Il Garante della privacy ha prodotto una sanzione contro Roma Capitale per 176 mila euro Roma Capitale e per 239 mila euro contro Ama, società cui è affidata la gestione dei servizi cimiteriali, diffusione di dati personali riguardo il “Cimitero dei feti.”
La sanzione è avvenuta perché Roma Capitale ha diffuso i dati delle donne che avevano affrontato un’interruzione di gravidanza, indicandoli su targhette apposte sulle sepolture dei feti presso il Cimitero Flaminio. Ovviamente anche l’Asl Roma 1 è stata ammonita.
La informazioni riservate finite nel il Cimitero dei feti
Le informazioni erano state poi riportate nei registri cimiteriali (determinando potenzialmente la possibilità di estrarre l’elenco di chi aveva effettuato un‘interruzione di gravidanza in tutte le strutture ospedaliere del territorio) e sulle croci, nonostante la normativa specifica preveda che, per l’apposizione della targhetta sul cippo, le informazioni da indicare siano quelle del defunto; quindi tali informazioni non possono in alcun modo essere assimilate a quelle che riguardano le donne che hanno avuto una interruzione di gravidanza.
La vicenda è stata denunciata all’autorità giudiziaria dall’associazione Differenza Donna, che ha chiesto alla Procura di indagare le responsabilità per il reato di cui agli artt. 21 legge 194/79 e 167 D.lgs. 196/2003, evidenziando la violenza istituzionale derivante dalla pratica nei confronti delle donne per aver fatto ricorso all’aborto.
Le parole di “Differenza Donna”
Pur riconoscendo che «alcun dubbio sussiste circa l’astratta integrazione delle fattispecie oggettive dei reati ipotizzati ovvero l’art. 21 194/1978 e l’art 167 del Dlgs. 196/2003», il Tribunale di Roma aveva accolto la richiesta di archiviazione della Procura del procedimento penale a carico del personale sanitario e dell’Ama Roma s.p.a.
Cio è avvenuto per la confusione esistente sulla regolamentazione locale in materia di sepoltura. A tal proposito evidenzia invece Ilaria Boiano, avvocata di Differenza Donna:
“la sanzione del Garante della privacy riconosce che nessuna logica né ragione giuridica si può ravvisare nell’apposizione sulle tombe di un’etichetta recante il nome e cognome di una donna ancora in vita. Si coglie invece la portata violenta di una prassi che ha deliberatamente esposto al pubblico l’identità di centinaia di donne che negli anni si sono sottoposte alle procedure previste dalla legge 194/78”.
Avvocata Ilaria Boiano
Continua poi:
Avvocata Ilaria Boiano
“Riletta a partire da questa vicenda la riservatezza in caso di aborto può essere riconfigurata in termini più complessi del mero diritto “to be left alone”: essa ricomprende la sfera personale di ciascuna, intesa quale autonomia morale, inviolabilità della personalità, identità e integrità corporea. E riservatezza in questo senso non implica solo un dovere di astensione dello Stato, ma declina il senso di controllo personale sulla propria esperienza di vita, che non può essere compresso in alcun modo”.
Maria Paola Pizzonia
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