In una lontana puntata dei Simpson del 1993 si predice l’arrivo del Coronavirus.
Ormai sappiamo tutti, o almeno abbiamo visto girare in rete, delle capacità predittive dei Simpson. Cartone animato irriverente e dalla forte critica sociale, per il suo taglio realistico ma affilato s’è aggiudicato anche la nomea di predire il futuro sociopolitico mondiale tramite i suoi episodi. Dopo il momento in cui s’è tanto parlato dell’avvento di Donald Trump (con tanto di fenotipo identico e la figura di Lisa Simpson parallela a quella di Greta Thunberg) nelle avventure della famiglia gialla di Springfield, è il momento adesso del Coronavirus.
Un episodio del 1993:
In una puntata del 1993, “Marge in catene” (vi faremo vedere un estratto tramite link più sotto), un misterioso morbo, ma proveniente dal Giappone e non dalla Cina, si propaga a Springfield e in tutti gli USA. Similitudini notevoli con la realtà attuale, come spesso è successo nella serie a cartoni di Matt Groening che, appunto, hanno assunto nella cultura di massa questa sorta di potere predittivo quasi fossero a metà tra politicamente scorretto e magico.
Durante l’episodio in questione (Puntata 21 della Stagione 4) il racconto ha come fulcro la forte spinta, tramite una strategia di marketing molto aggressivo (altra funzione economica molto attuale: ricordate il Fidget Spinner?) da un elettrodomestico abbastanza superfluo che però tutti i cittadini di Springlfield comprano, convinti l’un l’altro da una televendita appositamente attraente. Si tratta di uno spremiagrumi realizzato in Giappone (non quindi in Cina): proprio all’interno della catena di montaggio della fabbrica un operaio sta cercando di nascondere l’influenza ai suoi superiori ma alla fine sarà la causa della dispersione del virus, tossendo all’interno delle scatole che vengono sigillate e spedite verso gli USA.
A quel punto il danno è fatto: il misterioso virus proveniente inizia a diffondersi creando una vera psicosi, alimentata dai mass-media che parlano di “influenza Osaka”.
I Simpson e l’isteria di massa:
Il fenomeno sociale che la puntata voleva affrontare alla base è certamente la psicosi collettiva che attanaglia le folle in momenti di grande panico o di forte stress, tensione emotiva. In sociologia si è effettivamente studiato (tramite il concetto di imitazione di Tarde, ad esempio) come la collettività influenzi la mente del singolo creando una vera e propria entità nuova (la folla\massa), i cui ragionamenti non sempre sono in linea con i valori e la razionalità personale dei singoli che la compongono.
Questo è ciò che sta accadendo con i vari e confusi allarmismi nei paesi allarmati dal Coronavirus. Si parla effettivamente di fenomeni di influenza di massa, dove il tessuto che la “folla” crea autoalimentandosi effettivamente supera le caratteristiche individuali del singolo.
Anche il sociologo Le Bon, nei suoi saggi sulla psicologia delle masse, analizza questo tema. Gustave Le Bon divenne particolarmente celebre per la pubblicazione del suo libro Psicologia delle folle. La sua teoria si basava sul concetto secondo cui gli esseri umani sviluppano nella collettività alcuni comportamenti che non svilupperebbero mai individualmente. In altre parole, i gruppi hanno un’influenza determinante sugli individui.
Le ragioni principali per le quali l’Io si perde nel Noi sono le seguenti:
- L’essere umano percepisce la massa come un potere invincibile. Cessa di sentirsi responsabile perché in essa è una figura anonima.
- Le masse trasmettono il loro modo di sentire e comportarsi a coloro che ne fanno parte. Questo succede in maniera inconscia e permette che la massa sia manipolata da un leader.
- La massa suggestiona e ipnotizza l’individuo. Appartenere alla massa infonde un sentimento di onnipotenza.
- Nella massa l’irreale predomina sul reale. È compatta e non si sfalda per differenze interne.
- La massa viene percepita come un meccanismo di sopravvivenza. Non appartenere alla massa è considerato un grave pericolo.
Questi sono temi che nella serie di Matt Groening sono ben visibili, per quanto introdotti nella narrazione da toni ironici e di satira. Così un semplice “cartone animato” diventa un sistema di analisi così affilato da dare l’idea che “predica il futuro“.
La palla di cristallo esiste?
I Simpson, scanzonata e sboccata serie animata, nata dalla mente di Matt Groening a cavallo tra anni ’80 e ’90, ha veramente “previsto” il futuro?
La mia idea è che, grazie alle intuizioni e alla fervente immaginazione del suo autore la serie ha spesso “anticipato” fenomeni di costume, avvenimenti storici o eventi di cronaca. Abbiamo di tutto: da invenzioni come l’Ipod a fatti storicamente rilevanti come l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca.Questa “capacità” sicuramente deriva dalla precisione con cui l’autore analizza la società e la comprende nella satira, ma a ognuno di noi diverte pensare che predica effettivamente il futuro. Comunque, vediamo di andare al nocciolo della questione
In conclusione:
Si tratta, se proprio vogliamo analizzare questi fenomeni, di un modo per rendere più fruibile a tutti una classe di concetti che generalmente sono di difficile fruizione, il tutto per i motivi più disparati: riflessioni sul comportamento della società, sulle dinamiche economiche che influenzano la quotidianità sia nel pratico che ideologico, la genitorialità, la crescita, la critica all’Istruzione Statale, sono tutti concetti che si considera di apprendere principalmente tramite lo studio, la lettura di saggi e l’impegno per una comprensione più profonda. Matt Groening ha cercato (come altri) di trasporre tutto questo anche in un canale cui tutti possono accedere.
Quindi i Simpson non predicono il futuro, ma fanno qualcosa di molto più interessante: danno a tutti la possibilità di comprendere concetti che non solo ci vengono spesso negati, ma che ci riguardano profondamente; il tutto –cosa assolutamente non scontata!- divertendoci.
Se però la teoria dei poteri divinatori vi fa sentire più sicuri, chi sono io per spezzare questa magia!
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