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Ottobre 22, 2024, martedì

Salvini tenta di abbassare la polemica con Fedez: paura del calo di consensi?

Dopo l’intervento di Fedez al Concertone del primo maggio il clamore mediatico e l’invivacirsi del dibattito pubblico sul Ddl Zan hanno prodotto le prime conseguenze politiche. Probabilmente il deficit di consensi per la Lega che ne è seguito preoccupa il segretario Matteo Salvini, che a 36 ore dal monologo di Fedez ancora deve rinserrare le fila del suo partito e costruire una risposta convincente contro quanto sostenuto (e documentato) dal cantante.

Il segretario leghista, infatti, messo di fronte all’evidenza delle frasi gravissime pronunciate dagli esponenti del suo partito fatica a prendere una posizione netta. Arranca, cercando escamotage per deviare rispetto alla questione principale, ma non fa di più. E, cosa ancora più grave, a parte timidi e fugaci giudizi di disgusto rispetto alle frasi riportate dagli esponenti del suo partito, non ha ancora intrapreso una seria azione contro di essi. Li tiene lì buoni, sotto la sua ala protettrice in attesa che passi la bufera. D’altronde espellerli sarebbe un’ammissione di colpa e Salvini questo dopo il calo di consensi non può di certo permetterselo.

Il calo di consensi

Subito dopo il discorso di Fedez, sulla pagina Facebook di Salvini è comparso un post, piuttosto generico nei contenuti, alla fine del quale ha invitato il cantante a prendere un caffè insieme e parlarne. Tutto ciò, alla luce del solito modus operandi messo in atto dalla Bestia che è sempre lapidario con chi esprime pubblicamente accuse al partito, appare quantomeno singolare. Probabilmente i quasi 12 milioni e mezzo di follower di Fedez, uniti ai 23 milioni della moglie, Chiara Ferragni, fanno tentennare il leader che su like e follow ha costruito il suo impero mediatico e politico. A dimostrarlo anche il tenore dei commenti apparsi sotto il post: la maggior parte sono incandescenti e i tempi del “Matteo vai avanti così!” o del “Capitano siamo con te” sembrano lontani.

L’intervista dalla D’Urso

Nel tentativo di porre un freno al rapido declino della sua popolarità social, ieri Matteo Salvini è tornato sugli schermi tv sperando di invertire la rotta. E lo ha fatto nella trasmissione pomeridiana di Barbara D’Urso, dove all’invito della conduttrice di commentare le frasi riportate da Fedez, ha risposto: “Sono disgustose (…). Anche io vengo quotidianamente offeso sui social”. Un tentativo di riguadagnarsi il centro della scena condito da vittimismo che tenta di spostare il baricentro della questione. Tuttavia la conduttrice, differentemente dalla solita condiscendenza che mostra di fronte a Matteo (come lo chiama confidenzialmente lei), ha tenuto i riflettori sul tema principale e lo ha riportato sulla questione. Salvini, a quel punto ha iniziato uno dei suoi soliti monologhi fantasiosi durante il quale ha cercato di spiegare il tentativo perverso della legge Zan di irretire le piccole menti dei bambini, al centro di un oscuro disegno della fantomatica teoria gender, secondo la quale la lettura di Cenerentola sarebbe bandita così come le bambole dai negozi di giocattoli. Curioso come con le stesse parole si sia espresso, non senza suscitare l’ilarità del web, il più grande oppositore della Legge Zan, Simone Pillon, famoso per i rapporti con il fanatismo cattolico. Queste le sue parole su Fb:

Mi spiace solo che, pur essendo anche lui padre, non abbia ancora capito che la nostra battaglia non è per togliere dignità a nessuno ma per garantire a tutti i figli di poter saltare sul lettone in mezzo a mamma e papà, senza esser comprati, o senza esser cresciuti orfani di madre per decisione altrui, e che vogliamo fermare il #ddlZan per assicurare ai bambini la libertà di leggere le favole di Cenerentola e Biancaneve senza esser considerati omofobi (…)

La conduttrice ha ancora una volta cercato, senza troppa convinzione, di stoppare lo sproloquio dell’intervistato, che ha risposto “Scusami, poi ti ascolto” e continuato la sua elencazione di fandonie aggrappandosi al reato di opinione, che secondo la sua personale interpretazione introdurrebbe il reato d’opinione. Insomma, l’esatta rappresentazione del giornalismo che da cane da guardia della politica diventa animaletto di compagnia. Certo, con una mimica di disapprovazione sul volto della conduttrice, ma guai a trasformarla in domanda pungente. Così Matteo prova a riguadagnarsi qualche sostegno e Barbara D’Urso cerca di non perdere quelli della comunità Lgbtq+ che dice da sempre di sostenere.

Giulia Moretti

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