Scarda, “Tormentone”

Foto dell'autore

Di Redazione Metropolitan

Tormentone è un disco dal titolo apparentemente benaugurante, ma che indica invece il grande tormento vissuto per realizzarlo, sia mentre esprimevo i suoi contenuti in fase di scrittura sia in fase di gestazione…Volevo un disco che conservasse la vena cantautorale ma che allo stesso tempo fosse pop”.

E’ proprio Nico Scardamaglio, in arte Scarda, cantautore 32enne calabrese di base a Roma, a fornire una prima spiegazione introduttiva al suo secondo album di studio. E prosegue: “Non volevo rincorrere per forza le mode del momento ma semplicemente alcune mie esigenze interiori. I temi affrontati sono essenzialmente due: lo ‘stare insieme’ e il ‘non stare più insieme’, e da qui si intuisce che siamo nella macro-categoria più banale del mondo: l’amore”.

[…] E’ un album che vuole far immedesimare la gente nelle parole, far provare emozioni forti se possibile, che vuole fare poesia senza essere pesante.
E’ un disco che vuole fare male insomma, ‘tormentare’. […] perché ‘stare male’, a volte, è ciò di cui abbiamo bisogno”.

Non c’è che dire: l’atto creativo talvolta vale quanto un esorcismo allo stato psico-fisico descritto dall’autore, e questi otto brani sono la controparte musicale ai dolori e alle tribolazioni sentimentali del giovane Scarda, artista che si è imposto all’attenzione generale grazie soprattutto alla colonna sonora dei tre film della saga ‘Smetto Quando Voglio’ del regista Sydney Sibilia.

L’impianto testuale e quello musicale parlano chiaro: abbiamo di fronte un indie pop orecchiabile, dal gusto dolce/amaro, talvolta cinico e autocritico, quasi sempre elegiaco pur nel dolore di una perdita vissuta sulla propria pelle.

Un ascolto accogliente nei suoni e negli arrangiamenti, una produzione morbida e ‘leggera’ che non fa rima con ‘naif’ o ‘banale’, ma che affronta anzi guai sentimentali e tragedie umane autentiche come già il Dario Brunori dei primi album ci aveva abituati (e il timbro graffiante/gutturale di Scarda ce lo ricorda, complice la provenienza regionale).

Chitarra acustica e voce, a braccetto con la sezione ritmica e le tastiere (piano elettrico e synth). Ci sembra un album più ricco di colori rispetto al precedente, animato da tempi medi e ballate, concepito insomma più per immaginare, immedesimarsi e riflettere – magari distesi nel proverbiale letto della cameretta, di notte prima di dormire – piuttosto che ballare/saltare sotto il palco.

La lente d’ingrandimento dell’autore, il focus della sua macchina da presa, si stringono fino a coinvolgere esclusivamente un unico segmento sociale, corrispondente (ci piace immaginare) ai quartieri popolari-universitari della
Capitale vissuta dal Nostro, palazzine gialle abitate da ventenni fuori-sede o laureate precarie, con tutto il ben noto corollario di aperitivi e feste Erasmsus, serie tv e testi d’esame, notti in bianco, mozziconi di canne e bicchieri da cocktail mezzi vuoti, nuove amicizie e amori più o meno intercambiabili.

Se questo è il macro ambiente, va però detto che non è certo la ‘movida’ o l’atmosfera elettrizzante da post-adolescenza perpetua a interessare Scarda.
La sua penna, le corde della sua chitarra acustica si soffermano piuttosto sulla ferita non ancora cicatrizzata della fine di una relazione sentimentale.

Evidentemente vissuta sulla propria pelle: la fotografia ‘stringe’ ancor di più su due persone. Un tempo felici e innamorate, ora divise dalla sorte, dagli errori fatti, da scelte sbagliate o parole non dette. E quindi il macro ambiente quasi sbiadisce o comunque si riduce a una somma di dettagli di contorno rispetto alle amare, tribolate riflessioni dell’autore che ne sono il cuore.

Questo indugiare quasi esclusivo sul tema potrebbe essere al tempo stesso la forza e il limite di un lavoro come questo, animato e popolato da un’ (onni)presenza femminile spietata e indimenticabile. Starà a voi la decisione.

A noi è piaciuta la quota (pur molto esigua) di brani che hanno saputo distaccarsi dal copione appena descritto. Un pezzo come “Giulia”, per esempio, che affronta il tema della violenza domestica sulle donne, mai abbastanza denunciata e dichiarata.
Oppure il brano di nome “Sorriso”, capace di farci rivivere i momenti immediatamente precedenti e successivi alla prematura scomparsa di una persona cui si è voluto bene senza tuttavia il tempo necessario per dichiarare altri sentimenti.

Un disco che comunque, crediamo, piacerà, non avendo tradito o sfidato la quota già acquisita di fans di Scarda. A cui auguriamo una pronta guarigione. Probabilmente scrivere, cantare e incidere proprio questo disco sarà servito, come si accennava all’inizio, a scacciare certi fantasmi.

Ariel Bertoldo