Roberto Benigni, il Paradiso a Venezia 78

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Di Marta Millauro

Chi sarebbe stato Roberto Benigni se non avesse fatto l’attore? Probabilmente nient’altro, sicuramente geniale. Il Leone d’oro alla carriera di Venezia 78 ammalia ancora una volta il suo pubblico, senza troppi giri di parole, ma con tanti vocaboli che accostati l’uno all’altro diventano pura poesia. Parla del cinema, dei sommi artisti, dei modelli ineguagliabili e “inallontanabili”, così come ama definirli lui. Lo fa con disinvoltura, ironia e tanta energia. Travolge e sconvolge con i suoi molti aneddoti e la sua saggezza infinita, senza dimenticarsi di condividere con altruismo e umiltà tele conoscenza.

È un piacere per le orecchie sentirlo parlare di Chaplin, di Keaton, Bunuel e Bertolucci. È una lezione continua di cinema, di letteratura, di poesia, di architettura. Tutto diventa parte di altro quando si ha il piacere di ascoltare un uomo così affamato di cultura, ma mai sazio, nonostante questi quarant’anni di carriera siano stati per lui una scuola d’eccellenza. 

Roberto Benigni emoziona il Palazzo del Casinò

Nella sala conferenze del Palazzo del Casinò il critico cinematografico Gianni Canova gli pone emozionato domande sui suoi registi preferiti, sul lavoro dell’attore e sulla suo quotidianità. Anche accreditati e studenti di cinema intervengono accompagnati da quel tremore proprio di chi è “in soggezione” nei confronti di una persona che, in un certo senso, ti ha cambiato la vita, come testimonia una ragazza innamorata de “La vita è bella”. 

Roberto è questo: dona tutto se stesso quando si parla della sua grande passione per il cinema. Durante la sua masterclass non manca l’omaggio a Federico Fellini, a suo dire “Il più grande regista del Novecento, colui che utilizza il linguaggio dei sogni, dell’inconscio”

Parla poi della sua amicizia con Giuseppe Bertolucci, la fidanzata Lucia e la compagna di una vita Nicoletta e tutto d’un tratto esclama: “Che sentimento strano è l’amicizia, non è amore, ma è qualcosa di straordinario”

Il cinema, un amore lungo una vita

E continuano le digressioni sul suo amore per i registi spirituali, sull’importanza delle emozioni. Parla del mestiere dell’attore come di un duro lavoro, che deve far divertire il pubblico, ma non può e non deve essere considerato un gioco. Esprime tutta la sua ammirazione per la fatica tipica di un regista, dietro la macchina da presa e sul set ore dopo ore, il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene. “Far decollare una navicella spaziale non è certo un gioco da ragazzi”: ed ecco un’altro riferimento a “Viaggio nella Luna” di Georges Méliès

Dalle origini al cinema contemporaneo, quello che ha bisogno di tanta passione per poter sopravvivere in un tempo in cui “l’occhio ha perso la sua purezza, ci sono troppe immagini e non c’è più il mistero della settima arte”. Eppure Roberto Benigni non ha perso l’entusiasmo per il suo grande amore: la recitazione.
Riassumere i continui voli pindarici è ardua impresa, ma per questo non finirà di certo all’Inferno, sebbene l’ambiente gli sia di certo familiare. 

Marta Millauro

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Ph: deejay.it