Succede spesso che i film tratti da libri disattendano alle aspettative che promettono, più rari sono i film che arricchiscono le storie dei libri. Ma cosa succede quando i film sono la perfetta trasposizione dei loro omonimi cartacei? Chi ha letto il libro di Don DeLillo non può che concordare con il fatto che Noah Baumbach, regista e sceneggiatore di Rumore Bianco, tiene fede alle intenzioni dell’autore originario. Ed è assurdo se pensiamo che la trasposizione di questo libro – in particolare – risultava difficilissima, se non impossibile senza forzarne alcune parti che, tuttavia, ne avrebbero infranto la magia.

Se qualcunǝ al mondo doveva prendere in mano questo progetto non poteva che essere Noah Baumbach perché Rumore Bianco si presenterebbe per chiunque come un pazzo enigma da risolvere, in cui ogni virgola deve essere minuziosamente calcolata. Non c’è nessun altro autore o autrice che avrebbe saputo raccontare con la stessa crudeltà, arguzia e ironia personaggi come questi: fossilizzati nelle proprie ossessioni, nei propri vizi. In questo scenario emerge silenziosa eppure presente, proprio come un rumore bianco, la morte, protagonista indiscussa del film. La morte aleggia inesorabile sulle teste dei personaggi, incombe sulle loro vite da molto prima dell’inizio dell’evento apocalittico.

Rumore Bianco, quando l’angoscia diventa divertente

Rumore bianco. Cr. Wilson Webb/Netflix © 2022

Qualcunǝ diceva che il primo vagito di un bambino è il primo passo verso la soglia della morte. Ogni compleanno, ogni anno, ogni festa, ogni evento ci avvicina alla finitezza della nostra natura e, solitamente, questo pensiero genera in tuttǝ noi molta angoscia e per questo lo allontaniamo. Per darci una mano in questo faticoso lavoro di non accettazione abbiamocostruito tutto un sistema di sogni irrealizzabili ma che ci danno la sensazione di eternità: il cinema, internet, i supermercati, la musica, i negozi e via dicendo. Il capitalismo è il nostro antidoto al problema della morte, tuttavia il problema è che la morte è intrinsecamente legata a noi, alla nostra stessa essenza. Per quanto il nostro nuovo ordine naturale delle cose la allontani, lei torna sempre a noi creando ansie, angosce e vuoti inessenziali.

Si potrebbe riassumere così la trama di Rumore Bianco ma la genialità del libro, come del film, risiede proprio nella capacità di raccontare e ridicolizzare l’assurda relazione che istauriamo continuamente con la morte. La famiglia rumorosissima di Jack Gladney (Adam Driver) e di sua moglie Babette (Greta Gerwig) deve affrontare un evento catastrofico che attanaglia una cittadina americana a metà degli anni ottanta. Nel libro di DeLillo i personaggi sono completamente irrealistici, tesi volutamente verso l’assurdo ma, allo stesso tempo, conservano in sé paure ancestrali che li rendono incredibilmente umani. Ed è così che li presenta Noah Baumbach: macchiette di se stessi, terrorizzati e angosciati dalla finitezza della propria esistenza.

Rumore Bianco, c’è un po’ di 2020 in questi anni ’80

Risulterà impossibile non notare l’incredibile somiglianza con fatti realmente accaduti, non tanto tempo fa quando il mondo veniva incastrato dalla morsa del covid-19. Nulla, come questo evento, ha saputo incastrare vecchi e neofiti delle filosofie inessenziali nel dramma della finitezza della propria esistenza. Leggere e guardare Rumore Bianco appare, quindi, incredibilmente significativo in questa epoca storica perché racconta di cose che conosciamo, che abbiamo sperimentato, che abbiamo ridicolizzato. Tra queste risulta evidente la prospettiva complottista tipicamente umana che adottano le persone per spiegare e spiegarsi la vita proprio nei suoi avvenimenti più casuali e inspiegabili. A volte non è neanche complottismo, a volte sono solo chiacchere da supermercato che vivono di realtà aumentata.

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Benedetta Vicanolo