”Scarpette rosse” di Andersen: la fiaba che condanna superbia e vanità

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Di Stella Grillo

Scarpette rosse è una celebre fiaba di Hans Christian Andersen pubblicata per la prima volta il 7 aprile 1845. Un classico della letteratura per l’infanzia, che cela messaggi molto attuali.

Scarpette rosse, una trama diversa dalle altre fiabe

Scarpette rosse è forse una delle fiabe più tristi insieme a poche altre popolari. Tuttavia, cela un messaggio molto potente: la punizione derivante da una vanità troppo acuita e l’esaltazione della bellezza interiore. Protagonista della storia è Karen, una bambina di otto anni orfana e molto povera. E’ adottata da un’anziana signora poiché molto graziosa di aspetto e obbediente. Il suo unico vizio, una sferzante passione per le scarpe che, visto lo status in cui versava, aveva sempre avuto malconce e impolverate. Un giorno in paese giunge una principessa: Karen notando le scarpette rosse della sua coetanea inizia a sognarle.

Scarpette rosse - Photo Credits: pinterest
Scarpette rosse – Photo Credits: pinterest

Nei giorni seguenti la bambina e l’anziana signora si recano dal calzolaio: quest’ultima, austera, mai le avrebbe permesso di indossare scarpe dai colori sgargianti. Tuttavia, non ci vedeva più molto bene, quindi Karen al momento dell’acquisto mente sul colore delle calzature. Recandosi in chiesa così appariscente suscita numerose critiche. L’anziana donna nasconde le scarpe, ma la bambina le trova indossandole la domenica successiva. Incontra un signore fulvo che si propone di lucidarle le scarpe affermando che fossero delle meravigliose calzature da ballo; da quel momento, la bambina, inizia a danzare in continuazione ed ovunque.

Scarpette rosse, la metafora del controllo

Possono oggetti effimeri dal mero scopo ornamentale e vanesio controllare l’esistenza? Andersen, sottilmente, fa trasparire dalle pagine una metafora importantissima: il possesso, il controllo del vano su noi stessi. Karen, infatti, prova a togliersi le scarpe inutilmente. Ormai la stavano controllando, decidevano loro per la sua esistenza. Continua a ballare dapprima verso la brughiera in seguito fino ad un cimitero. Nel tragitto incontra un bellissimo angelo che le annuncia la sua condanna: ballare per sempre, fino allo sfinimento. La punizione condanna la vanità del desiderio, l’infrangere delle regole e la bugia. La bambina si reca dal boia del villaggio supplicandolo di tagliarle i piedi. L’uomo acconsente costruendole dei piedi di legno. Alla visione dei nuovi supporti Karen ne rimane delusa:quei piedi non erano belli e mai avrebbero potuto calzare scarpe bellissime come quelle di un tempo. I piedi mozzati, intanto, danzavano ancora da soli come in preda ad un incantesimo.

L’espiazione della colpa

Al rientro a casa, la bambina trova l’anziana dama morta per un malore. Fugge in parrocchia supplicando il parroco di prenderla con sé come domestica: il suo unico desiderio ora, stremata dal dolore, era solo la preghiera. Il parroco acconsente alla sua richiesta, ma il giorno della celebrazione liturgica inizia a sentire un senso di vergogna per quei piedi di legno che, lei stessa, si era inferta grazie alla sua vanità.

Fiaba Scarpette rosse, dettaglio - Photo Credits: flickr.com
Fiaba Scarpette rosse, dettaglio – Photo Credits: flickr.com

La nostalgia la pervade, arrivando a rendersi conto che se non fosse stato per la sua superbia avrebbe potuto indossare delle comuni scarpe nere: ecco ora il giungere alla consapevolezza, bramando quella normalità che quasi prima, rifuggiva. Questo riconoscersi come colpevole la porta ad una vergogna che la costringe a ritirarsi in casa in preghiera. Appare però nuovamente l’angelo incontrato al cimitero che le raccomanda di star serena in quanto, ormai, la colpa era stata punita.

Andersen, educare tramite le fiabe: condanna dei vizi

L’obiettivo di Andersen è educare tramite fiabe, nonostante spesso appaiano cruente come Scarpette rosse. La condanna della menzogna, della superbia e della vanità è quindi la morale che lo scrittore danese intende sottolineare. Il taglio dei piedi o il ballo incessante di Karen hanno un valore simbolico: la punizione favolistica intima i fanciulli ad essere obbedienti ai propri genitori. Un altro elemento simbolico tipico del romanticismo danese è il legame con la religione: fra le pagine risalta due volte la figura di un angelo, allo stesso modo l’immagine della chiesa, del parroco e della preghiera con cui Karen espia la sua colpa ed il pentimento. La proposta di Andersen è quindi, un’educazione etica che parta dall’infanzia.