Roma, aprile 2020. Roma Covid Mundi. In un giorno come tanti quanti ne sono passati, siamo ancora qui, chiusi dietro gli schermi della nostra quarantena, la prima della nostra vita (e speriamo anche l’ultima).
In questo quarantesimo giorno di reclusione che, come ieri e ieri l’altro ancora, volge al crepuscolo, mentre dalle nostre finestre si avvicina l’odore delle giornate più lunghe, Roma sembra offrirci tutto il tempo del mondo. Ma, questa volta, non potremo sfruttarlo come vorremmo. I tempi dei calici di vino al tramonto sono lontani, come gli aperitivi a Ponte Milvio e come le lunghe e interminabili notti della capitale, montate in macchina per correre a guardare la luna sopra il Colosseo. Quelle notti che profumano di sensazioni e pulsioni che per ora dobbiamo tenere a bada. Di questi tempi in cui le emozioni sono a buon mercato, ci basta un nulla per strapparci via una lacrima.
Quanto basta ad un ragazzo come Jacopo, dal tetto della propria città, mentre intona note immortali che richiamano l’orgoglio italiano, lo stesso orgoglio che ci porta in balcone, a guardare le bandiere bianco rosse e verdi svolazzare a tempo di musica, cantata dalle finestre tutti i giorni alle 18.00. Quella che viviamo dentro le nostre case, sembra una domenica che non vuole smettere mai, in cui le ore faticano a passare e si ripetono, una dopo l’altra. Fuori dalle nostre case, sopravvive un mondo fatto di persone e palazzi che hanno dimenticato la vita per come la ricordavano.
Roma Covid Mundi “Non ci si stringe più la mano, non ci si ferma più a parlare”
Non ci si stringe più la mano, non ci si ferma più a parlare. Eppure, insieme ai ricordi che presto torneranno a mostrarci il presente, c’è una Roma da raccontare al mondo come il simbolo di bellezza di un’Italia che corre a passi svelti, d’innanzi a tutti, senza conoscere rivali ne valorosi avversari. È come quella Roma d’agosto che tutti adoriamo, ch’è giunta in anticipo nel tempo, ma pur sempre gonfia di bellezza e forse, ancor più bella.
Il lavoro di chi come noi ha il dovere di indossare gli occhi altrui per raccontare la vita e le sue vicissitudini, porta in dono gioie come l’avventura che abbiamo vissuto e a cui abbiamo dato un nome ben preciso: “Covid Mundi a.d. MMXX”. È un progetto fotografico #CovidMundi, nato da un’idea di Roger Nicotera e della sottoscritta Roberta Savona, partito con l’intento di raccontare Roma e la sua gente in tempo di pandemia.
Roma Covid Mundi : un viaggio nel cuore di Roma
Sarebbe dovuta essere quell’occasione di ritrarre la città in tutta la sua desolazione, con scatti dal sapore post-apocalittico, con cui fare invidia a qualsivoglia kolossal americano dal paesaggio lunare e post-bellico.
Ma Roma ci ha giocati, si è fatta beffa di noi e della nostra volontà, piegandoci alla sua magnificenza e con la sua grandezza, ci ha fatto sentire meno soli. Se di questi tempi la cronaca è sacra, altro non potevamo se non mostrare la cronaca di quel che abbiamo visto.
Ma camminando in lungo e in largo la nostra città, abbiamo imparato che non ci sono mascherine ne transenne che tengano e che non ci sarà mai il deserto, laddove regna l’arte e l’ingengo dell’uomo. Con il filtro che solo la luce di Roma sa offrire, abbiamo iniziato un viaggio ch’è partito dal cuore della città, per proseguire poi in borgata e nei quartieri simbolo della metropoli che credevamo nostra e che invece appartiene solo a se stessa.
Roma Covid Mundi, la capitale dietro le sbarre della sua quarantena
Se oggi Roma è chiusa dietro le sbarre della sua quarantena, al suo interno pulsano i volti di chi continua a vigilarla, dai militari pronti a porgere un fiero sorriso, alle donne siriane dentro le chiese, a rassettare letti di fortuna per i meno fortunati. Abbiamo visto gli uomini di “Roscioli” e “Pane e Tempesta”, impegnati a consegnare il pane a domicilio e abbiamo visto il pane avanzare, perché ormai lo si fa in casa.
E se i fiori sulla scalinata di Trinità dei Monti non ci sono in quel periodo dell’anno in cui invece dovrebbero esserci, li abbiamo visti tra le braccia della gente, tenuti in casa, pensando ad una Piazza di Spagna vuota e mai vista prima.
Mentre compravamo il giornale da Alfredo a Piazza San Cosimato, ricordavamo quanto era assurdo trovar parcheggio a Trastevere e di quanto sia ancor più impossibile farlo ora, mentre invece siamo tutti a casa.
Via Condotti, i manichini sono spogli e riposano coperti da teli in plastica
Un domani, quando di nuovo potremo tutti tornare al Pantheon, anche se solo di passaggio, forse ci fermeremo con più gusto per un pezzo di pizza a Piazza della Rotonda, mangeremo ancora da “Oio” a Testaccio e ci ritroveremo a Campo de’ Fiori, dove le sedie dei locali sono alzate e i banchi del mercato non ci sono più. Ricordiamoci di Termini deserta in pieno giorno e di Via Giolitti, di cui si riesce a intravedere il fondo dalla cima della strada.
Non dimentichiamoci di Corso Vittorio, Via Condotti o Via del Corso, dove i manichini sono spogli e riposano coperti dai teli in plastica. Quando tutto sarà finito, ricordiamoci delle donne al mercato di Testaccio, con indosso le mascherine ad imbracciare carrelli della spesa, schierate come i militari a Stazione Ostiense, in attesa dei treni vuoti che vengono dal mare.
Un diciottenne abbraccia la sua città in tutta la sua bellezza
E mentre Albertone nostro ancora una volta si prende gioco di noi e ci manda a quel paese, sfrecciando veloci sotto l’anagrafe a Via Luigi Petroselli, non dimentichiamoci di buttare un occhio alla Bocca della Verità o al Circo Massimo, mentre passando l’Aventino salutiamo da lontano la Piramide.
Perché se oggi ci sembra che questo virus ci abbia tolto tutto, in verità non ci ha tolto quell’innata voglia di tornare in strada, camminando la vita e le sue bellezze che ogni giorno ci sono passate accanto. Riprendiamoci il nostro tempo e i nostri spazi, riprendiamoci le nostre città e l’amore che per loro abbiamo sempre avuto.
Facciamo in modo che non venga sepolto dalla frenesia di tutti i giorni e fermiamoci anche solo un secondo in più, a vivere quei luoghi che mai come adesso c’è bisogno di ritrovare.
Contro quel luogo noto al mondo come il posto in cui tutto è nato ed in cui tutto sembra eterno, nulla può questa desertificazione che perdura nel tempo, perché di tutto il tempo del mondo e della storia degli uomini tutti, Roma è stata e sarà sempre padrona.
È per questo che da quella terrazza a Piazza Navona, mentre un diciottenne abbraccia la sua città in tutta la sua bellezza, noi insieme a lui abbracciamo tutta la sua speranza. E ancora una volta torneremo e rinasceremo, come nei secoli è rinata Roma.
Si ringraziano: Esercito Italiano e Arma dei Carabinieri.
Articolo di Roberta Savona. Foto di © Roger Nicotera.