Giovanni Segantini, il pittore italiano noto per i suoi grandi paesaggi pastorali delle Alpi. Uno degli artisti più famosi in Europa alla fine del XIX secolo, che nonostante l’infanzia difficile e la vita breve, passata a scappare dai creditori, vanta una ricca produzione artistica. I suoi dipinti sono oggi collezionati nei principali musei.
Giovanni Segantini, vita breve e sofferente
Giovanni Segantini nasce il 15 gennaio 1858 ad Arco, che allora faceva parte dell’impero austro-ungarico. Figlio di un venditore ambulante, dovette presto scontrarsi con l’amarezza della vita. La madre muore giovane e il pittore, allora ancora bambino, viene affidato alle cure della sorellastra a Milano. Qui trascorre anni di solitudine e tristezza. Cresciuto però, dopo essersi appassionato all’arte, decide di frequentare l’Accademia di Brera e ottiene il suo primo successo con il dipinto “Il Coro della Chiesa di Sant’Antonio”.
L’insofferenza non lo abbandona e nel 1881 decide di abbandonare Milano per trasferirsi con la compagna, nella tranquillità della Brianza. L’allontanamento dalla città e dall’accademia con i suoi canoni e i soggetti mitologici e religiosi obbligati, è stata una scelta di principio per il giovane pittore. Come molti artisti, Segantini cerca l’originalità e decide che i motivi della vita quotidiana sono l’ideale per superare le strutture accademiche. Inaspettatamente, però, a soli 41 anni, muore di peritonite, il 28 settembre 1899, mentre sta lavorando al quadro centrale del suo trittico alpino.
Tra verismo e divisionismo
È considerato un grande innovatore della pittura alpina e nelle sue opere si coniugano perfettamente tre stili: verismo, divisionismo e simbolismo. I soggetti preferiti delle sue opere riguardano la vita agreste, il lavoro nei campi e i soggetti dei suoi quadri sono popolari e rappresentano i valori che caratterizzano il popolo: il lavoro umile e faticoso, la famiglia. Cerca in tutti i modi di trovare uno stile personale. Ed è così che la sua produzione artistica attraversa tre tappe. Dal verismo, nel 1889 circa, Giovanni Segantini si avvicina al simbolismo. Le sue opere hanno adesso, per oggetto vere e proprie allegorie, sempre più legate agli esempi dei pittori nordici.
Il divisionismo che nasce ufficialmente nel 1891, quando le prime opere in questo stile vengono esposte alla Triennale di Brera, è una particolare tecnica, che consiste nell’accostare i colori puri, applicandoli sulla tela a piccoli tratti separati. Segantini è un grande ammiratore dei divisionisti francesi e così decide di applicare questa tecnica ai suoi dipinti. L’artista raffigura in particolare scene che si ambientano in montagna e la tecnica divisionista che utilizza gli permette di conferire brillantezza e risalto alle scene di verismo agreste. La tecnica divisionista permette all’artista di rendere bene le atmosfere alpestri e i materiali come le pietre e le rocce, ma anche gli aspetti più minuti della realtà: i fili d’erba, la paglia, il pelame degli animali.
Verso il simbolismo
Segantini ottiene vari riconoscimenti sia in campo nazionale che internazionale. All’Esposizione Internazionale di Amsterdam gli viene assegnata la medaglia d’oro per la prima versione del dipinto “Ave Maria a trasbordo” e, nell’autunno del 1885, inizia quello che rimarrà forse il suo quadro più conosciuto, “Alla stanga”. Sempre alla ricerca di una visione personale della pittura, il suo stile inizia a virare verso un proprio personale simbolismo. In questo periodo, i soggetti dei suoi dipinti, seppur in una cornice ancora naturalista e verista, diventano delle vere e proprie allegorie.
Ilaria Festa
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