John Lennon una volta disse che è facile amare qualcuno quando è due metri sottoterra. Ed è anche più probabile che le scuse si facciano ai morti, più che ai vivi, se a dover ammettere le sue colpe è l’Academy of Motion Pictures. Invece, a Sacheen Littlefeather è accaduto questo: è vissuta abbastanza a lungo da ricordare le scuse formali dell’Academy per un evento accaduto alla consegna degli Oscar del 1973.
Sacheen Littlefeather: portavoce dei diritti degli Indiani d’America
Lo ha ripetuto in varie occasioni ed interviste Sacheen Littlefeather, Piccola Piuma: non credeva che sarebbe stata ancora viva quando l’Academy si sarebbe resa conto di aver sbagliato con lei, e le avrebbe chiesto scusa. Il coraggio lo ha dovuto trovare dentro di sè quella notte del 27 marzo 1973, a Los Angeles, durante la cerimonia degli Oscar. Vestita con un abito camoscio e mocassini, con i lunghi capelli neri raccolti in due code, è stata lei ad alzarsi quando Roger Moore e Liv Ullmann hanno annunciato il vincitore del Premio Oscar come Miglior Attore Protagonista: Marlon Brando.
Colui che negli anni 70 era considerato il miglior attore del mondo, che aveva interpretato un incredibile Vito Corleone nel Padrino, invece di salire sul palco e ringraziare l’Academy per il riconoscimento, inviava al suo posto una ragazza Apache, con una lettera di otto fogli in mano, a rifiutare il premio.
La platea, confusa, la lasciò inizialmente parlare.
«Buonasera. Mi chiamo Sacheen Littlefeather. Sono Apache e presiedo il Comitato Nazionale per l’Immagine Affermativa dei Nativi Americani. Rappresento Marlon Brando a questo evento… È con rammarico che (Marlon Brando) non può accettare questo premio così generoso, a causa del modo in cui i nativi americani sono trattati oggi dagli Stati Uniti. È con rammarico che non può accettare questo generosissimo premio, a causa del modo in cui i nativi americani sono trattati oggi dall’industria cinematografica, in televisione e nelle repliche dei film, e a causa dei recenti eventi di Wounded Knee».
Volarono fischi in sala, che coprirono immediatamente gli applausi. Lei tentò di proseguire, ma senza riuscire a concludere la lunga lettera che Marlon Brando aveva scritto. Non toccò neanche la statuetta, come le aveva chiesto l’attore, e scese dal palco, facendosi spazio tra i fischi della platea, per tornare al suo posto.
L’attivista Piccola Piuma
Negli anni 70 Marlon Brando, all’apice della sua carriera, si era scoperto un fervente sostenitore dei diritti civili delle minoranze afroamericana e dei nativi americani. Negli stessi anni Marie Louise Cruz – questo il vero nome di Sacheen Littlefeather – aveva già concluso i suoi studi artistici a San Francisco e si era già immersa nell’attivismo studentesco. Nel 1969 partecipò all’occupazione dell’isola di Alcatraz, organizzata da alcuni nativi americani di diverse tribù, con l’obiettivo di creare un centro dedicato al loro popolo. In queste occasioni prese il nuovo nome di Sacheen (piccolo orso) Littlefeather (piccola piuma). Nel 1973 entrò a far parte della SAG, la Screen Actors Guild, l’organizzazione sindacale che rappresenta i professionisti dell’audiovisivo oltreoceano.
Marie Louise Cruz ha recitato in pochi film, minori e per lo più drammatici. Invece, il suo ruolo di attivista l’ha portata ad essere un volto in primo piano, impegnandosi nella difesa della rappresentazione dei nativi all’interno dell’industria cinematografica e televisiva. Sacheen Littlefeather ha lottato per sottrarre gli Indiani d’America agli stereotipi che gli occidentali gli avevano cucito addosso. Infatti, per gli americani bianchi, gli Indios erano dei selvaggi, pericolosi, ignoranti e per questo cittadini d’America inferiori. Lei ha cercato di aprire gli occhi, le menti
Cinquant’anni dopo. Le scuse dell’Academy of Motion Picture a Sacheen Littlefeather
A giugno 2022, Sacheen Littlefeather ha ricevuto una lettera privata di scuse firmata dall’ex presidente dell’Academy David Rubin. É stato finalmente riconosciuto l’errore commesso quella notte in cui il coraggio di Sacheen Littlefeather è stato messo a tacere, invece che accolto; il discorso di Marlon Brando che lei leggeva – o almeno tentava di leggere – sopraffatto, invece che ascoltato. «Il tributo emotivo che ha subito e il costo che ha pagato nella sua carriera nel nostro settore sono irreparabili. Per troppo tempo il coraggio che ha dimostrato non è stato riconosciuto. Per questo, le porgiamo le nostre più sincere scuse e la nostra sincera ammirazione» si legge nella lettera poi divulgata.
Probabilmente Sacheen Littlefeather non avrebbe comunque continuato per la via della recitazione, prediligendo in ogni caso l’attivismo, a prescindere da quella notte. Ma ciò che di più grave le è accaduto su quel palco è stato non riconoscerle la grandezza del gesto; non accogliere la necessità di esprimersi, l’urgenza di trovare ascolto da chi aveva in mano il linguaggio del cinema e della televisione. Quella notte si è calpestata la dignità di un individuo che voleva soltanto raccontare la verità.
When I am gone, always be remainded that whenever you stand for your truth, you will be keeping my voice and the voices of our nations and our people alive. I remain Sacheen Littlefeather.
Sacheen Littlefeather
Giorgia Lanciotti
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