Per la prima volta nella storia degli slasher l’arena, il campo di battaglia, diventa metafisico: in Nightmare infatti il viaggio verso la morte si compie nel mondo dei sogni.
Nella serie cinematografica di Wes Craven il villain Freddy Krueger assale le proprie vittime in sogno, rendendo reali gli incubi. Il film indaga una dimensione in cui l’autoconservazione viene meno, perché nel sonno si è assolutamente vulnerabili. Senza armi né difese, il killer può agire indisturbato invadendo una dimensione intima e personale, non limitandosi infatti a entrare soltanto in casa nostra ma proprio nelle nostre menti.
Lo slasher rompe da solo le proprie strutture per dar vita a qualcosa che si rinnova continuamente, e Nightmare ne è un esempio. La dimensione onirica e quella onirica si fondono l’una con l’altra, attraversandosi e compenetrandosi continuamente. Non si sa più cosa è realtà e cosa è sogno, e forse è proprio questo l’obiettivo del film: farci interrogare quanto c’è di reale in ciò che sogniamo e quanto c’è di finto e immateriale in ciò che viviamo.
E il villain Freddy è a sua volta frutto di un incubo: una violenza sessuale di cui fu vittima la madre, una suora. Kruger attraversa ogni dimensione poiché non trova pace in nessuna: non in quella della fede, né in quella del peccato, e neppure in quella della vita (da cui viene strappato dopo essere stato ucciso) e di conseguenza della morte. Costretto continuamente a vagare, l’unica dimensione che riesce ad accoglierlo è quella della paura.
Chiara Cozzi
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Ph: ilcineocchio.it