ad intercettare in un modo più agevole, impone una serie di vincoli e divieti che impediscono di usarle come strumento di diffusione di notizie improprie”. Ed è proprio sulla stampa, sui media, che si pone un freno, almeno temporaneo. Solo una norma, infatti, quella che sancisce il diritto dei giornalisti ad avere copia dell’ordinanza di custodia cautelare, una volta resa nota alle parti, sarà invece efficace tra un anno.

Ma non tutti sono d’accordo con Orlando. Anzi.

Riforma intercettazioni: per Di Maio è un decreto salvapolitici

Il giudizio più duro sul decreto di riforma delle intercettazioni è di Luigi Di Maio, Il candidato premier del Movimento 5 Stelle lo definisce “un modo per salvare una classe politica dai vari processi”.

photo credits: i2.res.24o.it

L’Anm, invece, non ha espresso “una bocciatura, ma nemmeno una condivisione entusiastica”. Per il troppo potere dato dal decreto alla polizia giudiziaria. Eugenio Albamonte, presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, spiega meglio il giudizio.

“Aver acceso una riflessione molto attenta su intercettazioni e privacy è un passo avanti culturalmente importante che condividiamo. Ma dal punto di vista delle modalità operative scelte si poteva fare meglio, qualche ombra è rimasta”

Il punto più negativo per Albamonte? “Lo strapotere della polizia giudiziaria nella selezione delle intercettazioni”. La norma prevede che quelle giudicate irrilevanti non vengano trascritte. In questo modo però, “diventa impossibile un vero controllo da parte del pm”.

E per i penalisti? Per questa categoria, la riforma non è positiva. Perché “per tutelare privacy e riservatezza si è scelto di limitare fortemente il diritto di difesa. Il che crea danni significativi a chi si trova coinvolto il vicende giudiziarie. E renderà “pressoché impossibile difendere, tanto meno nella fase cautelare”.

E a cambiare il punto di vista critico dei penalisti non sono bastate le ultime modifiche introdotte. Aver innalzato da 5 a 10 giorni il termine attribuito ai difensori per esaminare il materiale intercettato non basta. Nemmeno considerando l’eventuale proroga sino a 30 giorni, se la documentazione è molto ampia e complessa. O avere vietato, fermo restando il divieto di intercettare i colloqui tra assistito e avvocato, la verbalizzazione di quelle conversazioni occasionalmente captate.

Federica Macchia

 

Pulsante per tornare all'inizio