Sergiy Stakhovsky, pronto a combattere per la sua Ucraina. Senza paura il tennista ucraino che, vincitore di quattro tornei, con sconfitta di Federer a Wimbledon, porta così a termine la propria carriera da professionista per un fine più alto. Solo a gennaio, il numero 31 lottava ancora per affermarsi nel campo degli Australian Open, ora invece proiettato verso un impensabile quanto inesorabile scenario di guerra. Una notizia, quella dell’invasione russa al proprio paese di origine, che non ha certo lasciato Stakhovsky inerte. Tornato in patria, ha infatti lasciato moglie e figli in Ungheria per unirsi alle forze di Kiev e scontrarsi con i russi. Una difficile decisione, cui è necessariamente prevalso un forte senso del dovere verso la propria terra. Stakhovsky: “Vorrei avere una storia da raccontare ai miei figli”.
Sergiy Stakhovsky per la difesa dell’Ucraina. Il numero 31 conclude così la sua carriera da tennista professionista
Mosso dal nobile intento di difendere il proprio paese, un degno tennista lascia così il campo da tennis per andare verso un impervio terreno di battaglia. Un ritorno in patria cui Sergiy Stakhovsky si è quasi sentito chiamato, pronto a dare il proprio diretto contributo in difesa della sua Ucraina.
“Sono nato qui, i miei nonni sono sepolti qui, vorrei avere una storia da raccontare ai miei figli – ha infatti dichiarato l’ex tennista ucraino alla Cnn – Nessuno qui vuole essere liberato dalla Russia, abbiamo libertà e democrazia. La Russia vuole portare disperazione e povertà”.
Una situazione che non deve essere stata facile da accettare neanche dalla moglie, rimasta insieme ai tre figli in Ungheria.
“Ho una moglie e 3 figli. Se fossi rimasto a casa, mi sarei sentito in colpa per non essere tornato. Ora sono qui e mi sento in colpa perché li ho lasciati a casa – ha ammesso Stakhovsky – Ovviamente mia moglie si è arrabbiata. Ha capito le mie ragioni, ma si sente tradita. E capisco alla perfezione perché si senta così – ha aggiunto poi, considerando anche quanto possa essere complicato per i figli molto giovani – Mia moglie non gli ha detto niente e io non gli ho detto dove stavo andando. Credo che se ne renderanno conto presto”.
Una lotta per la propria patria che chiama in causa anche altri atleti: oltre a Stakhovsky anche i pugili Usyk e Lomachenko
Una convinta e sentita lotta per la propria patria che, nelle tragicità della guerra Ucraina-Russia, sembra chiamare in causa non solo Stakhovsky, ma anche altri atleti. Tra questi, i due pugili Oleksandr Usyk e Vasiliy Lomachenko.
“Non voglio uccidere. Ma se vogliono togliermi la vita o uccidere i miei cari, dovrò farlo – ha affermato Usyk alla Cnn – Non voglio sparare, non voglio uccidere nessuno. Ma se vogliono uccidermi, non avrò scelta”.
Allo stesso modo si è pronunciato Stakhovsky:
“Ho fatto un corso base su come si spara. Penso che le persone come me siano l’ultima risorsa. Non sono sicuro che ci sia qualcuno pronto a dire che in questo momento è pronto a sacrificare la propria vita. Io voglio vedere i miei figli, voglio vedere mia moglie. Se un missile colpisce la mia casa, questo significa sacrificare la mia vita? No, significa solo essere uccisi – confessa l’ex tennista, mostrandosi però anche disposto a dare tutto se stesso per combattere – Perché amo il mio paese, voglio che sia ancora sulle cartine, cresca, diventi migliore e più europeo. Vorrei che i miei figli vedessero la trasformazione del mio paese”.
Parole che, oltre a denotare una forte impotenza di fronte alle dinamiche di guerra, danno anche prova di un profondo senso di responsabilità nel fermarla.
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Liliana Longoni
(Credit foto – pagina Facebook Sergiy Stakhovsky)