Scarpette da punta, storia di un simbolo della danza

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Di Marianna Soru

In questo nuovo appuntamento con Passi di danza, scopriamo insieme la storia delle scarpette da punta, il simbolo per eccellenza della danza, classica e non solo. Infatti, il loro utilizzo segna la fine dell’età adulta e consacra ufficialmente l’inizio dello studio della danza.

Le scarpette nascono in funzione di un’esigenza specifica, secondo il canone di leggerezza tipico delle ballerine classiche. Infatti, se prima dell’Ottocento i costumi erano pesanti e scomodi, mano a mano che i tessuti diventavano più leggeri e maneggiabili, anche le coreografie si sono evolute. Nasce così l’idea della ballerina eterea che compie salti meravigliosi.

Scarpette da punta - PhotoCredit: © Pinterest
Scarpette da punta – PhotoCredit: © Pinterest

Le scarpette da punta: la storia

Le prime ballerine a sollevarsi sulle punte risalgono al 1795. Infatti in quell’anno Charles Didelot, coreografo francese, aveva sviluppato una macchina che era in grado di sollevare le ballerine. Dopo la Rivoluzione Francese poi, i tacchi vennero sostituiti da delle antenate delle punte, che erano legate ai piedi tramite nastri. Inoltre, grazie alla loro struttura, permettevano alla ballerina di estendere completamente il piede.

Sarà Maria Taglioni a eseguire il primo balletto interamente sulle punte, che altro non erano se non delle pantofole in seta modificate, con suola in cuoio e lati e punte imbottiti. Pierina Legnani poi, alla fine del 19 secolo, indossa scarpe con la punta appiattita, molto più pratiche per il loro scopo. Ma il modello delle punte come le conosciamo oggi risale ad Anna Pavlova.

Infatti, la ballerina russa aveva un accentuato collo del piede, e dei piedi sottili e affusolati. Per questo, inserì all’interno della scarpa una suola in cuoio, che le permetteva di sostenere il piede e la caviglia, proteggendoli anche dagli infortuni. Le attuali scarpette sono molto simili, ma in continua evoluzione, per permettere ai ballerini di danzare al meglio, letteralmente sui propri piedi.

Marianna Soru

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