Niente sfratto per morosità per i conduttori di attività commerciali che nei mesi di lockdown (da marzo a maggio) hanno chiuso i battenti. Questa la decisione del tribunale di Venezia che stravolge le regole degli sfratti.
Ciò non toglie che i conduttori hanno l’obbligo di saldare gli affitti arretrati una volta ripresa l’attività commerciale. Il giudice veneto ha deciso anche che è opportuno che locatore e conduttore si accordino per ridurre l’importo dell’affitto relativo ai mesi di chiusura.
In altre parole, allo sfratto per morosità si deve preferire l’accordo tra le parti sul canone e sulle modalità di pagamento, unico modo per assicurare il versamento delle somme arretrate e aiutare le attività commerciali, che sono i settori più colpiti dal coronavirus.
Canone di affitto in ritardo o non pagato durante il lockdown, niente sfratto
Chi ha pagato in ritardo il canone d’affitto durante il periodo del lockdown non può ricevere lo sfratto: va considerata, infatti, la difficoltà di chi non è riuscito a lavorare a causa della chiusura obbligatoria delle attività. Lo ha stabilito un’ordinanza del tribunale di Venezia.
Ciò non significa che l’inquilino non debba pagare quanto dovuto, anzi: i giudici giustificano il ritardo per quanto detto sopra, ma confermano anche l’obbligo di saldare il debito quanto prima.
Va ricordato che le norme introdotte dal Governo durante l’emergenza hanno bloccato fino al 31 dicembre 2020 l’esecuzione degli sfratti ma non la loro convalida. Finora, però, i giudici tendono a respingere le richieste avanzate in questa direzione quando la motivazione è legata alla morosità durante il lockdown.
Quello che, comunque, non è possibile fare è ridurre il canone una volta ripresa l’attività: lo stabilisce il decreto Cura Italia e non è previsto dal decreto Rilancio. Quindi, venire incontro all’inquilino sì, impedire lo sfratto per i pagamenti in ritardo in quel determinato periodo anche, dopodiché si salda il debito per intero. A meno che le parti trovino l’accordo a cui la legge non ha pensato.