Un ‘piccolo diavolo’ Benigni, una marionetta con i fili manovrati da chissà quale divinità. “Falli ridere” sembra il monito a cui obbedisce. Una giacchetta troppo larga o troppo stretta, dicerie paesane e toscane, follie giullaresche mischiate ai saltelli di un bambino. “Non me somiglia pe‘ niente“, direbbe Johnny Stecchino. E invece è sempre lui, giocoliere della parola e del corpo, Roberto Benigni.
La solita inafferrabile fantasia, espressa nel suo fantomatico, eguale, ‘Il mostro‘: quando Roberto con movimenti convulsi prova a trovare una sigaretta caduta nei pantaloni, assomiglia a Chaplin, nel film storia del cinema, “Il grande dittatore“, in cui si spogliava freneticamente alla ricerca di una bomba finita nella manica. Il re degli equivoci, Roberto, doppio senso e candore; rasenta la volgarità senza sfiorarla minimamente, anche quando un gioco d‘ombre lo farà apparire con un membro smisurato, nello stesso film. L’unica arma sfoderata sarà la simpatia. In Johnny Stecchino, lo sventurato sosia di un mafioso, ha il vizietto di rubare le banane dai fruttivendoli che incontra per strada. La manica della giacca per nascondere la refurtiva. Se si ruba una banana a Palermo, si va nel penale. E quando tutti, indignati verso di lui credendolo il boss, gli gridano “La devi pagare!“, nasce la famosa, esilarante frase: “Ma quanto costano le banane a Palermo!”.
Roberto Benigni, una bischerata in tv
Quanto è trascorso da quel ‘Cioni Mario‘, con quei suoi monologhi da esibizionismo verbale: andava in onda sulla RAI, con alcune inevitabili ‘ripulite’ rispetto al personaggio nato a teatro. Ma infuriato e sofferente come un qualunque cittadino, Benigni si fece conoscere con queste accese parodie. Nell’ultimo film del maestro Fellini “La voce della luna“, lui è il protagonista: il regista romano sembra ‘vestire’ con la propria onirica visione, il volto del comico: che apparirà con le labbra più rosse, come la sciarpa scarlatta al collo, e gli occhialini tondi, lasciandogli uguali solo i suoi capelli scompigliati.
Fu l’uomo televisivo, Roberto Benigni, che fece ‘irruzione’ in una puntata de ‘Il fatto‘ di Enzo Biagi, e al Tg1 delle 20. Un traguardo, da quando in televisione ci andava con il suo “Televacca“, che trasmetteva da una stalla adibita a studio per le dirette televisive. Ma Benigni resta per noi il paggetto in tulle e calzamaglia di “Non ci resta che piangere“, nella scena del passaggio alla dogana: girata più volte perché insieme a Massimo Troisi, non riuscivano a rimanere seri. Si noterà guardando il film, la risata partita prima della battuta, e una smorfia in volto di chi sta trattenendo le risate. La battuta “Chi siete? Cosa portate? Quanti siete? Un fiorino!“, resterà impressa nella mente di ognuno, tanto da divenire anche slogan dietro i furgoncini, gli stessi fiorini.
Benigni, Galeotto fu ‘l libro e chi lo.. lesse
Smunto e minuto, non entra ed esce da un personaggio. Ma è, semplicemente, sempre se stesso. Quel genio mai dormiente. Lui, come uno che soffre d’insonnia, ma quella sana “delle rondini”, citata in una poesia di Sandro Penna, dove non si può sprecare tempo a dormire. Garba a tutti Benigni, con quel suo viziaccio di fare il poeta. Non avrà mai grane, chi ha in mente come se fosse nelle tasche, il repertorio di Dante o di Ariosto. “L’amor che move il sole e l’altre stelle“, dice nel poema il suo predecessore toscano. E dopo il soffio creatore, conta l’estro dell’artista, che impara senza maestri, impara facendo. Sempre, anche a 69 anni, con quell’ingenuità da bambino, fosse anche impiegata per rubare banane.
Federica De Candia. Seguici sempre su MMI e Metropolitan Cinema!