Robert Altman: il regista del caos e dell’anarchia

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Di Redazione Metropolitan

“Ha trasformato il mestiere totalitario della regia in una democrazia, se non un’anarchia”. Così Benayoun racconta Robert Altman, regista di Kansas City che è stato uno dei più grandi del cinema statunitense. Insignito del Leone d’oro e dell’Oscar alla carriera, rispettivamente nel ’96 e nel 2006, Altman, con i suoi film ha vinto tutto, conquistando apprezzamenti da ogni parte del mondo. Di certo la critica inizialmente non ha ben compreso il suo stile assolutamente innovativo, figlio dei movimenti artistici dei tempi negli Stati Uniti. Ma poi, in seguito, Robert è riuscito a conquistare tutti con il suo racconto creativo e caotico delle inquietudini del sogno americano.

Quando si parla dello stile caotico del regista statunitense, viene subito da pensare alla sequenza di apertura del suo film “I protagonisti”. Si tratta di un lungo piano sequenza all’interno degli studi di produzione dove lavora il protagonista del film. Robert segue personaggi sempre diversi, in genere sceneggiatori che rincorrono i produttori mentre presentano la loro idea. Solo alla fine raggiungiamo il protagonista. Con questa operazione Altman ci introduce subito e in prima persona nella frenesia di questo mondo. Ma quando si parla di caos si parla anche di set. Robert, infatti, fumava e beveva con i colleghi durante le riprese, concedendosi molte pause. Il regista cambiava spesso idea e ognuno poteva tirare fuori qualcosa di nuovo o ispirarlo. Una vera e propria anarchia.

Piano-sequenza di apertura del film “I Protagonisti” (1992) di Rob Altman

Gli inizi del rivoluzionario Robert Altman

Robert Altman inizia la sua carriera quasi per caso, come spesso è accaduto a molti. Proveniente dal mondo militare, il suo vicino durante il suo periodo di congedo è un aspirante regista, George W. George. I due scrivono vari soggetti riuscendo a venderne uno, “Bodyguard”, che sarà diretto da Fleisher nel ’48. Chiaramente questo evento non gli permette di entrare a lavorare agli studios. Appassionatosi dunque all’arte della recitazione, Altman decide di recarsi a NY per iniziare una carriera nel teatro. Ma prima fa tappa a Kansas City, sua città natale, dove incontrerà un amico d’infanzia che casualmente fa film presso una compagnia, la Calvin Company. Senza alcuna esperienza professionale, Altman viene introdotto dall’amico alla Calvin Company sostenendo di essere un regista professionista.

In sei anni ricoprirà molti ruoli, tra cui assistente di produzione, montatore di documentari e autore. Grazie alle conoscenze acquisite in questi anni, trova 63.000 dollari per produrre il suo primo film, “The Delinquents”, che vedrà la luce nel ‘55. Il film, però, ha i classici errori delle opere prime, come una retorica voce fuori campo, e non viene notato da nessuno. Ma Robert vuole riprendersi subito dalla delusione, e su proposta dell’amico W. George, realizza il documentario “La storia di James Dean” (1957), sull’attore scomparso in quegli anni. Hitchcock, colpito dal talento del giovane Altman lo fa chiamare per dirigere degli episodi della sua serie. E così l’entusiasta Robert Altman inizia la carriera in TV.

Robert Altman sul set - Photo Credits: Movieplayer
Robert Altman sul set – Photo Credits: Movieplayer

L’esplosione di un grande regista

Ma la svolta per Robert arriva con “M*A*S*H”. Il film del ’70, infatti, lo fa passare da regista poco considerato ad autore. Con questo film ambientato negli anni ’50 durante la Guerra di Corea, Altman gira tutti i festival del mondo. Vince la Palma d’Oro a Cannes e viene candidato per la prima volta agli Oscar. In questo film Altman fa una cosa molto complessa. Infatti abbandona la sceneggiatura dei suoi tre colleghi ed inizia a girare a braccio, modificando il film di giorno in giorno. Dunque una grande prova per gli attori che arrivati sul set non sapevano cosa li avrebbe aspettati. Il regista statunitense gira un film a episodi in cui non si vede la guerra, ma i suoi effetti sui corpi dei soldati. I medici che provano a curare i feriti sono i soldati, e la malattia il nemico. Dunque Robert in questo film prova a raccontare che l’unico vero nemico in una guerra è la morte.

L’attenzione di Altman verso gli eventi bellici è sempre molto grande, probabilmente anche a causa del suo passato. Poco dopo, infatti, uscirà “Anche gli uccelli uccidono”, vero e proprio manifesto delle contestazioni giovanili contro guerra del Vietnam, che viene ostracizzato dalla MGM e dalla presidenza di Nixon proprio per questo. Nella sua lunga carrierà Altman stupirà ancora, provando a raccontare vari mondi, ma in particolare il suo: quello dello spettacolo. Lo farà con grandi film come “The company”, “Radio America” e “The Players”, confermandosi come uno dei più grandi e innovativi registi di sempre. Il vero e proprio Godard del cinema Americano, come molti lo definirono agli esordi.

Paola Maria D’Agnone

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