Cronaca

Scontro su Banca d’Italia

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Duro scontro tra Governo e opposizioni sulla nomina dei vertici della Banca d’Italia. La Banca Centrale sarebbe responsabile di non aver vigilato adeguatamente sulle crisi bancarie che da decenni affliggono il nostro sistema finanziario. Le sue riserve auree sono fondamentali per la stabilità del paese, intaccarle vorrebbe dire esporre questo equilibrio (già precario) a seri rischi. La replica di Salvini: “l’oro è di proprietà degli italiani, non di altri”.

(Foto dal web)

La Banca d’Italia è la nostra Banca Centrale ed è nata nel 1936 dalla fusione di quattro istituti di credito. Oltre a poter emettere moneta, le banche centrali hanno anche il compito di vigilare sugli Istituti bancari. Proprio questa è la funzione che, secondo il Governo, la Banca d’Italia non avrebbe svolto al meglio. Veneto Banca, Popolare di Vicenza, Monte dei Maschi e Banca Carige, queste sarebbero le crisi che la Banca d’Italia avrebbe dovuto prevedere con largo anticipo secondo i due Vicepremier. I più decisi sono i Cinque Stelle, i quali fanno sapere che cambiare i vertici della Banca Centrale è prerogativa del Governo:

“Quello che vogliamo, come Governo del Cambiamento, è solo di esprimerci sui nomi dei vertici di Banca d’Italia e Consob. Ci è consentito dalla legge e lo faremo senza paura di toccare qualche potere forte”

Così recita una nota pubblicata sul “Blog delle Stelle”.

In realtà la nomina del presidente della Banca d’Italia è prerogativa del Quirinale, su proposta del Presidente del Consiglio. Questo è l’unico punto di contatto tra la politica e la Banca Centrale, la cui indipendenza è fondamentale, dato anche il suo ruolo di vigilanza. Avere una forte penetrazione politica in Banca d’Italia significherebbe mettere a rischio il ruolo terzo dell’istituto. A far gola sono le riserve auree della Banca d’Italia, tenute per lo più tra New York, Londra e la Svizzera. Queste riserve fungono da garanzia e da “ultima istanza”, non certo per le politiche di questo o di un altro Governo. Lo ricorda Gianni Toniolo, docente di Storia dell’Economia alla Luiss sentito dal Corriere della Sera, il riporta un fatto storico:

“Nel 1974 l’Italia era alle prese con una forte “crisi di credibilità”, la lira stava crollando ed era in corso una grande fuga di capitali all’estero. L’Italia allora ha chiesto un prestito, che è stato concesso dai tedeschi solo a fronte di un pegno in oro. Dopo circa quattro anni lo abbiamo restituito e l’oro è stato “liberato” dal vincolo”.

Usare queste riserve auree per portare a termine politiche Governative, giuste o sbagliate che siano, sarebbe un gesto di irresponsabilità. Si creerebbe un precedente pericoloso per tutti i governi a venire. Tornando alle parole “L’oro è degli italiani, non di altri”, occorre fare presente che l’oro della Banca d’Italia è già nostro. Il fatto che sia fisicamente in altri paesi deriva dalla convenienza dei depositi che questi paesi offrono. L’oro è nelle disponibilità della nostra banca centrale in ogni momento.

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